WASHINGTON - È morto all’età di 84 anni Dick Cheney, il 46° vicepresidente degli Stati Uniti, ampiamente considerato l’uomo più potente in quel ruolo nell’epoca moderna. Al fianco di George W. Bush per tutti e due i mandati, dal 2001 al 2009, Cheney fu il principale architetto della “Guerra al Terrore” scatenata dopo l’11 settembre, culminata con l’invasione dell’Iraq.
La notizia è stata diffusa dalla famiglia del repubblicano in un comunicato, riportato dalla Cnn. Cheney è spirato la notte scorsa a causa di complicazioni dovute a una polmonite e a problemi cardiovascolari. “La sua amatissima moglie da 61 anni, Lynne, le figlie, Liz e Mary, e altri membri della famiglia erano con lui al momento della morte”, si legge nella nota.
Afflitto da gravi problemi cardiovascolari per gran parte della sua vita adulta, Cheney era sopravvissuto a una serie di infarti, sottoponendosi poi a un trapianto di cuore nel 2012. Cheney è stato, per decenni, un potente insider della politica di Washington, noto per aver rafforzato i poteri presidenziali e plasmato le politiche dell’Amministrazione Bush.
La sua scalata iniziò con l’amicizia e la collaborazione con Donald Rumsfeld, che lo chiamò a lavorare nelle amministrazioni Nixon e Ford, dove Cheney divenne Capo dello Staff della Casa Bianca a poco più di trent’anni. Seguirono dieci anni alla Camera, prima di essere chiamato da George H. Bush a guidare il Pentagono, da dove diresse la Guerra del Golfo nel 1991. Nel 2000, fu scelto come running mate da George W. Bush, che lo riteneva l’uomo ideale per l’esperienza, la maturità di giudizio e la lealtà.
Cheney usò la sua profonda esperienza per guidare l’Amministrazione Bush attraverso la risposta all’11 settembre, diventando l’architetto esecutivo di iniziative politiche radicali. Ebbe un ruolo di spicco nella campagna, rivelatasi poi una disinformazione, riguardo ai mai trovati programmi di armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e ai presunti legami tra l’Iraq e gli autori degli attacchi.
Le sue posizioni lo portarono ad essere al centro di enormi critiche, guadagnandosi il soprannome di “Darth Vader” (il super cattivo di Guerre Stellari). Tra le principali critiche: la difesa della tortura del waterboarding e delle detenzioni extragiudiziarie a Guantanamo e le polemiche sugli appalti miliardari assegnati alla KBR, sussidiaria della Halliburton, la multinazionale di cui Cheney era stato Presidente e CEO prima di entrare nel ticket di Bush.
Nonostante le critiche, Cheney non espresse mai ripensamenti: “Rifarei tutto in un minuto”, disse nel 2014 difendendo i controversi “metodi di interrogatorio rafforzato”.
Negli ultimi anni della sua vita, Cheney aveva intrapreso una sorprendente parabola politica che lo ha visto ostracizzato dal Partito Repubblicano a causa delle sue intense critiche a Donald Trump.
L’ex vicepresidente si è schierato apertamente contro l’avanzata del populismo MAGA, arrivando a definire Trump un “vigliacco” che “ha cercato di rubare le ultime elezioni e costituisce la più grande minaccia al Paese nei 246 anni di storia della nostra nazione”. Nel 2022, ha partecipato a uno spot a sostegno della campagna della figlia Liz (poi espulsa dal partito per la sua posizione anti-Trump).
Il suo allarme per la tenuta del conservatorismo tradizionale lo ha spinto a compiere un gesto clamoroso: votare per la democratica Kamala Harris nelle elezioni presidenziali. Come membro di spicco del conservatorismo mainstream, Cheney ha giustificato la sua scelta affermando che ogni cittadino ha il dovere di “mettere il Paese davanti allo spirito di parte e difendere la Costituzione”.
L’ex presidente George W. Bush ha ricordato il suo ex vice con grande affetto: “La storia lo ricorderà come uno dei migliori servitori dello Stato della sua generazione, un patriota che ha ricoperto ogni incarico con integrità, massima intelligenza e serietà. Dick era una presenza calma e ferma alla Casa Bianca in un momento di grandi sfide per la nostra nazione”.