Incassato il sì alla legge omnibus, non senza proteste da parte dell’opposizione, e con la questione del 18C quasi sicuramente destinata a venire archiviata dal Senato, il governo è finalmente libero di occuparsi dell’atteso budget di maggio, il primo dopo le elezioni federali dello scorso anno e il secondo dell’esecutivo a guida Turnbull.

La legge finanziaria sarà una vera e propria prova del nove per il governo ma soprattutto per il ministro del Tesoro Scott Morrison per il quale potrebbe esserci in gioco perfino il suo posto da ministro. “Dovrà fare un’ottima performance o è fuori” ha detto una figura di spicco del partito liberale al Sunday Herald Sun.

Ma il suo compito non è affatto facile. La tattica ‘standard’ del dopo-elezioni di presentare un budget ‘lacrime e sangue’, pieno di misure difficili da far digerire ma ‘buone’ per l’economia che sia spera diano i propri frutti prima che il governo sia nuovamente chiamato alle urne, spaventa. Tutti hanno paura di ripetere la disastrosa esperienza della coppia Joe Hockey-Tony Abbott nel 2014 terminata poi con il cambio di leadership. Morrison deve tenersi in equilibrio sulla linea sottile tra ciò che fa bene ai libri contabili e ciò che fa bene alla popolarità del governo. Quello che ci sia aspetta da lui è una specie di formula magica che faccia uscire tutti vincitori: un budget con provvedimenti a favore delle famiglie, che risolvano in particolare l’annosa questione del caro-casa (la proposta di attingere dai fondi superannuation sembrerebbe essere ancora sul tavolo) e portino voti al governo e, allo stesso tempo, con tagli che vadano verso il risanamento del debito pubblico.

Le cattive notizie per Morrison sono già cominciate ad arrivare. Ieri, un rapporto dell’Australia Institute ha rivelato che i tagli alle ‘penalty rates’ domenicali per i lavoratori dell’hospitality, dei fast food e del commercio al dettaglio, raccomandati dalla Fair Work Commission e che il governo sostiene, potrebbero causare un buco da 650 milioni di dollari nel bilancio federale a causa di perdite in entrate fiscali e aumento dei costi del welfare.

Il potenziale impatto sulle tasse da lavoro dipendente e sui costi della sicurezza sociale non era stato valutato dalla Fair Work Commission né dal governo. “Un’omissione sorprendente vista l’importanza data dal governo al risanamento del deficit” nota il responsabile economico dell’Australia Institute Richard Denniss citato dai quotidiani del gruppo Fairfax. Pur non fornendo una stima precisa, Denniss fa sapere che tale impatto sarà “significativo e negativo”, “ben più significativo di alcune delle recenti misure governative di risparmio”.

Il governo stima che i tagli alle penalty rates riguarderanno tra i 300mila e i 450mila persone, mentre per i sindacati i lavoratori penalizzati saranno 700mila. Se anche solo 285mila persone nella fascia fiscale del 21% guadagneranno in media $2744 in meno all’anno, questo comporterà una perdita di entrate fiscali per $164,2 milioni all’anno, ovvero $656,8 milioni nell’arco di quattro anni. Se invece delle 460mila persone che perderanno $2744 all’anno la metà si trova nella fascia del 21% e l’altra metà in quella del 34,5%, la perdita per le casse federali sarebbe di $350,2 milioni all’anno, $1,4 miliardi in quattro anni. Secondo Denniss, inoltre, se il 20% dei lavoratori penalizzati ricevono sussidi federali, la spesa annua per il welfare passerà da $78,2 milioni a $126,2 milioni. Anche le entrate derivanti dalla GST potrebbero diminuire a causa di un calo dei consumi. Alcuni fattori, come un più alto tasso di occupazione e un aumento dei profitti degli esercizi commerciali, potrebbero compensare queste perdite ma probabilmente non a sufficienza.

 In base ad altre anticipazioni, Scott Morrison non avrebbe intenzione di abbandonare i tagli alle tasse per le aziende, una mossa criticata più volte dall’opposizione laburista. “Sarà dura spiegare agli elettori perché chi lavora si trova tagli in busta paga e le grandi aziende pagheranno meno tasse” ha detto il ministro ombra delle Finanze Jim Chalmers intervenuto ieri alla trasmissione Insiders della Abc. Durante la stessa intervista, Chalmers ha auspicato che il governo mantenga il cosiddetto ‘deficit levy’ che dovrebbe essere rimosso a partire dal prossimo 1 luglio. L’imposta del 2% per i redditi sopra i 180mila dollari era stata introdotta nel 2014 dal governo Abbott come misura temporanea per il risanamento del budget. Chalmers ha detto che la rimozione rappresenterebbe un taglio fiscale di 16.000 dollari all’anno, 315 dollari a settimana, per i super-ricchi. “Se l’imposta era necessaria nel 2014 quando il deficit era di $11 miliardi è tanto più necessaria adesso che il debito è di $37 miliardi” ha affermato, aggiungendo che mantenendo il ‘deficit levy’ il governo potrebbe “raccogliere il triplo dei soldi da un terzo delle famiglie e andando ad incidere perlopiù sull’1% dei redditi più alti del Paese” rispetto al congelamento dei sussidi familiari previsto dalla legge omnibus.