GAZA - Mercoledì 10 dicembre, riaprirà il valico di Allenby (o King Hussein Bridge), l’unico punto di passaggio tra Cisgiordania e Giordania. La riapertura arriva dopo intense pressioni da parte degli Stati Uniti su Israele, per permettere il transito di beni e aiuti umanitari.
Il valico era rimasto chiuso da settembre, a seguito di un incidente in cui un camionista giordano, che trasportava aiuti destinati a Gaza, aveva ucciso due soldati israeliani, il tenente colonnello Yitzhak Harosh e il sergente Oren Hershko.
Fonti politiche citate da Ynet hanno confermato che le autorità giordane hanno implementato le modifiche di sicurezza richieste, e anche di più, intensificando notevolmente i controlli. Un funzionario della sicurezza israeliana ha spiegato al Times of Israel che, nelle ultime settimane, sono stati eseguiti “aggiustamenti nella sicurezza” su entrambi i lati del valico e che le procedure di identificazione degli autisti giordani e il controllo dei carichi sono state inasprite. Ogni camion in ingresso, secondo le fonti, sarà d’ora in poi scortato e sottoposto a rigorosi controlli.
Nonostante la riapertura del valico, l’attuazione dell’accordo di pace per Gaza è in stallo. Hossam Badran, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha ribadito all’Afp che la seconda fase dell’accordo non potrà iniziare fino a quando Israele continuerà le sue “violazioni” del cessate il fuoco, in vigore dal 10 ottobre. Badran ha accusato Israele di sottrarsi ai propri impegni e ha esortato i Paesi mediatori a esercitare pressioni per garantire il rispetto della prima fase dell’intesa.
Mentre il processo di pace appare fragile sul campo, le polemiche non mancano sul fronte diplomatico, in particolare riguardo alla composizione dell’amministrazione provvisoria di Gaza e sulla posizione che dovrà ricoprire l’ex primo ministro britannico Tony Blair nel Board of Peace (Consiglio di Pace).
Secondo il Financial Times, Blair sarebbe stato escluso dalla lista dei candidati a causa delle obiezioni sollevate da diversi Stati arabi e musulmani. Fino a poco tempo fa, l’ex Primo Ministro britannico era l’unica persona pubblicamente identificata per un potenziale ruolo nel Consiglio, che era stato svelato da Trump a fine settembre nel suo piano in 20 punti.
Blair aveva definito il piano “audace e intelligente” e si era detto felice di far parte del Board, presieduto dal presidente degli Stati Uniti. La sua candidatura si basava sul lavoro svolto per oltre un anno dal suo Tony Blair Institute e sulla collaborazione con Jared Kushner, genero di Trump e inviato per il Medio Oriente.
A mettere in discussione la sua presenza, tuttavia, sarebbe stato il ruolo dell’ex primo ministro britannico durante l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003, che lo renderebbe incompatibile per i Paesi della regione.
L’ufficio di Blair ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni in merito. Tuttavia, un funzionario statunitense, interpellato dal Times of Israel, ha respinto categoricamente l’articolo del Financial Times, definendolo “fuorviante”. Secondo il funzionario, Blair è ancora pronto a far parte del comitato, insieme ai principali collaboratori di Trump, Jared Kushner e Steve Witkoff, e all’ex inviato delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente, Nikolay Mladenov.