ROMA - Sergio Mattarella ha deposto questa mattina una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto, poi ha stretto la mano ai rappresentanti delle associazioni combattenti schierati all’Altare della Patria, che gli si sono presentati citando città e corpo di appartenenza.
Così il Presidente della Repubblica - che in tarda mattinata ha raggiunto Genova - ha aperto a Roma le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione, nel corso della tradizionale cerimonia cui hanno preso parte – oltre ai presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana – anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, insieme al ministro della Difesa, Guido Crosetto, e al presidente della Corte costituzionale, Giovanni Amoroso.
Per il Capo di Stato l’evento di oggi ha segnato il ritorno agli impegni pubblici dopo il recentissimo intervento per l’impianto di un pacemaker. Al termine della cerimonia, ai piedi della scalinata dell’Altare della Patria, è tempo per tutti di congedarsi, in quell’atmosfera sospesa che, pur nel rispetto del tradizionale cerimoniale dell’appuntamento istituzionale, coinvolge un po’ tutto in una Roma dove, giusto a poche centinaia di metri di distanza, si snoda il fiume di persone che rendono l’ultimo omaggio a Papa Francesco.
“Oggi l’Italia celebra l’ottantesimo Anniversario della Liberazione. In questa giornata, la nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana”, ha detto la premier Meloni, in un passaggio della dichiarazione diffusa da Palazzo Chigi.
La presidente del Consiglio, inoltre, ha detto che “la democrazia riprende trova forza e vigore se si fonda sul rispetto dell’altro, sul confronto e sulla libertà e non sulla sopraffazione, l’odio e la delegittimazione dell’avversario politico. Oggi rinnoviamo il nostro impegno affinché questa ricorrenza possa diventare sempre di più un momento di concordia nazionale, nel nome della libertà e della democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, autoritarismo e violenza politica”.
Intanto, è partito anche il corteo organizzato dall’Anpi per celebrare l’Anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Centinaia le persone che si sono riunite a largo Bompiani per dirigersi verso Piazza Schuster. Tra la gente sventolano le bandiere dell’Anpi, della Cgil, della pace, del Pci, del Pd, del Giovani Democratici, bandiere del Movimento all’abitare con la scritta “Stop sfratti, sgomberi e pignoramenti”. Striscioni e cartelli con le scritte: “Il ddl Sicurezza arresta anche te, fermiamoli!”, “Resistere alla guerra e al genocidio”, “Nessuna guerra fra i popoli, nessuna pace fra classi. Ora e sempre Resistenza”.
A Porta San Paolo, le forze dell’ordine erano in attesa in tenuta antisommossa, pronti a tenere separati centinaia di manifestanti pro Palestina e i rappresentanti della comunità ebraica di Roma, arrivati al memoriale della Resistenza con lo striscione “25 aprile - antifascisti sempre” per l’omaggio a partigiane e partigiani, alla presenza, tra gli altri, del rabbino capo Riccardo Di Segni e della presidente dell’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) Noemi Di Segni.
Victor Fadlun, presidente della comunità ebraica di Roma, ha dichiarato: “Siamo qui anche oggi. Anche quest’anno. Con sobrietà, ma con fermezza. Decisi nella volontà di esserci, nel rinnovare la gratitudine verso chi ha difeso la nostra libertà e quella di tutti gli italiani. La memoria non è mai solo un rito. E il 25 aprile è la nostra data. Perché la libertà, prima di essere un diritto, è stata una conquista. E noi, gli ebrei di Roma, a quella conquista abbiamo partecipato. Nel 1938, le leggi razziali ci hanno espulsi dalle scuole, dal lavoro, dalle università. Il 16 ottobre 1943 hanno portato via intere famiglie. Ma c’è stato chi non si è arreso e ha scelto di resistere. Ottocento ebrei italiani nelle file partigiane. Un numero enorme. Un atto di coraggio e di amore”.
Fadlun, inoltre, ha spiegato che “Il 25 aprile è questo. È memoria. È riconoscenza. È identità. È dire grazie ai partigiani, ebrei e no. Agli americani, agli alleati. Ai giusti. A chi ha difeso le vite umane a costo della propria. Ma oggi il 25 aprile è anche un confine. Dopo il 7 ottobre, abbiamo visto riemergere l’antisemitismo. Sui muri, nei social, nelle piazze, perfino nelle istituzioni. Al dolore e all’orrore è seguito il sospetto. Al pogrom, la solitudine. Ma noi non arretriamo. Non accettiamo ambiguità. Non confondiamo carnefici e vittime. Non permettiamo che la memoria venga distorta o strumentalizzata. O, peggio, ribaltata e usata contro di noi. Ringraziamo le forze dell’ordine, le istituzioni, chi protegge i nostri diritti ogni giorno. Chi ci è vicino non solo quando è facile, ma quando è giusto. Perché noi siamo gli ebrei di Roma. E non dimentichiamo nulla. Ogni 25 aprile ci saremo. A volto scoperto. A testa alta. Senza nasconderci, senza avere paura di essere quello che siamo. Uniti per la libertà!” ha concluso.
Su Instagram il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha scritto: “Ottant’anni fa, il 25 aprile 1945, l’Italia riconquistò la libertà. Ricordiamo con profonda gratitudine il sacrificio e la determinazione di quelle donne e quegli uomini che lottarono contro il nazifascismo e riscattarono il Paese. Roma, città Medaglia d’oro per la Resistenza - ricorda - onora oggi la memoria di tutti coloro che si sono battuti per consegnarci un’Italia libera e democratica. Il loro esempio ci guida ancora oggi nell’impegno quotidiano per difendere e promuovere i principi fondamentali della nostra Repubblica: libertà, democrazia, giustizia sociale e uguaglianza nei diritti. Manteniamo viva la memoria di quella pagina fondamentale della nostra storia, trasformandola in ispirazione per difendere quelle conquiste e costruire insieme un futuro migliore. Buona Festa della Liberazione a tutte e a tutti!”.