WASHINGTON - Nella lotta senza quartiere ai clandestini, l’amministrazione Trump usa ogni mezzo, arrivando addirittura ad arrestare una magistrata. È capitato ad Hannah Dugan, una giudice della contea di Milwaukee in Wisconsin, arrestata dall’Fbi con l’accusa di aver ostacolato l’arresto di un irregolare la scorsa settimana.  

L’annuncio è stato dato sui social dal capo del Bureau, Kash Patel, che poi ha cancellato il post. “Riteniamo che la giudice Dugan - aveva scritto - abbia intenzionalmente depistato gli agenti federali dal soggetto da arrestare nel suo tribunale, Eduardo Flores Ruiz, permettendo a un immigrato clandestino di sfuggire all’arresto. Fortunatamente, i nostri agenti hanno inseguito il colpevole a piedi e da allora è in custodia, ma l’ostruzionismo della giudice ha creato un ulteriore pericolo per la popolazione”.

I registri giudiziari mostrano che un uomo con quel nome si è presentato davanti a Dugan per un’udienza preliminare il 18 aprile, accusato di reati minori di violenza domestica. 

Dopo essere stata arrestata, la giudice è comparsa brevemente in un tribunale federale di Milwaukee, poi è stata rilasciata, ma dovrà ripresentarsi in aula il 15 maggio. “Dugan si rammarica profondamente e protesta contro il suo arresto. Non è stato effettuato nell’interesse della sicurezza pubblica”, ha commentato il suo avvocato, Craig Mastantuono.  

La mossa dell’Fbi segnala un’escalation nel conflitto tra l’amministrazione Trump e la magistratura sulle politiche di controllo dell’immigrazione della Casa Bianca, come già evidenziato dai vari stop giudiziari alle deportazioni in Salvador. Con il caso emblematico di Kilmar Abrego Garcia, che resta nel famigerato carcere Cecot, nonostante “l’errore” riconosciuto dall’amministrazione Usa e l’ordine della Corte suprema di “facilitare” il suo rimpatrio. 

Il dipartimento di giustizia aveva precedentemente minacciato che avrebbe preso provvedimenti severi nei confronti dei funzionari locali e statali che ostacolano o impediscono le iniziative federali in materia di immigrazione, evocando, come ipotesi di reato, la cospirazione e una legge che proibisce di dare illegalmente rifugio a persone nel Paese.  

Lo scontro sul tentativo di Trump di esercitare poteri senza precedenti in materia di espulsione dei migranti si è intensificato ulteriormente cinque giorni fa, quando il presidente Usa ha nuovamente preso di mira il sistema giudiziario, scrivendo su Truth Social (senza menzionare esplicitamente nessuno) che “giudici e funzionari della legge deboli e inefficaci stanno permettendo che questo attacco sinistro alla nostra Nazione continui, un attacco così violento che non sarà mai dimenticato!”, in seguito alla decisione della Corte suprema di bloccare temporaneamente l’uso da parte di Trump di una legge del 18° secolo per espellere migranti venezuelani senza alcun processo. 

L’ordinanza ha sospeso, almeno temporaneamente, le espulsioni imminenti di migranti venezuelani, detenuti in Texas e accusati di appartenere a gang criminali, secondo quanto denunciato da organizzazioni per i diritti umani.

Samuel Alito, uno dei due giudici conservatori che si sono opposti al blocco, ha definito la decisione della maggioranza della Corte “giuridicamente discutibile”, scrivendo nel suo parere dissenziente che l’organo giuridico “ha emesso, letteralmente nel cuore della notte, un provvedimento di emergenza senza precedenti e giuridicamente incerto, senza ascoltare la parte contraria”. 

La decisione impedisce per ora al governo di continuare ad applicare la Alien Enemies Act del 1798, una legge invocata l’ultima volta per internare cittadini nippo-americani durante la Seconda guerra mondiale.

L’amministrazione Trump è in conflitto con giudici federali, associazioni per i diritti civili e democratici, che la accusano di calpestare i diritti costituzionali nel tentativo accelerato di espellere migranti, spesso senza la possibilità di un’udienza. “Siamo sempre più vicini a una crisi costituzionale”, ha dichiarato la senatrice democratica Amy Klobuchar alla Cnn, “Donald Trump ci sta trascinando nel fango di una crisi istituzionale”.