E’ diventata un’asta miliardaria la sfida tra governo e opposizione. Con tanti saluti al vecchio rigore, tipicamente australiano, del prima risparmiare e poi spendere, specie nei momenti in cui deficit e debito sono al rosso fisso e sempre più intenso.

Scott Morrison ha messo davvero nell’angolo Bill Shorten col suo budget 2017-18 tanto che, per cercare in qualche modo di uscirne, il leader dell’opposizione ha scelto la pericolosa strada del “noi di più”. “Voi (governo) tassate le banche? Noi (se al governo) anche, ma non rinunciamo alla Commissione reale d’inchiesta. Voi aumentate la trattenuta sul Medicare per finanziare l’assicurazione sanitaria per le disabilità (NDIS)? A parte il fatto che i costi del progetto-Gillard erano già ‘coperti’ (esattamente come, ve lo diremo in un altro momento), noi comunque ci stiamo, ma applichiamo l’incremento solo su entrate superiori agli 87mila dollari l’anno.          

E rilanciamo mantenendo la soprattassa del due per cento sui salari superiori ai 180mila dollari l’anno. Poco importa che quando l’amministrazione Abbott l’aveva proposta come misura ‘una tantum’ per quella che aveva battezzato ‘l’emergenza deficit’, avevamo accettato solo a patto di una durata massima di due anni. E’ un delitto ripensarci?”

Nessun imbarazzo, nonostante le critiche di un grande ex come Paul Keating, di portare così il livello di tassazione (per chi guadagna più di 180mila dollari l’anno) al 49,5 per cento, dimenticando (e non è la prima volta) quanto dichiarato nell’altra ‘vita’, pre-parlamentare. Nel 2005, quand’era leader sindacale, Shorten aveva infatti criticato duramente il governo Howard che aveva portato la fascia più alta di tassazione al 47 per cento, un livello che, a suo dire, avrebbe scoraggiato qualsiasi ‘metalmeccanico (la categoria che rappresentava) a lavorare qualche ora di straordinario. “Sulla scuola poi, perché fermarsi ai miliardi extra che il governo ha deciso di spendere dando continuità al progetto Gonski? Ventidue miliardi in più dovrebbero bastare per convincere gli australiani che sull’istruzione i più seri e credibili siamo noi”.

Il punto è che Malcolm Turnbull e Morrison  hanno letteralmente tolto il terreno da sotto i piedi al leader dell’opposizione, adeguandosi ai tempi dell’insoddisfazione generale, dei cittadini frustrati dai politici troppo distanti dai loro problemi e dalle loro esigenze immediate.

Il capo di governo e il ministro del Tesoro hanno cominciato a preparare il budget del rilancio (almeno così si augurano) andandosi a rileggere la piattaforma elettorale laburista, che aveva portato Shorten ad un passo dalla Lodge, e hanno coinvolto nell’operazione ‘riavvicinamento all’australiano medio’ il sondaggista Mark Textor. Hanno capito, e Morrison l’ha più volte ripetuto nelle settimane pre-budget, che sono rimasti pochi quelli che ci credono veramente da una parte e dall’altra, che gli elettori si aspettano semplicemente risposte concrete dai politici, che vogliono fatti più che accademiche spiegazioni sui meriti del loro filosofare. Hanno anche capito, grazie ai ‘focus group’ di Textor, che l’idea del ritocco al Medicare per finanziare l’NDIS era accettabile a due elettori su tre perché direttamente legato, senza sconti e preferenze, alle entrate e sicuramente pochi si sarebbero presi la briga di difendere qualsiasi iniziativa per far pagare qualche dollaro in più alle banche.

Per forza che Morrison il giorno dopo aver presentato il budget è apparso più rilassato del solito e, anche se ha continuato a parlare di ‘giorni migliori’ pensando all’economia, i suoi colleghi hanno capito che si rivolgeva anche a loro e che quei giorni migliori riguardavano anche le prospettive elettorali della Coalizione dopo mesi di angosce e grigiore.

Perfino Abbott, col suo budget 2014 definitivamente sepolto, non se l’è sentita di criticare e ha parlato della miglior ‘risposta’ che si poteva dare in un momento economico come questo. E avrebbe fatto più bella figura a fare la stessa cosa, due giorni dopo, anche Bill Shorten che avrebbe potuto semplicemente dire: “Finalmente ci sono arrivati anche loro, noi l’avevamo detto da tempo quello che si doveva fare, perché abbiamo un programma e intendiamo portarlo avanti fino in fondo”. Parlare insomma da primo ministro d’alternativa, conscio di essere sulla strada giusta ed invece, preso dal panico, ha scelto di continuare a fare il leader dell’opposizione ed è andato disperatamente a cercare di differenziarsi e, sfiorando l’assurdo, ha addirittura parlato di “governo irresponsabile che ha perso di mira le priorità del rientro del deficit e del debito”. 

Principi? Valori? Virtù? Convinzioni? Turnbull che propone nuove tasse e se la prende con gli ‘amici’ ed ex colleghi banchieri e Shorten che invoca responsabilità finanziaria: tatticismi estremi e straordinarie giravolte. La vera battaglia sul documento di gestione e l’alternativa laburista comunque comincia ora: a prima vista Morrison ha fatto centro. Se riuscirà a convincere gli australiani che veramente, date le circostanze, è il meglio che si può fare, che i sacrifici sono ben distribuiti, che contro il caro-casa non ci sono bacchette magiche ma che qualcosa si sta facendo, che le nuove tasse sul Medicare arriveranno appena fra due anni, dopo le prossime elezioni, e sono l’unica maniera per garantire il finanziamento dell’NDIS, per Shorten il compito sarà probabilmente più duro di quello che sembrava fino a pochi giorni fa.

Il leader dell’opposizione ha stranamente scelto la strada più complicata per proseguire: andando ad inventarsi delle scarsamente proponibili differenze, puntando su ‘estremismi’ fiscali e investimenti extra per cercare di mantenere il sopravvento almeno sui due temi in cui era convinto di avere una supremazia incontrastata: scuola e sanità. E anche ieri ha giurato e rigiurato che i laburisti non faranno sconti sul rincaro del Medicare.

Sugli altri fronti ci sono sicuramente più punti in comune che linee di separazione tra i maggiori partiti dopo il budget di Morrison: difesa, sicurezza, immigrazione (ormai sono più le misure bipartisan per scoraggiarla che per sostenerla), perfino sul welfare si procede senza eccessivi sussulti.

Intanto sono arrivate le prime indicazioni sulla ‘popolarità’ della nuova strategia di Turnbull: secondo i primi sondaggi condotti dalla Newspoll, gli elettori non sono affatto convinti che il budget possa cambiare in meglio la loro vita e la Coalizione indietreggia ancora sulla scala della popolarità. Morrison non se l’aspettava di certo, ma la ‘vendita’ deve appena iniziare.