La prima traccia di un obbligo legale di raccolta differenziata in Italia si ha nel 1832 a Napoli, allora capitale del Regno delle Due Sicilie.
Un’ordinanza pubblica dell’epoca aveva imposto ai proprietari di edifici, agli affittuari e ai negozianti, tra gli altri, di pulire la strada di fronte alle loro proprietà ogni giorno prima dell’alba, di spazzare e di raccogliere i rifiuti.
Si chiedeva, inoltre, di separare i vetri presenti nella spazzatura. Lo scopo era quello di facilitare la raccolta dei rifiuti e di riciclare il vetro.
Gli sforzi per separare e riciclare i rifiuti a livello nazionale sono stati i più lenti a farsi notare. La prima legge nazionale sulla raccolta dei rifiuti è entrata in vigore solo nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, ma non era incentrata sulla separazione dei rifiuti.
Solo dopo che gli effetti negativi della produzione e del consumo di massa della plastica diventano evidenti, negli anni ‘70, sono stati fatti sforzi legali specifici per incoraggiare la differenziazione e il riciclaggio dei rifiuti.
Sono stati introdotti vari decreti e leggi, ad esempio nel 1982, nel 1988 e nel 2006 (l ’ultimo dei quali è ancora in vigore oggi, dopo una serie di revisioni).
Negli ultimi anni si è assistito a una nuova spinta a favore del riciclaggio, con cassonetti di colore diverso per la raccolta differenziata ormai diffusi in tutto il Paese.
L’Italia ha fatto grandi progressi negli ultimi due decenni: nel 2001 il 17,4% dei rifiuti è riciclato, nel 2021 questa cifra è salita al 64 per cento, raggiungendo quasi l’obiettivo stabilito per legge nel 2009 del 65% entro il 2012.
I progressi sono più lenti del previsto: nel 2012 il risultato effettivo è solo del 40 per cento.
Ci vuole tempo per cambiare le pratiche e le abitudini, mentre è anche necessario fornire ai cittadini le infrastrutture necessarie. Però i tempi dei grandi bidoni lasciati per strada per la raccolta generale di tutti i rifiuti sono ormai passati.
Se si considera la raccolta differenziata a livello regionale, c’è una grande differenza tra nord e sud.
Tra le regioni del Paese, l’Emilia-Romagna è in testa, molto più avanti di tutte le altre. Nel 2018, ogni abitante di questa regione è stato responsabile di 444 chilogrammi di rifiuti riciclati.
In fondo alla classifica c’è la Sicilia, il cui cittadino medio ha riciclato solo 136 chili all’anno.
Le ragioni di tale differenza sono ovviamente molteplici: migliori infrastrutture per gestire il riciclo, nonché maggiori consumi al nord, e una tendenza a gettare meno rifiuti al sud, cioè quello che non si butta, si conserva e si riusa.
A prescindere dalle differenze regionali, la tendenza nazionale a lungo termine è molto positiva ed è questo che conta per l’ambiente in Italia.