ROMA – La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto sapere, di essere “in contatto costante” con i ministri degli Esteri e della Difesa che stanno monitorando la situazione in Libano e Israele “minuto per minuto”. 

“Nell’immediato, il Governo è impegnato nella messa in sicurezza dei cittadini italiani e dei militari del contingente UNIFIL”, si legge nella nota di Palazzo Chigi dopo il vertice urgente convocato da Meloni in seguito agli attacchi iraniani su Israele e delle incursioni israeliane in Libano.   

“Il tavolo di Governo - si legge ancora - è stato convocato in forma permanente per monitorare costantemente l’evolversi della situazione e adottare tempestivamente le misure necessarie”. Ma serve un vertice “urgente”,  dopo che l’Iran ha iniziato ad attaccare, come promesso, Israele. Con i ministri e i vertici dei servizi, che stanno setacciando gli ambienti a rischio estremismo già da settimane per i riverberi che la crisi mediorientale potrebbe avere anche sulla sicurezza nazionale. 

“L’Italia continuerà a impegnarsi per una soluzione diplomatica, anche in qualità di presidente di turno del G7, per la stabilizzazione del confine israelo-libanese attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701. In questo quadro, l’Italia invita il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a prendere in considerazione un rafforzamento del mandato della missione Unifil al fine di assicurare la sicurezza del confine tra Israele e Libano in attuazione delle vigenti risoluzioni dell’Onu”, recita una nota di Palazzo Chigi. “E’ altrettanto urgente giungere ad un accordo per un cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi in linea con la risoluzione 2735”.  

In Libano ci sono circa tremila italiani che vorrebbero rimanere almeno finché sarà possibile. E oltre un migliaio di soldati impegnati con la missione Unifil - il contingente italiano più numeroso - che al momento restano al sicuro, nei bunker. Il contingente non dovrebbe essere spostato, almeno per ora (la decisione, in ogni caso, va presa coi partner internazionali). 

I “civili” e la “sicurezza” dei militari italiani sono “la priorità”, ha detto la premier, che ha sottolineato il “ruolo cruciale” dei soldati italiani e l’importanza della missione sotto l’egida delle Nazioni Unite anche in un colloquio con il primo ministro libanese Najib Mikati. 
Il governo intanto ha già stanziato “primi aiuti per la popolazione civile” che va messa nelle condizioni di ritornare al più presto alle proprie case”. 

“Si lavora per evitare l’escalation. Speriamo che il buon senso prevalga ma non è facile”, ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. I contatti con i Paesi dell’area si moltiplicano, compresi libanesi e israeliani, e anche le riflessioni sul ruolo della missione Unifil, come rivela Crosetto, mentre già c’è chi chiede, come alcuni esponenti leghisti, di “riportarli a casa” se venissero meno le condizioni di sicurezza.

Sulla “validità” della missione, ha spiegato il ministro italiano della Difesa, è in corso “una riflessione da più di sei mesi con l’Onu”, con “interlocuzioni quotidiane”. Le regole di ingaggio, è il ragionamento italiano, non hanno dato finora “i frutti auspicati”, mentre bisognerebbe dare “effettiva ed immediata attuazione alla risoluzione dell’Onu 1701, che prevede una fascia di territorio a sud del Litani ed a nord della ‘blue line’ in cui siano presenti solo le armi delle forze armate libanesi e di Unifil”.

La missione Onu comunque “non è obiettivo diretto degli attacchi”, aveva rassicurato Crosetto. In ogni caso restano pronti a scattare piani di evacuazione con navi ed aerei sia per i civili italiani rimasti in Libano che per i militari.

Le opposizioni, nel frattempo, chiedono all’esecutivo di “intensificare gli sforzi diplomatici” perché l’esercito israeliano si ritiri dal territorio libanese, come dice la segretaria dem Elly Schlein, perché “la sovranità territoriale non può essere violata e il diritto internazionale deve valere sempre”. E poi perché si arrivi a un “cessate il fuoco” in Libano e a Gaza che scongiuri un allargamento del conflitto “su larga scala”. I dem chiedono anche all’esecutivo di valutare “l’apertura di corridoi umanitari”.