Il suo monologo è stato, senza alcun dubbio, il momento più emozionante della prima serata all’Ariston. La giornalista e scrittrice Rula Jebreal è riuscita davvero a mettere il punto alle polemiche attorno alla sua partecipazione al ‘Festival di Sanremo 2020’, sorprendendo tutti con il racconto della sua storia personale e familiare.

“Sono stata scelta stasera per celebrare la musica e le donne, ma sono qui per parlare delle cose di cui è necessario parlare. Certo, ho messo un bel vestito. Domani chiedetevi al bar: ‘Com’era vestita Rula?’. Che non si chieda mai più, però, a una donna che è stata stuprata: ‘Com’era vestita, lei, quella notte?’ – ha dichiarato Rula durante il suo intervento –. Parlo agli uomini, adesso. Lasciateci libere di essere ciò che vogliamo essere: madri di dieci figli e madri di nessuno, casalinghe e carrieriste, madonne e p..., lasciateci fare quello che vogliamo del nostro corpo e ribellatevi insieme a noi, quando qualcuno ci dice cosa dobbiamo farne. Siate nostri complici”.

Non è stato semplice per lei portare sul palcoscenico quel dialogo che fino a poco tempo fa non era nemmeno capace di tradurre su carta. Eppure, le sue parole, recitate con le lacrime agli occhi, hanno colpito dritto ai nostri cuori perché Rula ha vissuto quella violenza proprio sulla sua pelle. E l’ha vissuta sua mamma che non ce l'ha fatta ed è morta suicida dopo anni di soprusi.

“La musica è da sempre la vera protagonista di ‘Sanremo’, ma quest’anno abbiamo voluto celebrare le donne – ha spiegato Jebreal –. Ho cercato di parlare al cuore degli italiani e di mettere al centro dell’attenzione un’emergenza nazionale. Spero che le donne siano sempre protagoniste di ogni  prestazione culturale, perché i veri cambiamenti accadono anche, e forse soprattutto, attraverso la cultura”.

Il suo monologo, infatti, presentava alcuni riferimenti alle canzoni italiane più famose, da La cura di Franco Battiato a La donna cannone di Francesco De Gregori, e ha dimostrato che, più di Amadeus, più di Fiorello o di qualsiasi canzone in gara, è giusto che la reale protagonista sia stata lei.

Il suo, però, non è un volto nuovo della televisione italiana, anche se decisamente meno inflazionato di tanti altri. Nata ad Haifa, in Israele, la giornalista 46enne è figlia dell’Imam della moschea di al-Aqsa, la più grande di Gerusalemme. È cresciuta in collegio dopo il suicidio della madre a soli cinque anni, ma la sua storia in Italia è iniziata con una borsa di studio che le ha permesso di completare gli studi all’Università di Bologna nei primi anni ‘90, per poi cominciare a collaborare con varie testate giornalistiche televisive, prima a La7 e poi con Michele Santoro ad AnnoZero su Rai2. Le due esperienze – universitaria e professionale – le hanno permesso di entrare in contatto con la cultura e la lingua italiana: “Quando ho cominciato gli studi a Bologna, parlavo già tre lingue – arabo, ebraico e inglese –, e imparare l’italiano non è stato difficilissimo. Temo però di aver sviluppato ormai un po’ di accento americano poiché da dieci anni vivo tra Italia e Stati Uniti”, ha raccontato la giornalista.

Da sempre, Rula Jebreal è in prima linea nella lotta contro la violenza sulle donne, vissuta proprio attraverso gli occhi di sua mamma; difatti, molto spesso le sue idee hanno scatenato polemiche e diviso l'opinione pubblica. Ma al di là di qualsiasi vicenda politica, credo fortemente che il suo instancabile contributo nell’ambito della campagna internazionale contro la violenza e verso un'uguaglianza di genere possa essere di grande stimolo per tutti: la sua sensibilità, derivata dalle sue esperienze personali, racconta ciò che a molti risulta impossibile riuscire a trasmettere. Inoltre, metà del compenso ricevuto dalla partecipazione al ‘Festival della canzone italiana’ – ben 25mila euro – sarà destinato all’attività umanitaria di Nadia Murad, premio Nobel per la Pace 2018, vittima di uno stupro.

L’istruzione, per Rula, non deve far solo riferimento all’alfabetismo, ma anche alla possibilità di dare alle donne il potere che meritano: “Dobbiamo esser presenti ai tavoli delle trattative internazionali e decidere del nostro futuro. Alle giovani donne d’Australia e di tutto il mondo voglio dire, come scrisse la poetessa americana Maya Angelou, siate le uniche protagoniste del vostro destino. Scrivete voi le regole e siate libere. E se avete un po’ di potere, liberate anche altre donne. Io vivo ogni giorno pensando a queste parole”.