La scalinata di Trinità dei Monti a Roma, la sua città, “amica e amante”; l’abbraccio dei 2.000 fortunati fan che non si sono fatti fermare dalla pioggia leggera e hanno risposto alla chiamata; la voglia di esserci, di farsi sentire. Achille Lauro presenta così, con un live show annunciato solo poche ore prima, il nuovo album “Comuni mortali”. “Roma - spiega l’artista 34enne, reduce dall’ultimo Festival di Sanremo con ‘Incoscienti giovani’ - è il filo conduttore di questo album, che è la sintesi di ciò che sono oggi. Roma e i suoi vicoli, che mantengono la tradizione di un mondo che non c’è più. Ma è proprio dove esiste la realtà, che esistono le grandi cose. Io rubo dalla realtà, rubo le immagini che vedo. Perché in fondo una canzone non è altro che un sentimento condiviso”. 

“Comuni mortali” (“un’espressione che racchiude quello che siamo tutti, fragili e uguali”) è il settimo album di Achille Lauro, quello della maturità, un nuovo passaggio per il cantautore che nei lavori precedenti ha attraversato i generi, spaziando dall’urban al glam, dal rock fino al pop. “Oggi non ha più senso parlare di generi. Qualcuno ha detto che ho provato a far saltare la mia carriera a ogni disco, ma in realtà io mi sento molto coerente con il mio percorso. Questo è un disco che parla di me in maniera diversa, in maniera più consapevole, che mi ha fatto capire veramente chi io sia. Non è pensato per le radio ed è fuori dalle logiche del mercato discografico, che possono essere deleterie per un artista. Non rincorro più il gioco dei numeri, della canzone estiva che fa divertire. I risultati mi interessano solo relativamente a quelli che mi seguono”.

Racconta che “Comuni mortali” “è ispirato ai grandi del cantautorato romano e italiano. Io sono fan di Francesco De Gregori, Franco Califano, Mia Martini, Lucio Dalla. L’ho scritto tra Los Angeles e New York, dove posso andare al supermercato e dove faccio le file fuori dai locali, ed è un disco di dediche d’amore, in tutte le sue forme perché l’amore è l’unica cosa che uno lascia sulla terra: a Roma, a mia madre (per la quale ha scritto il brano ‘Cristina’), ai miei grandi amori, ai miei amici. A tutti quelli che hanno contribuito alla mia musica”. Come la periferia nella quale è cresciuto, alla quale guarda con affetto ma senza mitizzarla. “Sono stragrato alla mia vita che è stata spericolata, ma anche pericolosa. So di essere stato molto fortunato, ma non mi sento in colpa per chi è rimasto lì: conosco il lato della medaglia di chi non ha niente e quello di chi vive sognando. È questo il mio grande lusso. Sono stato fortunato perché ho scoperto quello che mi piaceva. Il problema è non avere una passione”. 

In estate è atteso al Circo Massimo per due date il 29 giugno e l’1 luglio, già sold-out. “Per quanto sembri un traguardo, vorrei che fosse un punto d’inizio”. E già guarda avanti, molto avanti. “Penso a qualcosa di ancora più grande, Lo stadio nel 2026? Mi piacerebbe, vediamo”. Intanto, nel cassetto ha pronto un brano per Mina “una cosa molto bella” e in ballo c’è anche qualche progetto per il grande schermo.