Il 25 aprile, mentre in Australia si commemorava l’Anzac Day e il valore di chi ha sacrificato la vita per la libertà, nella chiesa di St Fiacre a Leichhardt la comunità italiana si è riunita per celebrare la festa della Liberazione.
Due ricorrenze diverse, ma unite da un messaggio universale: la libertà non è mai scontata e va difesa ogni giorno.
Ricordare chi 79 anni fa ha scelto di resistere all’oppressione significa riconoscere che quella scelta ci interpella ancora oggi.
Una memoria viva, che attraversa le generazioni e rinnova il senso di responsabilità verso i valori fondamentali della democrazia.
Padre Adriano Pittarello ha officiato la cerimonia, ricordando ancora una volta come la libertà sia un dono prezioso, ma fragile, da custodire ogni giorno.
A rendere omaggio a questa ricorrenza erano presenti il console generale d’Italia a Sydney, Gianluca Rubagotti, il senatore del Partito Democratico, Francesco Giacobbe, eletto nella circoscrizione Africa-Asia-Oceania-Antartide, il deputato del Partito Democratico, Nicola Carè, eletto nella stessa circoscrizione Estero, Concetta Cirigliano Perna, presidente dell’Associazione NIAWA e della Società Dante Alighieri di Sydney, e Luigi Di Martino, presidente del Comites del New South Wales.
L’evento è stato organizzato dalle associazioni d’arma, tra cui Carabinieri, Marinai, Alpini, Bersaglieri e Finanzieri che, come da tradizione, hanno deposto delle corone di fiori in memoria di tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per la libertà, mentre Lisa Genovese, esponente del Comites e della NIAWA, ha eseguito gli inni nazionali italiano e australiano.
Nel corso degli interventi, il console Rubagotti ha ricordato che questo giorno “segna la liberazione del Paese dal giogo e dall’oppressione nazifascista”.
Dal canto suo, il senatore Giacobbe ha sottolineato il valore della memoria: “È un momento di riflessione su quello che è successo nel passato per poter imparare per il futuro”.
L’onorevole Carè ha aggiunto un richiamo al presente: “Gli italiani hanno combattuto per una cosa importantissima che oggigiorno è ancora messa in discussione: la democrazia”.
Cirigliano Perna ha invece ricordato il coraggio e il contributo straordinario delle donne alla Resistenza, citando figure come Paola Del Din, Nilde Iotti, Lina Merlin e Tina Anselmi. Ha poi sottolineato come le donne siano state protagoniste nella lotta per la libertà e abbiano avuto un ruolo fondamentale anche nella costruzione della democrazia repubblicana, contribuendo alla stesura della Costituzione. Perna ha evidenziato “l’importanza di riconoscere il loro impegno non solo nella memoria storica, ma anche nella costruzione di una società fondata sulla parità, sulla giustizia e sulla dignità di ogni essere umano”.
Infine, Di Martino, presidente del Comites, ha evidenziato l’urgenza di non disperdere la memoria storica:
“È importante celebrare la liberazione, soprattutto dopo ottant’anni, perché vogliamo mantenere la memoria storica, soprattutto perché quelle testimonianze dirette della liberazione del nazifascismo si stanno perdendo”.
In Australia, come noto, proprio nello stesso giorno, si festeggia l’Anzac Day, ricorrenza che rinnova un messaggio simile: la consapevolezza che la libertà si costruisce con il sacrificio, la solidarietà, e la memoria che continua ad essere ricordata. Pur con storie e contesti diversi, sia l’Anzac Day che la festa della Liberazione ci chiedono di non dimenticare che la democrazia vive solo se la sappiamo difendere.
La parola democrazia viene dal greco antico –
dêmos (δῆμος) significa “popolo” e kràtos (κράτος) – e significa “potere, governo”.
Letteralmente, dunque, democrazia è il “governo del popolo”. Ma cosa significa, concretamente, vivere in una democrazia? È il diritto di esprimersi senza paura, il dovere di ascoltare anche chi la pensa diversamente, la capacità di scegliere il proprio destino senza imposizioni. È il rispetto delle regole condivise, ma anche il coraggio di difenderle quando vengono minacciate. È la libertà di essere diversi, senza temere l’esclusione o la violenza. È, soprattutto, la consapevolezza che la libertà di ciascuno dipende dalla libertà di tutti.
Celebrare il 25 aprile non significa solo onorare chi ha lottato allora. Significa anche, oggi, riconoscere che la democrazia vive soltanto se siamo disposti a prendercene cura, ogni giorno, perché la democrazia non muore semplicemente con un colpo di Stato. Non sempre sparisce sotto i colpi di fucile o di improvvisi rovesciamenti di potere.
Spesso, la democrazia si consuma nel silenzio, nell’indifferenza, nella progressiva banalizzazione della libertà. La democrazia si perde non solo quando viene attaccata dall’esterno, ma soprattutto quando noi, cittadini, smettiamo di riconoscerla e difenderla.
La filosofa e storica, lucida testimone del Novecento, Hannah Arendt ha mostrato come il totalitarismo non nasca solo dall’odio, ma anche dalla solitudine e dalla disgregazione del tessuto sociale: quando le persone si sentono isolate, private di una comunità politica viva, sono più disposte a cedere la loro libertà in cambio di una falsa sicurezza.
Nel 1995, alla Columbia University di New York, Umberto Eco tenne un discorso destinato a lasciare il segno: Il fascismo eterno, un’analisi lucida di come il totalitarismo possa riaffiorare sotto forme nuove e apparentemente innocue.Eco descriveva i sintomi di questo ritorno:
il culto della tradizione, il rifiuto del pensiero critico, la paura del diverso, l’appello alle classi medie frustrate, il sospetto verso la cultura.
Tutti segnali che, se sottovalutati, possono scavare lentamente sotto la superficie della democrazia, fino a svuotarla dall’interno.
Ed è per questo che, oggi più che mai, dobbiamo essere vigili. Essere cittadini in una democrazia significa partecipare, interrogarsi, dissentire, avere il coraggio di difendere i valori fondamentali anche, e soprattutto, quando sembrano scomodi.
Tra chi 79 anni fa ha scelto di resistere, c’era la consapevolezza che anche partire un mattino e non tornare più poteva davvero essere il prezzo della libertà. Quindi, c’è da chiedersi: cosa stiamo facendo noi, oggi, per onorare la memoria e un sacrificio compiuto per lasciare alle generazioni future un mondo più libero?