Piano piano, forse, ci arriva anche Chris Bowen: la Commissione a difesa dei consumatori e della concorrenza (ACCC) ha ‘avvisato’ che le riserve di gas sulla costa orientale del Continente stanno velocemente deteriorando, con il rischio di una insufficienza degli approvvigionamenti già nel quarto trimestre di quest’anno se il Queensland continuerà ad esportare tutto il gas liquido prodotto (non limitandosi quindi ai contratti già stipulati).
Il ministro dell’Energia e dei Cambiamenti climatici ha così annunciato che nuovi progetti di esplorazione ed estrazione di gas saranno vincolati alla garanzia di fornire approvvigionamento al mercato interno, nell’ambito di una revisione completa delle normative del settore da parte del governo Albanese.
Bowen è stato costretto ad arrendersi, almeno un po’, all’evidenza di un problema da lui stesso creato nella sua corsa a testa bassa verso le energie rinnovabili.
Ben venga quindi l’annunciata revisione (Gas Market Review) dei meccanismi progettati per la decarbonizzazione del paese, per garantire che il gas australiano sia disponibile agli utenti australiani e, possibilmente, a prezzi ragionevoli.
Il ministro, ammettendo che l’opzione dell’idrogeno verde sta affrontando serie difficoltà dopo la recentissima cancellazione di un altro grande progetto, da 12,5 miliardi di dollari in Queensland, ha ammesso, a denti stretti, che è cruciale garantire maggiori forniture di gas “durante la transizione verso le rinnovabili”. Non ha, invece, ancora ammesso che nuove difficoltà stanno sorgendo anche per ciò che riguarda i progetti per impianti eolici al largo delle coste del Victoria e del New South Wales, con l’azienda spagnola BlueFloat e quella norvegese Equinor, che stanno valutando i loro investimenti in Australia. La prima sta incontrando forti ritardi per l’inizio dei lavori già commissionati nell’area del Gippsland e potrebbe decidere di cedere il contratto, complicando ulteriormente il piano del governo statale di chiudere entro il 2028 la centrale di carbone di Yallourn. Nella migliore delle ipotesi sembra, infatti, che l’impianto offshore VNI West non sarà comunque pronto entro nel 2028, ma nel 2030. Due anni di vuoto nel processo di transizione da ‘coprire’ in qualche modo per ciò che riguarda le necessità energetiche dello Stato.
Per ciò che riguarda l’azienda norvegese, invece, la rinuncia riguarderebbe lo sviluppo di un impianto nel NSW per difficoltà burocratiche, la forte opposizione locale e i costi preventivati che stanno lievitando ancora prima che siano finalizzate le licenze per procedere con il progetto.
Un cambio di passo forzato, quindi, per il governo con la possibilità di seguire, sul fronte del gas, quella che era stata una delle poche proposte della Coalizione durante la recente campagna elettorale: di attuare, cioè, un progetto di ‘riserva nazionale di gas’ per il fabbisogno interno per gli Stati della costa orientale, come è già stato fatto dal governo del Western Australia per il proprio Stato.
Il ministro dell’Energia ha assicurato però che, al contrario di quanto aveva proposto Dutton, non si torna indietro, ma si guarda avanti e si comincerà a ‘risparmiare e garantire’ solo una volta che saranno intraprese nuove esplorazioni e sarà aumentata quindi la produzione e che non ci siano quindi impatti sui contratti già stipulati con acquirenti esteri.
“È importante che, se c’è una nuova fornitura, gli australiani abbiano la possibilità di accedervi,” ha detto Bowen. “Una nuova fornitura destinata esclusivamente all’esportazione non aiuterà i bisogni di gas domestico”, ha continuato il ministro, che non demorde sul futuro dell’idrogeno verde: “Il gas sarà fondamentale nel prossimo decennio per alimentare l’industria pesante”, ha detto, assicurando però di rimanere ottimista sul ruolo che avrà, specie in questo settore, l’alternativa dell’idrogeno, nonostante il fallimento del progetto di Gladstone che è andato a sommarsi a quelli già sospesi o cancellati, con oltre 100 miliardi di dollari di investimenti mancati.
