APIA - I rappresentanti politici di alcune delle nazioni del Pacifico accusano l’Australia per la sua mancanza di azione sul cambiamento climatico, negligenza che starebbe mettendo a rischio le isole minacciate da una ipotetica crescita del livello dei mari.
Un nuovo rapporto, pubblicato questa mattina, ha rivelato che Australia, Canada e Regno Unito sono responsabili della maggior parte delle emissioni di carbonio del Commonwealth, nonostante rappresentino solo il 6% della popolazione totale del gruppo di nazioni.
Smentendo la retorica del governo federale australiano che si presenta come un leader nell’azione climatica, il rapporto evidenzia come l’Australia sia seconda solo alla Federazione Russa come esportatore mondiale di combustibili fossili, e abbia il più grande numero di progetti di esportazione di carbone in attesa di approvazione.
Il rapporto, dal nome Uncommon Wealth: Fossil Fuel Expansion in the Commonwealth Dominated by Three Wealthy Countries, ha sottolineato che mentre i paesi ricchi come l’Australia emettono più CO2, saranno le nazioni più piccole del Commonwealth a subirne le conseguenze peggiori.
Diverse nazioni del Pacifico, particolarmente a rischio a causa del possibile innalzamento del livello dei mari e dei disastri naturali causati dal cambiamento climatico, hanno chiesto all’Australia, al Canada e al Regno Unito di ridurre la produzione di carbone e gas. Il Ministro degli Interni di Tuvalu, Maina Vakafua Talia, ha dichiarato che l’espansione dei progetti di combustibili fossili rappresenta “una condanna a morte” per le loro nazioni.
Anche il rappresentante speciale di Vanuatu per il cambiamento climatico, Ralph Regenvanu, ha chiesto ai maggiori paesi di non sacrificare il futuro delle nazioni vulnerabili per profitti a breve termine.
Il ministro degli Esteri australiano Penny Wong, presente alla riunione, ha preso le difese delle azioni del governo attuale, sottolineando che l’Australia rimane impegnata nel facilitare la transizione verso l’energia rinnovabile.