WELLINGTON - L’incidente, definito il peggior disastro marittimo in tempo di pace della Nuova Zelanda, era avvenuto lo scorso ottobre durante una tempesta. La nave del valore stimato di 147 milioni di dollari neozelandesi (133 milioni australiani) era affondata, ma tutti i 75 membri dell’equipaggio erano riusciti a raggiungere la terraferma dopo una rischiosa evacuazione notturna.

Il Capo della Marina, il contrammiraglio Garin Golding, ha ordinato l’inchiesta, che ha evidenziato una serie di errori umani.

“L’equipaggio non si è accorto che la Manawanui era ancora in pilota automatico, credendo erroneamente che la mancanza di risposta ai cambi di direzione fosse dovuta a un guasto del sistema di propulsione”, ha spiegato Golding.

Le procedure standard avrebbero dovuto portare l’equipaggio a verificare se la nave fosse sotto controllo manuale. Tuttavia, questa verifica non è stata effettuata, portando la nave a mantenere la rotta verso la costa fino a incagliarsi.

Il 5 ottobre, la nave si era arenata mentre svolgeva operazioni di rilevamento. La comandante Yvonne Gray aveva ordinato l’evacuazione mezz’ora dopo.

L’intero equipaggio era riuscito a raggiungere la costa in circa cinque ore con zattere di salvataggio, grazie anche all’aiuto di pescatori locali. Poco il vascello militare aveva preso fuoco, inabissandosi la mattina del 6 ottobre.

Golding si è assunto la responsabilità dell’incidente, ordinando controlli su tutte le otto navi della flotta neozelandese. L’incidente ha suscitato scuse ufficiali da parte del Primo Ministro Chris Luxon a Samoa, ex colonia neozelandese. Il governo ha promesso un’operazione di recupero del relitto.