CARACAS - Giornata ad alto rischio in Venezuela dopo che per la prima volta la leader dell’opposizione Maria Corina Machado ha lanciato un appello diretto a “mobilitarsi”, proclamando come legittimo vincitore delle presidenziali il suo candidato, Edmundo Gonzalez Urrutia. “Abbiamo proposto al regime di accettare democraticamente la sua sconfitta, ma esso ha scelto la via della repressione. Ora tocca a tutti noi affermare la verità che tutti conosciamo. Mobilitiamoci. Ci riusciremo”, ha scritto su X la popolare oppositrice.
“Abbiamo trascorso mesi a costruire una solida piattaforma che potesse difendere il voto e dimostrare indiscutibilmente il nostro trionfo. Abbiamo trionfato”, ha sottolineato Machado, a cui è stato impedito di candidarsi alle elezioni. In risposta alle richieste di pubblicazione di tutti i risultati elettorali sia in patria che dalla comunità internazionale, il presidente chavista Nicolas Maduro ha detto di essere “pronto a presentare il 100% dei documenti”.
Nelle scorse ora ha presentato un ricorso alla Corte Suprema di Giustizia contro quello che ha definito un “attacco al processo elettorale” e ha espresso sdegno nei confronti di Machado e Gonzalez Urrutia, sottolineando che “dovrebbero essere dietro le sbarre”. Finora, nelle proteste post-elettorali almeno 16 persone sono state uccise, oltre un migliaio sono state arrestate, alcune delle quali potrebbero essere accusate di terrorismo. Vengono denunciate anche 11 “sparizioni forzate”, tra cui quella di Freddy Superlano, coordinatore politico nazionale di Voluntad Popular, figura di spicco del dissenso a Maduro, di cui non si hanno più notizie da 48 ore, da quando è stato portato via da uomini vestiti di nero.
Si teme anche per la sorte di sei oppositori che si sono rifugiati nell’Ambasciata dell’Argentina a Caracas, circondata per ore dalle forze di polizia, facendo scattare l’allarme dell’intero corpo diplomatico presente nella capitale del Venezuela. Il presidente argentino Javier Milei ha ringraziato il Brasile per aver assunto la custodia dell’ambasciata del suo Paese in Venezuela.
“Siamo anche grati per la rappresentanza temporanea degli interessi della Repubblica argentina e dei suoi cittadini. Oggi il personale diplomatico argentino ha dovuto lasciare il Venezuela come rappresaglia del dittatore Maduro per la nostra condanna della frode che hanno perpetrato domenica scorsa”, ha scritto Milei sul social network X. Il presidente ultraliberale argentino è ai ferri corti con il capo di stato venezuelano chavista Maduro, che definisce Milei “nazista ed è pure brutto”.
Dopo la mancata adozione di una risoluzione dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), che chiedeva la pubblicazione “immediata” dei risultati dettagliati, per l’astensione di Colombia e Brasile, il suo segretario generale Luis Almagro ha dichiarato in un post su X che chiederà alla Corte Penale Internazionale di incriminare Maduro e di emettere un mandato di arresto nei suoi confronti per le violenze post-elettorali. “Maduro aveva promesso un bagno di sangue e lo sta facendo”, ha dichiarato l’uruguaiano Almagro.
Numerose nazioni, tra cui Brasile e Stati Uniti, oltre all’Unione Europea, hanno chiesto alle autorità venezuelane di rilasciare dati dettagliati sul voto, e la Casa Bianca ha avvertito che la pazienza della comunità internazionale si stava esaurendo. Per Brian Nichols, il principale diplomatico statunitense per l’America Latina, i risultati dei sondaggi diffusi dall’opposizione forniscono “prove inconfutabili” che Maduro ha perso “per milioni di voti”.