In un mondo in cui chiunque dice tutto e il contrario di tutto, Giorgio Armani festeggia 90 anni di coerenza. Di pensiero, che si è fatto stile, in un’unità di intenti che il mondo intero riconosce in una vita, iniziata l’11 luglio 1934 a Piacenza, e in una carriera, cominciata nel 1975, che ha portato Armani a essere a capo di un gruppo, fieramente indipendente, simbolo del Made in Italy. Armani non è mai venuto meno al suo stile sobrio, privo di orpelli: “Prima di presentare una collezione non mi stanco mai di eliminare; c’è sempre qualcosa di troppo”, rivelò nel backstage di una sfilata a Parigi di Armani Privé.
Minimalista ante litteram, destrutturato fino alla fluidità, riconoscibile tra 100 proposte diverse. Re Giorgio spegne 90 candeline oggi, 11 luglio, ma quest’anno festeggia anche il mezzo secolo del suo marchio, visto che da giovane, al termine del servizio di leva, prima trovò lavoro come commesso per la Rinascente; poi nel 1965 venne assunto da Nino Cerruti per ridisegnare la moda del marchio Hitman, confezione dei prodotti del Lanificio Fratelli Cerruti. Ma il suo nome apparve nell’universo della moda per la prima volta nel 1974 quando nacque la linea di capi in pelle Armani by Sicons. La prima collezione risale invece al 1975, anno in cui fondò l’azienda omonima, insieme al compagno di vita Sergio Galeotti, morto prematuramente 10 anni dopo. “Molti pensavano che non ce l’avrei fatta ma - racconta con grande sincerità -, grazie alla mia caparbietà e al sostegno delle persone a me vicine, sono riuscito ad andare avanti”.
Lo stile di Armani è ricordato per la classe e l’eleganza raffinata dei suoi capispalla. Per il guardaroba maschile, lo stilista venne indicato come il “re della giacca destrutturata” fin dal 1980, anno in cui Armani disegnò i costumi di scena di Richard Gere, per il cult movie “American Gigolò”. Un’intero guardaroba di vestiti, camicie e accessori, disegnati per il protagonista, nel film sul più famoso gigolò di Los Angeles, Julien Kaye. Un bellissimo ragazzo dal fisico palestrato, che in diverse scene si sofferma a torso nudo davanti al suo guardaroba Armani, a scegliere l’outfit giusto per i suoi incontri mercenari. Scene che sicuramente contribuirono alla consacrazione del divo americano nell’Olimpo del cinema mondiale. Nella moda maschile Armani ha il merito di aver tolto la rigidità alle giacche, eliminando le spalle insellate e le cuciture rigide, rivoluzionando la silhouette dell’epoca. Vennero eliminati i supporti interni (imbottiture e controfodere), spostati i bottoni e modificate le proporzioni tradizionali. “[Ma] per l’uomo i cambiamenti tra una collezione e l’altra devono essere pochi, affidati a dettagli, ai revers alle tasche, ai colori”, ama ricordare Armani. Lo stilista aborre le stranezze. Le sue giacche divennero e sono ancora uno degli emblemi dello stile italiano nel mondo. Basta guardare i red carpet, i personaggi più eleganti sono vestiti Armani.
Per la moda femminile Giorgio Armani ha lasciato il segno soprattutto nel tailleur, con pari successo di quello maschile. Ha introdotto giacche destrutturate e accostate al corpo, pantaloni fluidi, vagamente orientali, morbidi sulle gambe e stretti in fondo, oppure pantaloni con sovra-gonne. Gli abiti da sera sono sempre molto raffinati e in colori delicati. La tradizione per lui diventa stile. Anche nella palette cromatica Armani ha sempre mantenuto gusti precisi. Lo stilista dall’inizio della sua carriera guardava al cinema in bianco e nero e alle atmosfere dell’America degli anni Venti e Trenta.
Il suo stile fatto di tagli nitidi e puliti necessitava di toni di colori freddi: il beige, il grigio e il greige, una nuova tonalità in bilico tra il grigio e il sabbia terroso. Ma è soprattutto il blu-Armani a contraddistinguere la sua produzione, anche se non esclude gli intramontabili bianco e nero. Altra fonte di grande ispirazione per Armani sono le culture orientale e araba. Vengono infatti introdotti in alcuni suoi capi colletti alla coreana, e cappotti simili a djellaba, messi in commercio nel 1990, in contemporanea all’uscita nei cinema del film “Il tè nel deserto”. La sua collezione Armani Casa è realizzata su ispirazione Art Déco e Estremo Oriente.
In 50 anni di lavoro, consacrati da copertine su Time, dal successo a Hollywood, dalle One Night Only in giro per il mondo, dall’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferitagli dal presidente Sergio Mattarella, mai una contraddizione, uno sgarro a un’etica fatta di dedizione e passione. Che Giorgio Armani sia un perfezionista, capace di controllare ogni uscita di una sfilata una a una, di sorvegliare da vicino ogni dettaglio, è cosa nota.
“Sono pragmatico e razionale, ma le mie azioni vengono tutte dal cuore”, ha sottolineato però lui. “Sono un creativo razionale, ma la spinta - le parole pronunciate nella sua Piacenza in onore della laurea honoris causa conferitagli dalla Cattolica - nasce sempre dalla passione, da un’intuizione e dal desiderio bruciante di realizzarla. Ogni idea, in fondo, è frutto di un innamoramento e questo lavoro, che per me è la vita, è un atto continuo di amore”.
Ce ne sarebbe per riposare sugli allori, ma per Giorgio Armani vita e lavoro sono sempre stati una cosa sola, tanto che, appena concluse le sfilate del Privé a Parigi e quelle dell’uomo di giugno, a ottobre dopo la Milano Fashion Week tornerà a New York per inaugurare il nuovo building della Maison su Madison Avenue con una sfilata e un party.