NEW YORK - Un risultato che ridefinisce il panorama politico della Grande Mela: Zohran Kwame Mamdani, 34 anni, è il nuovo sindaco di New York. La sua vittoria corona una sorprendente ascesa dall’anonimato e regala alla sinistra radicale uno dei suoi trionfi più grandi, segnando la storia: New York avrà per la prima volta un sindaco musulmano.
Il candidato, che si definisce apertamente socialista, è nato in Uganda ed è diventato cittadino Usa solo nel 2018. Ha sconfitto il candidato indipendente Andrew Cuomo, ex governatore, che Mamdani aveva già battuto nelle primarie democratiche di giugno. Il trionfo è avvenuto nonostante gruppi esterni e miliardari abbiano speso cifre folli nelle fasi finali della corsa per tentare di fermarlo.
Salito sul palco del Brooklyn Paramount Theater poco prima di mezzanotte, Mamdani ha lanciato un discorso infuocato che ha acuito lo scontro all’interno del Partito Democratico. Non solo ha definito il presidente Donald Trump un “despota”, ma ha anche criticato aspramente la leadership del suo stesso partito, definendola corporativa e debole.
“Il mio mandato si baserà su una visione coraggiosa di ciò che realizzeremo, piuttosto che su una lista di scuse per ciò che siamo troppo timidi per tentare – ha promesso –. Ci siamo inchinati all’altare della cautela e abbiamo pagato un prezzo altissimo. Troppi lavoratori non riescono a riconoscersi nel nostro partito”.
Il suo discorso, che ha citato figure come l’icona socialista americana Eugene Debs e il primo premier indiano post-indipendenza Jawaharlal Nehru, lascerà costernati i centristi, ma, come osserva The Hill, l’affluenza alle urne record è a suo favore: ha superato i due milioni, la più alta degli ultimi 50 anni, prova che la sua politica ha acceso nuove speranze e attratto nuovi elettori.
La deputata Alexandria Ocasio-Cortez (Aoc), icona della sinistra del partito, ha celebrato la vittoria, che dimostra che i democratici possono vincere “trasmettendo un nuovo messaggio”.
Nato a Kampala, Uganda, nel 1991, Mamdani è figlio unico dell’accademico ugandese-indiano Mahmood Mamdani (docente di Scienze politiche alla Columbia University) e della regista di fama internazionale Mira Nair. Cresciuto in Sudafrica e poi nel quartiere multietnico di Astoria a New York, si è laureato in African Studies e ha iniziato la sua attività politica nel 2020, sostenuto dai movimenti sociali. Fino a oggi, era stato un deputato socialista dello Stato di New York, in rappresentanza del distretto del Queens.
Il fulcro del programma del neosindaco Zohran Mamdani è l’accessibilità economica e un drastico rafforzamento dei servizi sociali a New York. Le sue promesse principali disegnano una città radicalmente trasformata: ha assicurato ai newyorkesi assistenza all'infanzia gratuita per i bambini (fino a cinque, o sei, anni) e una rivoluzione nei trasporti con viaggi in autobus gratuiti e un potenziamento del servizio metropolitano.
Sul fronte abitativo, Mamdani ha promesso il blocco degli affitti per tutti gli appartamenti a canone stabilizzato. Per contrastare il caro vita, ha pianificato l’istituzione di un supermercato gestito dal governo in ciascuno dei cinque distretti e l’aumento del salario minimo a 30 dollari l’ora entro il 2030. A finanziare questo ambizioso piano non saranno i cittadini a basso reddito, ma i più abbienti: Mamdani ha promesso di aumentare l'aliquota dell’imposta sulle società per allinearla a quella del New Jersey e di incrementare del 2% l’aliquota dell'imposta sul reddito per chi guadagna almeno un milione di dollari l'anno.
Le parole più assertive e provocatorie hanno riguardato la politica internazionale. Mamdani ha definito le azioni di Israele a Gaza come un genocidio e, in qualità di sindaco, ha promesso di ordinare l’arresto di Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra.
Il trionfo della sinistra radicale a New York ha scatenato un allarme significativo tra la leadership democratica nazionale, la quale teme che le politiche estreme di Mamdani possano finire per essere percepite come emblematiche dell'’intero partito.
Questa preoccupazione è stata evidente nella distanza presa dai vertici: il leader della minoranza al Senato, Charles Schumer, ha clamorosamente evitato di appoggiare Mamdani e persino di rivelare per chi avesse votato, mentre il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries, ha offerto un sostegno tiepido solo il giorno prima del voto.
I centristi sono convinti che una linea così apertamente socialista condannerà il Partito Democratico a dolorose sconfitte a livello nazionale, al di fuori delle roccaforti progressiste come Manhattan e Brooklyn. Una tesi, questa, condivisa anche da Donald Trump, secondo il quale la vittoria di Mamdani si tradurrà direttamente in un vantaggio elettorale per il suo fronte nelle prossime competizioni.