TRIESTE - La botanica Marisa Vidali, consulente dell'associazione Penelope che assiste legalmente il fratello e la nipote di Liliana Resinovich, ha depositata in Procura la sua relazione sul ritrovamento del corpo.  

Secondo lei, se questo fosse rimasto per tre settimane nell'area dell'ex Opp dove è stato rinvenuto, il 5 gennaio 2022, “lo strato erbaceo, costituito perlopiù da edera, sarebbe risultato schiacciato e le foglie sarebbero ingiallite non ricevendo luce. Invece non era così”. 

Le analisi si concentrano in particolare sulle specie di piante presenti nel luogo e sui dati meteorologici. Secondo la ricostruzione della botanica, nelle settimane tra la scomparsa della donna al giorno del ritrovamento del suo corpo, ovvero dopo il 14 dicembre 2021, ci sono stati vari giorni piovosi, il 21, 24 e 26 dicembre e il 3 e 4 gennaio. 

Questo elemento, per la professionista, stride con i sacchi neri in cui era infilato il corpo della donna, che sono stati rinvenuti puliti. “Avrebbero dovuto essere sporchi di schizzate di terra, di foglie accumulate ai bordi con il vento, e l'assenza di queste evidenze porta a escludere che il corpo di Liliana sia rimasto lì per tutte quelle settimane”, afferma Vidali nel rapporto. 

Riguardo alle temperature, superiori alla media in quel periodo, i grafici allegati alla relazione mostrano che nella maggior parte delle giornate non si andava sotto i 4 gradi, la temperatura alla quale vengono conservati i corpi.  

“In alcuni casi si sono toccati anche i 17 gradi, temperature che non possono aver contribuito certamente alla conservazione del corpo”, constata la botanica, che alla luce di tutti questi dati esclude che il corpo possa essere rimasto nel luogo del ritrovamento per così tanto tempo.