MILANO - Paolo Pillitteri se ne è andato il giorno del suo ottantaquattresimo compleanno. E con lui si è chiusa un’era. Quella della Prima Repubblica, della “Milano da bere” e di una classe politica che è stata travolta dall’inchiesta di Mani Pulite all’inizio degli anni Novanta.

Ha amministrato di Milano dal 1986 al 1992 e, dopo una parentesi nel Psdi, é diventato esponente di spicco del Partito Socialista italiano negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, giornalista ed esperto di cinema. E soprattutto cognato di Bettino Craxi.  

Diceva di essere innamorato della città di cui è stato sindaco negli anni della “Milano da bere”. E anche quando aveva messo da parte la politica attiva, ha continuato sempre a seguirne le vicende, commentandole con l'ironia, suo tratto distintivo. 

“Ha avuto un'esistenza assai ricca, nel bene e nel male. Ed è ciò che più conta nel nostro passaggio terreno”, ha scritto il figlio Stefano, senza mancare di evidenziare che “poteva essergli risparmiato un decennio di persecuzione giudiziaria”, un riferimento alle indagini e alla condanna nell'inchiesta Mani Pulite.  

Anche Stefania Craxi, figlia di Bettino, lo ha ricordato come “l'uomo che spronava ad essere coraggiosi anche quando l'aggressione giudiziaria colpiva forte alle sue spalle”. 

A legare l'ex sindaco di Milano allo storico leader del Psi non era infatti solo la fede politica, ma anche la famiglia. Era cognato del leader socialista per aver spostato sua sorella Rosilde Craxi, da cui ha avuto i figli Stefano e Maria Vittoria.  

Pillitteri fu sempre legato a Bettino, anche dopo la sua caduta politica della quale soffrì molto, come ha ricordato Stefania, quando i magistrati come “ultima cattiveria” gli impedirono di partire per la Tunisia, dove Craxi aveva passato gli ultimi anni di vita, per il funerale. 

Classe 1940, l’ex sindaco era entrato a far parte della giunta di Milano nel 1970 come assessore alla Cultura, per poi passare all'Urbanistica. Venne eletto primo cittadino il 21 dicembre del 1986, succedendo a Carlo Tognoli alla guida di una giunta che vedeva l'alleanza con la Democrazia cristiana. Nel 1987 varò una fino ad allora inedita giunta di alleanza con Pci e Verdi. Tutti lo ricordano come il sindaco della “Milano da bere”, la città scintillante che era uscita dal periodo buio del terrorismo. 

Nel 1992 riceve l'avviso di garanzia per il reato di ricettazione, nell'ambito dell'inchiesta Mani Pulite, che di fatto mette fine alla sua cartiera politica, chiusa con una condanna a due anni e sei mesi nel 1996.  

Nel giorno della sua scomparsa, tutta la politica milanese lo ricorda, in particolare gli ex sindaci di Milano, Letizia Moratti, Giuliano Pisapia e quello attuale, Beppe Sala, ma anche il governatore lombardo Attilio Fontana e il presidente del Senato Ignazio La Russa.