Da sempre l’uomo sogna di mettere le mani sulla mitica pietra filosofale capace di trasformare materiali comuni in oro creando ricchezza infinita.
Oggi, in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale prende sempre più piede, la fantasia degli alchimisti sembra divenire realtà. Marathon Fusion, start-up americana fondata da Adam Rutkowski, ex ingegnere di SpaceX, e Kyle Schiller vuole fare proprio questo: trasformare il mercurio in oro sfruttando l’energia nucleare. L’idea, affascinante e un po’ folle, ha già attirato l’attenzione della stampa internazionale e degli esperti del settore.
Ahmed Diallo, fisico del Dipartimento dell’Energia di Princeton, ha dichiarato che il progetto è “strabiliante e sulla carta sembra fantastico”. Il principio teorico è semplice: usare i neutroni prodotti durante la fusione per alterare la struttura atomica del mercurio e tramutarlo in oro.
Nel pratico tutto questo richiede condizioni estreme, costi elevati e risultati ancora incerti. Una mezza magia scientifica insomma, che per ora assomiglia più a una suggestione che a un piano industriale concreto. Se però l’oro diventasse davvero facilmente producibile in grandi quantità in un laboratorio – e qui ci rendiamo conto che il ‘se’ è grande come l’intera storia dell’umanità – cosa succederebbe? Il suo controvalore crollerebbe, come ogni volta che qualcosa di scarso diventa abbondante.
L’economia mondiale si troverebbe a rompere la sua millenaria dipendenza dal più nobile dei metalli rendendo necessario un nuovo bene rifugio, un asset stabile, raro e difficilmente replicabile che mantenga valore anche in tempi di crisi. Potremmo allora assistere a una corsa verso materie prime critiche come il platino o il palladio, almeno fino all’intervento di altri scienziati capaci di sviluppare altri strumenti rivoluzionari in grado di riprodurre artificialmente anche questi elementi. Ed ecco allora che il candidato più credibile diventerebbe Bitcoin.
A differenza dell’oro fisico, Bitcoin è stato progettato per essere limitato e immutabile. Il numero totale di monete in circolazione è fissato a 21 milioni, un tetto invalicabile scritto in maniera insindacabile e inalterabile nel suo stesso codice. Nessuna fusione nucleare, nessun esperimento (fanta)scientifico potrà mai crearne di nuovi.
Ed è proprio questa scarsità matematica, trasparente e verificabile, che già lo rende appetibile come asset rifugio alternativo e che, nel nostro semi-fantasioso esempio, lo rende come unica alternativa possibile all’oro. Non a caso, in questi anni, sempre più investitori istituzionali hanno cominciato a trattarlo come una sorta di oro digitale, soprattutto nei momenti di turbolenza economica o di inflazione crescente come quello in cui ci troviamo. Qualora l’oro dovesse perdere il proprio status, Bitcoin si configurerebbe come l’unico punto di riferimento per coloro che ricercano stabilità. Sino ad oggi è stato apprezzato principalmente da visionari e da chi ne ha intuito l’enorme potenziale, ma, con il trascorrere del tempo, il numero di coloro che ne riconoscono il valore cresce costantemente.
Tra questi anche un grosso nome dell’industria bancaria di cui vi racconteremo nella prossima uscita. Una cosa è certa: Satoshi Nakamoto, l’inventore di Bitcoin, è da considerarsi a tutti gli effetti il Re Mida dell’era digitale. Ha saputo creare dal nulla la scarsità digitale, il bene più prezioso al mondo.
Questo articolo contiene opinioni personali dell’autore che non devono costituire la base per prendere decisioni di investimento. Ricordiamo che l’intento di questa rubrica non è quello di dare consigli finanziari, ma semplicemente analizzare il mondo delle criptovalute per renderlo accessibile a tutti.