SYDNEY – Rocco Leone ha 34 anni, insegna italiano al St Augustine’s College di Brookvale e appartiene alla seconda generazione di italiani in Australia. Figlio di genitori calabresi, il padre nato in Italia e la madre in Australia, ma di origine calabrese, Rocco è cresciuto parlando il dialetto in casa, convinto da bambino che fosse italiano.
Solo con il primo viaggio in Italia ha scoperto la distanza tra il dialetto e la lingua ufficiale, un’esperienza che ha segnato profondamente il suo percorso linguistico e personale.
“Ho parlato solo dialetto fino ai cinque anni - ha raccontato - e quando siamo tornati in Italia nel 1999, mi sono reso conto che non sapevo parlare italiano: dicevo ‘undi’ invece di ‘dove’, e confondevo molte parole”.
Questa consapevolezza lo ha spinto a studiare formalmente l’italiano durante gli anni universitari, affiancando un diploma di Lingue al corso di laurea in Media e Comunicazione. Ha anche partecipato a un programma estivo a Bologna nel 2011, viaggiando poi per tutto il Paese.
“Roma è la mia città preferita, per la sua energia e la sua storia. Ma anche la focaccia al pesto delle Cinque Terre ha lasciato il segno”, ha scherzato mostrando un amore viscerale anche per la cucina italiana.
Oggi, insegna italiano a studenti degli Anni dal 6 al 12 in una scuola maschile. “Abbiamo tre insegnanti di italiano e ottimi numeri in tutte le classi - ha spiegato -. Mi ha colpito da subito quanto fossero motivati anche i ragazzi che non hanno origini italiane. La lingua italiana qui viene scelta da studenti con background diversissimi”. Le sue lezioni vanno ben oltre la grammatica: cucina, arte, incursioni culturali e tecnologia fanno parte integrante del programma.
“Abbiamo portato in classe esperti di cucina come Piatto Perfetto, organizziamo laboratori utilizzando i giornali, studiando i monumenti, e ascoltando la musica italiana. Gli studenti girano anche dei video con sottotitoli e musica in italiano”, ha continuato, descrivendo le attività scolastiche, tutte improntate sull’insegnamento attraverso il divertimento e la varietà delle tematiche trattate.
Un aspetto centrale del successo del dipartimento è la relazione tra insegnanti e alunni: “Il nostro approccio è molto contemporaneo e il rapporto umano è al centro di tutto. I ragazzi mi dicono spesso che l’italiano è la loro materia preferita. A volte cammino nei corridoi e mi chiedono: ‘Sir, abbiamo italiano oggi?’”, ha raccontato Rocco con grande soddisfazione.
Nel suo metodo convivono rigore e creatività, valutazioni formali e osservazioni continue, un uso consapevole delle tecnologie e una cura quasi artigianale nella creazione dei materiali didattici.
“Usiamo colori, emoji, font coinvolgenti, tutto ciò che può rendere l’apprendimento visivamente stimolante. Vogliamo che i ragazzi siano fieri del loro lavoro e del loro ambiente”, ha spiegato sottolineando l’importanza di fornire agli studenti strumenti sempre aggiornati e stimolanti. Per Rocco, insegnare italiano è anche un modo per restituire qualcosa alla comunità, mantenere viva un’eredità, tra persone e culture: “La lingua italiana mi ha dato un modo per entrare in contatto con le mie radici e, più in generale, con il mondo. Potersi confrontare con persone che, anche a chilometri di distanza, sono parte di quello che sei e del tuo modo di affrontare la vita, non ha prezzo. Ed è questo che cerco di trasmettere ai miei studenti ogni giorno”, ha concluso.
Un invito a riconoscere ogni giorno la bellezza e il valore della diversità, specialmente in una comunità multiculturale come quella del New South Wales.