Il dibattito sui finanziamenti alla scuola è appena cominciato, non ci sono dubbi che sarà uno dei temi caldi dei prossimi mesi, almeno fino al prossimo incontro tra il ministro dell’Istruzione e le controparti di Stati e Territori ad aprile del prossimo anno. La riunione di venerdì scorso ad Adelaide si è conclusa, come previsto, senza accordi né convergenze. Per il ministro federale Simon Birmingham c’è solo una strada percorribile: abbandonare Gonski e riformare la legge sull’istruzione, introducendo un sistema più equilibrato di distribuzione dei fondi.

Ospite del programma Insider della ABC, ieri, Birmingham ha accusato l’attuale sistema, negoziato da Bill Shorten quando era ministro dell’Istruzione del governo Rudd, di presentare troppe disparità di trattamento tra i vari Stati e Territori (con i quali sono in vigore ben 27 accordi diversi siglati con diversi esecutivi federali), con differenze fino a 1500 dollari a studente per scuole in simili condizioni in diverse parti della nazione. Il ministro dell’Istruzione ha inoltre rinnovato l’impegno del governo federale di innalzare il budget destinato alle scuole dai 16 miliardi attuali ad oltre 20 miliardi entro il 2020. 

Ma, benché fondamentali, i fondi chiaramente non sono tutto. Lo dimostra il fatto che nonostante oggi si investa nell’istruzione il doppio di quanto avveniva 20 anni fa, i risultati scolastici hanno fatto passi da gambero. Livelli record di finanziamenti non hanno portato ai risultati sperati, sottolinea amareggiato il ministro Birmingham. Lo scorso marzo, la magra performance dell’Australia nel Programma per la valutazione internazionale dell’allievo (PISA) ha addirittura spinto l’Ocse ad intervenire, chiedendo a Canberra di valutare seriamente le condizioni del proprio sistema scolastico.

Se un tempo gli studenti australiani riuscivano a tenere il passo con i loro coetanei sud-coreani, oggi si ritrovano in fondo alla classifica (19esimi su 20), prima solo dell’Irlanda. Il declino riguarda in particolare la matematica e le materie scientifiche, stimate essere alla base del 75% delle professioni che saranno sempre più richieste in futuro. Ciò nonostante, la matematica ancora non è una materia di studio obbligatoria per ottenere un diploma di scuola superiore in molti stati australiani (come Victoria, New South Wales e Western Australia). Una rara eccezione tra le nazioni industrializzate. E, nel 2013, meno di uno studente su 10 studiava “Advanced maths” in Year 12, una percentuale ancora più bassa tra le ragazze.

Destinare maggiori finanziamenti alla scuola è sicuramente essenziale e l’incremento proposto dal ministro Birmingham auspicabile. La maggior parte dei Paesi che hanno ottenuto risultati migliori dell’Australia al PISA, infatti, stanziano percentuali maggiori del loro Pil all’istruzione. Ma le differenze nei fondi non sono spesso così marcate. Il che fa capire che ci sono altri aspetti, oltre a quello economico, da considerare per innalzare la qualità del sistema scolastico australiano.

Il responsabile Ocse per l’istruzione, Andreas Schleicher, punta il dito contro la qualità degli insegnanti, descrivendo il sistema scolastico australiano come “classi guidate da robot” obbligati a seguire un programma troppo rigido.

In Finlandia tutti gli insegnanti devono avere una laurea specialistica, a Shanghai ogni insegnante va una volta a settimana nella classe di un collega per preparare insieme lezioni e discutere metodi di valutazione, in Indonesia vorrebbero perfino introdurre una ‘teachers’ class’ sugli aerei specifica per gli insegnanti per sottolineare l’importanza di questa professione. Perché, secondo Schleicher, è anche un problema di status sociale.

Non solo quanto si spende, quindi, ma su cosa si investe. Oltre che su insegnanti di qualità, bisogna migliorare i programmi scolastici per renderli più vicini ai bisogni della vita reale ma senza dimenticare un po’ di sano nozionismo. Necessario inoltre intervenire fin dalla prima infanzia, negli asili e nelle scuole materne.

“Tutti concordano che i finanziamenti debbano essere assegnati sulla base di chi ne ha più bisogno”, specifica il ministro Simon Birmingham, parlando però di disparità di trattamento tra Stati previste dal rapporto Gonski non più sostenibili. Questo punto però non può essere sminuito come se fosse un’ovvietà. I governi statali e il governo federale devono davvero assicurarsi che i fondi vengano assegnati in primis alle scuole con più bisogni, nelle zone remote o con più studenti indigeni o provenienti da contesti socio-economici svantaggiati. Non ci possono essere scuole private che spendono 20mila dollari per una scrivania, per l’ennesima struttura sportiva o per rifiniture di lusso nei bagni. Se i soldi delle esorbitanti rette scolastiche di questi istituti avanzano per il superfluo, allora i fondi pubblici devono essere destinati altrove. Altrimenti si contribuirà a perpetuare delle differenze che rendono la società meno coesa, invece di utilizzare le risorse pubbliche per investire seriamente nella qualità dell’istruzione che è l’unico modo in cui l’Australia può garantirsi un futuro forte e competitivo sul piano internazionale.