CANBERRA - Malcolm Turnbull sembra intenzionato a dare una svolta più incisiva alla sua leadership, anche se Tony Abbott non ne è completamente convinto: ieri, infatti, in un’intervista televisiva l’ex pm ha invitato il suo successore alla Lodge, a trovare il coraggio di andare a rispolverare i contenuti del budget 2014, unica soluzione per affrontare i problemi di bilancio e spesa e tracciare una chiara linea di separazione con i laburisti. Il primo ministro probabilmente non lo farà, ma ha dato l’impressione di avere in qualche modo accettato che quello che è successo negli Stati Uniti, con tutte le differenze sociali, economiche, ideologiche del caso, ha spostato l’asse della politica mondiale con effetti abbastanza evidenti anche in Australia. Turnbull sembra anche avere accettato che i conservatori più conservatori del suo partito, ora più che mai, non hanno alcuna intenzione di abbassare la guardia e concedergli maggiore spazio d’azione. Il leader liberale ha così risposto ‘positivamente’ ad una delle richieste più insistenti dei colleghi, annunciando una revisione della sezione 18C della legge anti-discriminazione razziale.

Si è anche guardato bene dal criticare le affermazioni del ministro dell’Immigrazione Peter Dutton sui ‘terroristi in casa’, conseguenza degli errori di valutazione nella politica immigratoria di Malcolm Fraser negli anni ’70. Ha politicamente dribblato qualsiasi risposta diretta in merito, sottolineando invece il prezioso lavoro che il ministro sta svolgendo nel campo della sicurezza nazionale.

Sul fronte del 18C un apposito comitato, composto interamente da parlamentari liberali, prenderà in esame l’articolo super dibattuto per determinare se, ed eventualmente come, dovrebbe essere cambiato, o addirittura abolito, per rispondere a presunte ‘esigenze’ evidenziate, secondo i sostenitori di una urgente libertà di ‘offendere ed insultare’ sul fronte razziale, da alcuni casi di opinabile gestione dei reclami da parte della Commissione per i diritti umani guidata da Gillian Triggs. Del comitato fanno parte i ‘moderati’ Russell Broadbent e Julian Leeser, che chiedono solo un miglioramento del processo amministrativo dei ricorsi, e i fermi oppositori del 18C (che chiedono la sua abolizione), i senatori Linda Reynolds e James Paterson. Coordinerà i lavori Ian Goodenough, che ha sempre pensato che bisognerebbe migliorare il testo della legge, senza però stravolgere i suoi contenuti. I cinque parlamentari avranno tempo fino al 28 febbraio, con un paio di settimane di consultazioni popolari, per formulare un’idea da portare in Parlamento per placare, una volta per tutte, le polemiche su una presunta libertà ‘limitata’ di espressione sui temi razziali. Una soluzione, qualunque essa sia, sulla quale Bill Shorten punterà i piedi perché anche lui, come Turnbull, deve rispondere a necessità ‘politiche’ che vanno al di là di quelle che possono essere le sue reali convinzioni, ovvero si riscopre simpatizzante di Trump per cercare di riconquistare il voto, che da anni ormai sta sfuggendo di mano ai laburisti, delle vittime della globalizzazione, rilanciando idee protezionistiche; allo stesso tempo, cercando di frenare l’avanzata di un’alternativa a sinistra rappresentata dai verdi, mentre promette giri di vite contro i lavoratori stranieri si ritrova a difendere i valori dell’immigrazione, i rifugiati, la spinta verso le energie rinnovabili che inevitabilmente, almeno a breve termine, faranno nuove ‘vittime’ per ciò che riguarda l’impiego in aree, come la Latrobe Valley, già in notevoli difficoltà.

Effetto Trump in qualche modo anticipato in Australia, nelle elezioni dello scorso luglio, dalla capacità di Nick Xenophon nel South Australia, di Pauline Hanson nel Queensland ma anche nel Western Australia e in alcune zone del New South Wales e di Jacqui Lambie in Tasmania di raccogliere le simpatie di quelli che non ce la fanno, che non vivono nelle grandi città, che spesso si sentono dimenticati dai maggiori partiti e dalle loro priorità economiche e sociali e non si sentono per niente turbati se qualcuno unisce la parola terrorismo all’islam o di chi, all’insegna della massima semplificazione dei problemi, punta il dito contro i trattati internazionali di libero scambio, l’immigrazione (specialmente da alcuni paesi), il multiculturalismo, la lotta ai cambiamenti climatici.

Tre senatori simbolo di una nuova politica, che si muovono in situazioni diverse, affrontando necessità diverse, ma hanno in comune la capacità di uscire dai canoni della ‘correttezza politica’, offrendo soluzioni ‘comprensibilissime’ che attirano l’attenzione di un numero sempre maggiore di elettori che non si sentono adeguatamente rappresentati da partiti che non ‘parlano’ con loro ma danno ‘lezioni’ su quello che bisogna fare, pensare e dire. Sui temi sociali puntano decisamente a destra, uscendo però dal raggio d’azione della Coalizione; su quelli economici sono convinti ‘interventisti’ che vanno più d’accordo con la sinistra radicale o i sindacati più militanti che con un Partito laburista sempre più posizionato al centro della scena politica.

La Hanson e la Lambie parlano in maniera ‘diretta’ ad una vastissima fascia di australiani che se ne infischiano di una mancanza generale di programmi ed apprezzano invece il loro ‘coraggio’ di dire le cose come stanno, senza paura di essere accusate di razzismo, omofobia, protezionismo. Xenophon, dal canto suo, è un operatore politicamente più ‘sofisticato’, che ha saputo crearsi un notevole seguito nel South Australia facendo quello che faceva, vent’anni fa, Brian Harradine per la Tasmania: il suo voto conta e lo fa contare. Questa settimana dipende da lui se il ‘motivo’ delle elezioni anticipate, la legge per il ripristino della Commissione di controllo del settore edile (ABCC), passerà l’esame del Senato: i giochi sembravano quasi fatti se non ci fosse stata all’ultima ora una presa di posizione del leader del NXT che ha chiesto al governo, in cambio  del voto cruciale del suo ‘team’, precise garanzie per il suo Stato sul fronte della sempre complessa e controversa distribuzione delle risorse idriche in relazione al bacino del Murray. Un tema per gli ‘addetti ai lavori’, che Xenophon ha impugnato come arma nel più classico dei ‘ricatti’ dei partiti minori o degli indipendenti quando sanno di avere in mano la situazione. Garanzie che quasi certamente arriveranno perché in questo momento il via libera all’ABCC potrebbe significare un importantissimo momento di svolta per il governo, dopo i successi della scorsa settimana sulle riforme sui fondi pensione e le regole per le organizzazioni sindacali in linea con quelle già esistenti, in fatto di trasparenza e gestione amministrativa, nelle aziende private.

 ABCC, secondo quanto dichiarato ieri dal ministro delle Finanze Mathias Cormann, trampolino di lancio per un’accelerazione della strategia economica del governo, per stimolare investimenti e crescita nel settore delle costruzioni edili. Ma soprattutto una ‘vittoria’ che farebbe sicuramente bene al morale del primo ministro e di una squadra che si sta ancora leccando le ferite per la delusione del 2 luglio, per quella quasi vittoria laburista che Turnbull continua a pensare sia esclusivamente dovuta ad una campagna straordinariamente fuorviante per ciò che riguarda il futuro del Medicare. Un ‘colpo basso’ che il primo ministro non ha ancora assorbito e non ha alcuna intenzione di perdonare a Shorten.