ROMA - L’ultima volta era successo in piena pandemia. Dal 9 marzo al giugno 2020 il calcio chiuse i battenti. Questa volta a fermare il pallone è stata la scomparsa di Papa Francesco, un Pontefice che il calcio lo amava e lo seguiva, soprattutto quando era coinvolto il suo San Lorenzo de Almagro.

Quattro le partite rinviate in serie A, in una 33esima giornata già particolare dal momento che oltre alle tre classiche gare del sabato, ne sono state disputate altre tre nella domenica di Pasqua, giorno in cui in genere il calcio si fa da parte.

Torino-Udinese, Cagliari-Fiorentina, Genoa-Lazio e Parma-Juventus verranno recuperate mercoledì 23 alle 18.30, così come, ma alle 18, il programma valido per la 37esima giornata del girone B del campionato di Serie C. Oggi anche la Serie B sarebbe dovuta scendere in campo per la 34esima giornata, un turno con tutte e 10 le partite in un solo giorno.

La Lega del presidente Bedin ha comunicato in serata la data nella quale verrà recuperata la giornata: se ne parlerà martedì 13 maggio, ovvero quattro giorni dopo la data nella quale era stata fissata la fine della stagione regolare che si sarebbe dovuta chiudere venerdì 9 maggio.

“La Figc, d’intesa con tutte le componenti federali, ha deciso di sospendere tutte le competizioni in programma nella giornata di oggi, dalla Serie A ai Dilettanti”, il comunicato emesso in mattinata dalla Federcalcio dopo la notizia della scomparsa di Papa Francesco. “Grande esempio di carità cristiana e di dignità nella sofferenza, si è mostrato sempre attento al mondo dello sport e al calcio in particolare, di cui era appassionato - le parole del presidente della Figc -. La sua vicinanza umana, oltre che spirituale, ai malati, ai poveri e ai perseguitati di tutto il pianeta è stata la sua testimonianza più profonda, un faro che illuminerà le generazioni a venire. Resterà per sempre nei nostri cuori di fedeli e di amanti del gioco del calcio”.

Il calcio, dunque, così come per volere del Coni tutte le altre attività sportive, si è fermato. Un fatto abbastanza raro nel mondo del pallone. Se per le prime sospensioni bisogna andare agli anni delle Guerre Mondiali - in quel caso saltarono stagioni intere -, in tempi più recenti è stata la violenza a spingere i club a fermarsi. Come nel gennaio ‘95: Vincenzo Spagnolo, tifoso del Genoa, viene ucciso in uno scontro con gli ultras del Milan, la gara fra le due squadre viene sospesa e la serie A decide di stoppare il campionato per un turno, facendo slittare il calendario di una settimana.

Succederà nuovamente in altre due occasioni, entrambe nel 2007: a febbraio, dopo l’omicidio dell’ispettore di polizia Filippo Raciti a margine di Catania-Palermo, e poi a novembre, dopo l’uccisione del tifoso biancoceleste Gabriele Sandri in un autogrill nei pressi di Arezzo (rinviate Inter-Lazio e Roma-Cagliari, sospesa dopo pochi minuti Atalanta-Milan e calcio d’inizio ritardato di dieci minuti sugli altri campi).

Ma la serie A si è fermata anche per altre tragedie come quando, nell’aprile 2012, Morosini si accascia in campo durante la gara di B fra Pescara e Livorno: attacco cardiaco fatale per il giocatore e tutti i tornei sospesi in segno di lutto.

Succede lo stesso nel 2018, per la morte improvvisa del capitano della Fiorentina, Davide Astori: il turno di A resta monco agli anticipi del sabato, davanti a quella notizia nessuno se la sente di scendere in campo.

Slittò di una giornata anche il campionato 2004-05: il 2 aprile 2005 si spegneva Papa Giovanni Paolo II.

Questioni sindacali sono invece alla base di altri due stop.

Il primo nel marzo ‘96: i calciatori scioperano per il mancato coinvolgimento sull’apertura ai giocatori stranieri dopo la sentenza Bosman e ottengono un limite al tesseramento di extracomunitari e il versamento, da parte del Fondo di Garanzia, di oltre 10 miliardi di lire a copertura degli emolumenti dei circa 200 calciatori appartenuti alle società estromesse nella stagione ‘93-’94.

Poi, nell’agosto 2011, la nuova protesta, stavolta legata al mancato accordo sul nuovo contratto collettivo che porta allo slittamento della prima giornata di campionato.

Infine il lunghissimo stop di oltre tre mesi, nel 2020, in piena pandemia Covid, ma lì a fermarsi non fu solo lo sport, ma intere nazioni se non il mondo intero.