ROMA - È previsto tra una settimana, il 17 aprile, l’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente americano Donald Trump.

Un incontro pieno di aspettative e che si pone un risultato non facilmente realizzabile, quello di convincere l’amministrazione americana che la soluzione migliore per tutti è la formula “zero per zero”, ovvero azzerare i dazi per evitare danni sia all’Unione Europea sia agli Stati Uniti.

“Dobbiamo lavorare con l’Unione Europea per definire un accordo positivo”, ha detto la Premier alle categorie produttive in allarme per le nuove tariffe commerciali, mettendo l’accento più volte, durante il suo discorso, sulla necessità di uno stretto raccordo con i 27 dopo che in questi ultimi giorni si sono fatti più intensi i contatti con Ursula von der Leyen.

La presidente della Commissione aveva già sottolineato che i buoni rapporti della premier italiana con Trump potevano essere utili in un momento in cui il negoziato Usa-Ue stenta a decollare. Le mosse andranno concordate e la Premier dovrà riferirne l’esito al suo rientro da Washington, perché è la Commissione ad avere il mandato a trattate per conto dell’Unione. 

Una scelta, quella di ancorare la sua azione a quella europea, che probabilmente non convincerà al 100% Matteo Salvini, che aveva perorato fino a ieri una trattativa tutta italiana. Da qui a giovedì della prossima settimana, la situazione potrebbe anche essere radicalmente diversa, considerata l’imprevedibilità dell’interlocutore. 

La grande incertezza di queste ore è il principale elemento che danneggia non solo la finanza, con le borse di mezzo mondo sull’ottovolante, ma anche l’economia. Ed è interesse comune venire a un accordo.

E, se Meloni sa che è molto difficile che Trump abbracci oggi la prospettiva di “azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti”, comunque accettare di sedersi davvero a un tavolo con l’Europa sarebbe considerato un successo. In parallelo, la Premier porterà avanti, come ha promesso alle imprese, anche la trattativa con Bruxelles, per allentare le maglie delle regole sugli aiuti di Stato in primis.

E anche per liberare risorse, senza impattare sui conti pubblici, dalla revisione del Pnrr e dei Fondi di coesione. 

La sua idea, infatti, sarebbe di recuperare 25 miliardi dalla revisione di risorse europee per far fronte all’emergenza dazi con misure di sostegno all’economia. Tra le pieghe del Pnrr, 14 miliardi “possono essere rimodulati per sostenere l’occupazione e aumentare l’efficienza della produttività”, ha spiegato la presidente del Consiglio, aggiungendo che, nell’ambito dei fondi per la coesione e dal Piano energia e clima “circa 11 miliardi di euro possono essere riprogrammati a favore delle imprese, dei lavoratori e dei settori che dovessero essere più colpiti”. 

“Alle categorie produttive, al mondo del Made in Italy e a tutte le organizzazioni datoriali e sindacali”, Meloni ha lanciato l’invito a “un nuovo patto, per fare fronte comune rispetto alla nuova delicata congiuntura economica che stiamo affrontando”.

“[La crisi innescata dai dazi può essere] un’occasione per rendere il nostro sistema economico più produttivo e competitivo”, ha provato a rassicurare Meloni.