ROMA – “Quelle persone scappavano da Paesi non sicuri, bisogna riportarle in Italia”: i giudici bocciano i centri di permanenza e rimpatrio appena inaugurati dal governo Meloni in Albania e le stanze già semivuote del centro di Gjader tornano ad essere nuovamente deserte.
Per i dodici migranti egiziani e bengalesi, entrati solo mercoledì scorso in quella struttura, è tempo di raccogliere di risalire a bordo di una nave militare italiana per la rotta inversa, stavolta diretti a Bari in un centro per richiedenti asilo. La sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il loro trattenimento nel Cpr ed è quanto basta per scatenare la rabbia dell’Esecutivo a partire dalla presidente del Consiglio che la definisce una decisione “pregiudiziale”.
Il governo intende comunque “andare avanti” annunciando ricorsi fino alla Cassazione. E il Pd promette: “Meloni vuole i pieni poteri, ma noi con le altre opposizioni ci opporremo con tutte le forze allo stravolgimento della nostra democrazia e dello stato di diritto”.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio è tranchant: la decisione del Tribunale di Roma sui migranti in Albania è “abnorme”. Ed è accompagnato da un avvertimento: “Se la magistratura esonda dai propri poteri attribuendosi delle prerogative che non può avere, come quella di definire uno Stato sicuro, deve intervenire la politica che esprime la volontà popolare”.
Il guardasigilli assicura che il governo non ha dichiarato guerra alla magistratura ma, visti i toni accesi delle ultime ore contro “le toghe politicizzate”, le opposizioni hanno buon gioco a sostenere il contrario. E attaccano anche la prossima mossa di Giorgia Meloni: un decreto legge da varare lunedì in Consiglio dei ministri per rendere norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri, e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco.
“Liberare” la giustizia dal “giogo delle correnti” è uno degli obiettivi del centrodestra, attraverso la separazione delle carriere dei magistrati, ora all’esame in commissione Affari costituzionali alla Camera. Tanto che sono state dirette le critiche, da più parti della maggioranza, a Silvia Albano, una dei giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma e presidente di Magistratura democratica.
Già a maggio, quando fu aggiornata la lista dei Paesi sicuri, Albano sottolineava come il decreto ministeriale fosse una fonte normativa secondaria, subordinata a Costituzione, leggi ordinarie e normativa Ue, e che quindi ai giudici spetti verificare se il Paese sicuro “possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”.
Esattamente quanto fatto - anche alla luce di una recente sentenza della Corte di giustizia Ue - per i casi dei 12 richiedenti asilo portati mercoledì in Albania, e poi nel primo pomeriggio spostati con una motovedetta a Bari. Per il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia è “solo l’applicazione di norme cogenti non solo per i magistrati ma per gli Stati. Lo saranno anche per il governo nel momento in cui - come è stato annunciato - si appresta a trovare nuove soluzioni”.
Secondo Meloni questa impostazione “pregiudiziale” impedisce una “politica di difesa dei confini”. “Non indietreggiamo”, è la linea nel suo partito. La risposta del governo sarà appunto un decreto legge, che riguarda non solo l’indicazione dei Paesi sicuri ma probabilmente anche una revisione dell’esame delle domande di asilo e dei meccanismi dei ricorsi.
Proprio venerdì il Consiglio europeo aveva discusso proprio sul tema dei migranti, compreso il caso Albania-Italia. I leader Ue hanno chiesto alla Commissione europea di presentare “una nuova proposta legislativa con urgenza” sui rimpatri. “Il Consiglio europeo - si legge nelle conclusioni del vertice - chiede un’azione determinata a tutti i livelli per facilitare, aumentare e accelerare i rimpatri dall’Unione europea, utilizzando tutte le politiche, gli strumenti e i mezzi pertinenti dell’Ue, tra cui diplomazia, sviluppo, commercio e visti”. “Dovrebbero inoltre essere considerate vie innovative per contrastare la migrazione irregolare, in linea con la legge Ue e internazionale”, aggiungono i leader.
Sul modello Italia-Albania, si sono viste opinioni discordanti tra i capi di Stato. “La nostra posizione è chiara: non siamo a favore di queste formule” come quella del modello Albania “che non affrontano i problemi e ne creano altri: siamo per una visione più ampia, a favore della collaborazione con i Paesi di origine, a favore dell’immigrazione regolare”, ha detto lo spagnolo Pedro Sanchez.