Circa 7.500 richiedenti asilo residenti in Australia avranno tempo fino al primo ottobre per presentare domanda di protezione umanitaria o essere altrimenti espulsi. Lo ha annunciato il ministro dell’Immigrazione Peter Dutton. “I giochi sono finiti” per i “finti rifugiati” ha detto il ministro, parlando ieri da Brisbane. L’Australia, ha aggiunto, non si farà più “prendere in giro da persone che rifiutano di fornire i dettagli delle loro richieste di asilo”.

A destra e a sinistra, le misure “anti-stranieri” piacciono. Malcolm Turnbull e il suo tesoriere Scott Morrison le hanno inserite nel budget con la stretta sui visti per lavoratori stranieri e l’accesso alla cittadinanza. Misure appoggiate dal leader dell’opposizione Bill Shorten che ha rilanciato promettendo di triplicare i costi dei visti per la manodopera straniera e di proteggere i lavoratori australiani (anche in un video, definito “orripilante” dal compagno di partito e – forse – nuovamente rivale per la leadership Anthony Albanese).

Sulla stessa scia si inserisce l’annuncio fatto ieri dal ministro dell’Immigrazione Peter Dutton che 7.500 richiedenti asilo residenti in Australia avranno tempo fino al primo ottobre per presentare domanda di protezione umanitaria o essere altrimenti espulsi.

“La scadenza del mese di ottobre per la presentazione di domande di protezione umanitaria farà sì che i contribuenti australiani non debbano pagare per persone che non hanno il diritto di stare in Australia” ha detto Dutton, i “giochi sono finiti” per i “finti rifugiati”.

Attualmente, sono presenti in Australia 30.500 richiedenti asilo, arrivati via mare tra l’agosto 2012 e il gennaio 2014, le cui domande di protezione umanitaria erano state congelate in base alla regola del “nessun vantaggio” decisa dall’allora governo laburista. La maggior parte di questi richiedenti asilo (23mila), a cui l’esecutivo si riferisce come “carico di lavoro ereditato”, ha fatto domanda per un visto da rifugiati, mentre circa 7.500 non l’hanno ancora presentata ufficialmente, per lo più perché in lista di attesa per ricevere assistenza legale.

Parlando ieri da Brisbane, Peter Dutton ha definito l’Australia un Paese generoso nell’accoglienza dei rifugiati ma che non può più permettersi di “farsi prendere in giro da persone che rifiutano di fornire i dettagli delle loro richieste di asilo”. “Non permetteremo, visto il livello di indebitamento di questo Paese, che ulteriori debiti vengano accumulati per pagare sussidi a rifugiati non autentici”, ha aggiunto il ministro dell’Immigrazione sottolineando che la ‘deadline’ del primo ottobre non è negoziabile e che tutti coloro che non avranno presentato domanda entro quella data rinunceranno al diritto di richiedere protezione umanitaria e verranno deportati, con il divieto di richiedere qualsiasi tipo di visto per l’Australia e di rientrare nel Paese.

“Ci batteremo in tribunale contro ogni tentativo di portare via il diritto di richiedere asilo in Australia alle persone che sono arrivate via mare, è illegale” ha ribattuto il direttore dell’Asylum Seeker Resource Centre di Melbourne, Kon Karapanagiotidis, sottolineando come Canberra abbia speso miliardi in sistemi e strutture che negano ai richiedenti asilo i loro diritti umani e ora li usi come capri espiatori facendo pagare loro il prezzo di politiche che non hanno saputo fornire protezione.

Persone che hanno vissuto e lavorato in Australia per anni con un ‘bridging visa’ potranno essere strappate dalle loro comunità nel giro di settimane, senza la possibilità di ricevere un giusto processo, gli ha fatto eco il direttore per i diritti umani del gruppo GetUp, Shen Narayanasamy, sottolineando “l’incubo burocratico” in cui molti rifugiati si sono venuti a trovare, aspettando per anni la possibilità di fare domanda di asilo, una procedura estremamente complessa, che in pochi riescono a fare da soli, e che richiede l’aiuto di avvocati ed interpreti.

Le 23mila domande già presentate sono state fatte seguendo la controversa “procedura prioritaria”. In base a quest’ultima, i richiedenti asilo non possono aggiungere ulteriore documentazione dopo che la domanda è stata presentata, anche qualora emergano nuove prove di persecuzione nel loro Paese di origine. Prima dell’introduzione di questo sistema, il 90% delle domande era accolto, un numero che è calato drasticamente al 70% con i nuovi requisiti.

Delle 9.500 domande già prese in esame, 6.500 persone sono state riconosciute formalmente come rifugiati, ovvero a rischio di persecuzione in patria. Dei 3.000 che si sono visti rifiutare lo status di rifugiato, alcuni hanno fatto ricorso e stanno aspettando il processo d’appello.

All’inizio di quest’anno, il governo aveva iniziato a mandare lettere ai richiedenti asilo, avvertendoli di presentare la domanda di protezione umanitaria - un documento di 60 pagine in inglese il cui completamento richiede dalle 8 alle 10 ore con aiuto legale – entro 60 giorni per non perdere il welfare o il diritto stesso di richiedere asilo. Ma, considerando che il periodo di attesa per ricevere assistenza legale in molti centri di sostegno per rifugiati è in media di un anno, rispettare scadenze come quella inderogabile annunciata dal ministro Dutton (che a colpo d’occhio può sembrare ragionevole) diventa praticamente impossibile.

Per mettere le preoccupazioni di Canberra in prospettiva, ricordiamo che stiamo parlando di 7.500 persone mentre imperversa la più grande crisi umanitaria dalla seconda guerra mondiale, con 21 milioni di rifugiati in tutto il mondo.

Il leader del NXT, Nick Xenophon, intervenuto ieri alla trasmissione Insiders della ABC, non ha alcun dubbio che la misura raccolga favori e che il governo arriverà a deportare coloro che non riusciranno a presentare domanda. Ma auspica che le attenzioni dell’esecutivo si concentrino più sui ‘richiedenti lavoro’ che sui richiedenti asilo. È la mancanza di posti di lavoro, insieme alla crisi energetica, ciò che più preoccupa il suo elettorato, sottolinea il senatore del South Australia, e di questo Turnbull & co. si dovrebbero occupare. Gli stranieri da ‘colpire’? Le banche estere, sulle quali andrebbe imposta la stessa tassa introdotta dal governo per i maggiori istituti bancari australiani nel budget del 9 maggio. Una condizione che, dice Xenophon, sarà necessaria per ricevere il supporto del suo NXT al Senato.