È da sempre dipinta come un’avventura generosa di promesse, spesso gravida di pericoli. La scienza è fonte di una conoscenza universale, appare obiettiva ma a volte inaccessibile ai più. Anna-Maria Arabia, nel corso degli ultimi vent’anni, oltre a rappresentare l’Australia nei principali organismi internazionali, ha contribuito a una maggiore consapevolezza pubblica e alla comprensione della scienza stessa.

Amministratrice delegata dell’Australian Academy of Science, Arabia è stata di recente insignita del riconoscimento della Medaglia dell’Ordine d’Australia (OAM) per il suo servizio alla scienza, in particolare attraverso ruoli di leadership organizzativa.

Ha difatti avviato una significativa riforma nei rapporti tra scienza e politica, stabilendo nuovi meccanismi per facilitare il processo decisionale basato su prove concrete presentate in Parlamento. Ha elaborato nuovi approcci alla comunicazione scientifica e implementato iniziative globali per dare visibilità al lavoro di centinaia di scienziati.

“È un grande onore e, ovviamente, un’onorificenza inaspettata – dichiara emozionata –. Tutti i miei successi sono davvero dovuti al fatto che ho avuto la possibilità di collaborare con persone fantastiche per poter raggiungere determinati obiettivi. È sempre meraviglioso essere premiati per il proprio lavoro, ma questa onorificenza la condivido con tantissimi altri professionisti e colleghi”.

Arabia torna spesso indietro nel tempo, rammentando quei primi passi che l’hanno guidata nel corso delle diverse posizioni dirigenziali che ha magistralmente ricoperto. Ai suoi genitori, primi fra tutti, ripensa spesso: per averle inoculato l’immenso dono dell’istruzione e della risolutezza. Suo padre, Francesco Arabia, che ha coraggiosamente abbandonato la sua terra d’origine – Aprigliano, in provincia di Cosenza, in Calabria – per inseguire opportunità concrete in terra australiana, nel lontano 1955. A sua madre, Maria Arabia, che non ha mai esitato a concederle ogni libertà e ad infonderle quella sicurezza su cui ha posto le basi per la sua brillante carriera.

“La scuola di mio padre era stata bombardata durante la Seconda guerra mondiale e il suo percorso educativo si è quindi concluso molto bruscamente. Mia madre, invece, era una di quelle ragazze a cui non è stata data la possibilità di studiare al livello che avrebbe desiderato – racconta –. Entrambi, quindi, non mi hanno in alcun modo gravato di doveri domestici o di altre responsabilità che avrebbero potuto distogliere la mia attenzione dall’apprendimento. Mia mamma mi diceva sempre, ‘Non preoccuparti, vai e studia’. Era molto ferma su questo”.

“Io volevo andare all’università, per me rappresentava un dono per aprirmi al mondo.  E ricordo ancora vividamente il loro entusiasmo e il loro supporto”, aggiunge.

È proprio la scienza ad averla affascinata fin dai primi anni tra i banchi di scuola. E nonostante, crescendo, avesse preso in considerazione un percorso universitario in medicina, alla fine ha rincorso quel desiderio di “apprendere aspetti ancora sconosciuti al resto del mondo”, attratta poi dall’acquisizione di nuove conoscenze.

Anna-Maria Arabia insieme al primo ministro australiano, Anthony Albanese (centro) e il presidente dell’Australian Academy of Science, Chennupati Jagadish

“Ho fatto ricerca sulle neuroscienze per lungo tempo, ma i miei interessi sono sempre stati molto ampi. La mia esperienza scientifica si è poi estesa allo sviluppo di politiche, in ruoli di consulenza e leadership. Ma tutto è cominciato da quella bambina che proponeva sempre esperimenti scientifici oppure partecipava a gare scolastiche”, racconta sorridendo.