Bowen, come in altre occasioni, non accetta quindi l’idea di un ripensamento di alcun tipo: “L’idrogeno verde resta fondamentale per il percorso di decarbonizzazione, e resta un dato di fatto che ci sono relativamente pochi paesi nel mondo – l’Australia e alcuni in Medio Oriente, principalmente – che hanno la capacità di sviluppare un’industria sostanziale di idrogeno verde per l’esportazione. È un’opportunità straordinaria per il nostro paese.”
Frenate mai ammesse e complicazioni varie che il ministro continua a minimizzare: la revisione del gas – che sarà pubblicata entro la fine dell’anno – comunque esaminerà le politiche esistenti per incoraggiare i produttori a vendere localmente a prezzi competitivi, compreso il meccanismo inutilizzato del governo Turnbull sulla sicurezza del gas domestico, che dà al ministro responsabile del settore delle risorse naturali il potere di obbligare i produttori a deviare l’offerta verso il mercato interno in caso di previsioni di carenza. Sotto esame anche il codice di condotta del settore (che prevede di offrire gas al mercato interno con un prezzo massimo di 12 dollari per gigajoule) e l’accordo quadro del 2022 che prevede addirittura che i produttori di GNL forniscano gas non contrattualizzato al mercato interno prima di esportarlo.
La revisione analizzerà come il settore possa contribuire a soddisfare “gli obblighi legislativi di riduzione delle emissioni per garantire la sicurezza energetica mentre l’Australia e i suoi principali partner commerciali si avviano verso l’obiettivo zero di emissioni nette” per il 2050.
“Oltre a rivedere questi meccanismi esistenti, il governo valuterà opzioni per consolidare e semplificare le normative e creare un ambiente regolatorio stabile e a lungo termine a sostegno della certezza degli investimenti,” si legge nel documento di consultazione sulla revisione del mercato del gas.
La direttrice dell’Australian Energy Producers, Samantha McCulloch, ha affermato che la revisione dovrebbe concentrarsi sull’attivazione di una nuova offerta tramite la semplificazione delle normative e il “ripristino dei segnali di mercato” perché “il gas naturale giocherà un ruolo critico nel mix energetico australiano per decenni”. “Il mercato del gas della costa orientale – ha dichiarato - deve essere adeguato per sostenere continui investimenti nelle nostre abbondanti risorse ed evitare carenze di approvvigionamento”.
Sulla stessa linea di pensiero il direttore dell’Australian Industry Group, Innes Willox, che ha sostenuto che la revisione non dovrebbe lasciare “niente di intentato per garantire l’estrazione, la distribuzione e la fornitura continue man mano che il nostro mix energetico evolve”.
Un messaggio ben preciso quello della ACCC che ha sottolineato che le prospettive a breve termine per l’offerta di gas sono peggiorate da dicembre 2024, con un possibile deficit entro la fine dell’anno se i produttori di GNL continueranno ad esportare tutto il gas non contrattualizzato, con un ulteriore peggioramento per tutto l’arco del 2026.
Inviti quindi, sia dall’ente di controllo che dei produttori ad agire, che Bowen ha raccolto perché non poteva fare altro: la revisione è un atto dovuto, ma ancora più dovuto, e tutto da vedere, un intervento correttivo del ministro e del governo anche nei confronti del Victoria, direttamente interessato ai rischi di una domanda che supera l’offerta, ma vincolato da un’ostinata opposizione a qualsiasi nuova esplorazione e sviluppo di risorse nello Stretto di Bass, oltre alla moratoria di quattro anni sulla tecnica estrattiva della fratturazione idraulica.
Il tema ovviamente è di primissimo piano e il governo federale è sempre più consapevole che esiste un problema sulla costa orientale del Continente, con una quasi totale dipendenza dei due maggiori Stati (NSW e Victoria) dalla produzione di gas del Queensland. Indispensabile quindi trovare il giusto equilibrio tra l’approvazione di nuovi permessi di esplorazione e il contenimento al tempo stesso della produzione per mantenere la barra dritta sugli obiettivi delle emissioni zero del 2050.
Una gestione, insomma, di sviluppo sostenibile senza perdere di vista l’importanza di continuare ad investire in tecnologie rinnovabili. Dialogo continuo e anche qualche passo indietro, se necessario, sicuramente opportuni: Bowen, ma anche il governo Allan sono stati ampiamente informati al riguardo dei rischi di ambizioni superiori a quello che si può veramente fare nell’interesse di tutti.