Attrarre più giovani alla scienza, dar vita a una popolazione che sia scientificamente alfabetizzata e che sia in grado di interrogarsi, cercare di far comprendere che il progresso non è necessariamente sinonimo di sventura. Sono soltanto alcuni degli obiettivi che Anna-Maria Arabia ha da sempre perseguito.

“La verità, alla fine, è che chiunque è a stretto contatto con la scienza ogni singolo giorno, ogni singolo minuto – afferma –. Parliamo al telefono, ad esempio. Un iPhone o uno smartphone sono il risultato di circa sedici differenti brevetti da sedici differenti aree di ricerca. Che si tratti di guidare, volare, andare dal medico, prendere una decisione su quale sia il piatto migliore da dare ai nostri figli: in tutte queste situazioni applichiamo conoscenza scientifica”.

Di recente a Oman in Medio Oriente, per l’International Science Council General Assembly, Anna-Maria Arabia percepisce ancora oggi, nonostante le esperienze che continuano ad accumularsi, l’immenso privilegio di poter prendere parte a un congresso in cui i leader del mondo si riuniscono “per far sì che scienza e ricerca possano diventare i mezzi principali con cui indirizzare al meglio le più rilevanti decisioni politiche”.

In un momento storico in cui tecniche e tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale e l’informatica quantistica continuano a impadronirsi del presente, Anna-Maria Arabia intende evidenziare come fin dall’inizio dei tempi “qualsiasi progresso sia stato sempre visto come un male”.

“Le nuove tecnologie possono sembrare spaventose perché si evolvono a un ritmo molto rapido e se guardiamo ai conflitti mondiali, alle applicazioni militari della tecnologia, diventano difficili da accettare – dichiara –. Ma esiste il buon progresso tecnologico, lo è ad esempio l’intelligenza artificiale che ci permette di fare molte cose, molto meglio. Ci garantisce la possibilità di comprendere geneticamente molto di più sul corpo umano e di accelerare le indagini”.

Purtroppo, attraversiamo anche un’epoca in cui molto spesso i governi sono disposti a denigrare le istituzioni scientifiche, mentre potenti aziende private detengono dati necessari al mondo e ai cittadini globali. “È avvilente – ammette –. La comunità scientifica è disperata, afflitta dal ritmo con cui stiamo affrontando il cambiamento climatico, ad esempio. Stiamo vedendo risultati, ma non sono abbastanza rapidi. La mancanza di urgenza [per ridurre al minimo il riscaldamento globale] è preoccupante”. 

A tenerla in equilibrio c’è però suo figlio Alessandro a cui ogni giorno rammenta quanto sia necessario ridurre la nostra impronta su questo pianeta e a cui spera di instillare i valori dell’istruzione, del rispetto, del coraggio e dell’equità.

Suo figlio Alessandro ad Aprigliano in Calabria davanti alla casa abitata un tempo da suo nonno

“Alessandro ha dieci anni, ma mostra già un grande interesse per l’ambiente e la sostenibilità. Lo pongo sempre di fronte a quesiti matematici: siamo in auto, ad esempio, e gli indico quanti chilometri mancano e quanti litri di benzina ci restano. Dovrà capire se ce la faremo ad arrivare a destinazione; a volte un po’ mi dispiace che mi abbia come mamma!”, dice scherzando.

“Questa generazione è già esperta in tecnologia. Cambierà il mondo in modi che ancora non immaginiamo”, aggiunge.

Anna-Maria insieme a suo figlio Alessandro

E volgendo lo sguardo al futuro, sa di non dover perdere la speranza e, se potesse realizzare un solo desiderio il prima possibile, “farebbe sì che si concretizzi l’agognata cooperazione globale per ridurre rapidamente le emissioni di gas serra”.

“In Australia abbiamo tutti gli ‘ingredienti’ per poterlo fare: il sole, una popolazione meravigliosa di persone davvero intelligenti, un governo stabile, viviamo in una democrazia – spiega –. Abbiamo tutte le condizioni per poterci muovere rapidamente”.