DAMASCO - La guerra civile siriana è un caleidoscopio di violenza: geometrie mutevoli di fazioni politiche, religiose o tribali che rispondono a logiche interne oppure a interessi stranieri.

Lo tsunami mediorientale seguito al 7 ottobre 2023 sembra spazzar via un’altra decennale certezza: la tenuta del sistema di potere siriano, incarnato dal presidente siriano Bashar al Assad e per anni puntellato dagli sforzi militari e diplomatici di Iran e Russia. L’onda anomala sollevatasi nel remoto nord-ovest siriano, controllato da forze jihadiste clienti della Turchia, sta travolgendo le principali città, a partire da Aleppo, minacciando proprio la stabilità del regime.

Migliaia di civili sono già in fuga dal conflitto e l’Onu ha avviato l’evacuazione del personale da Aleppo, caduta appunto nelle mani dei ribelli, mentre la Farnesina ha rassicurato sulle condizioni dei circa 300 italiani segnalati nel Paese mediorientale. Di questi, 120 sono censiti proprio ad Aleppo e  saranno evacuati nelle prossime ore verso Damasco, dove li attende l’ambasciatore Stefano Ravagnan, insediatosi nella capitale siriana solo pochi giorni fa.

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha fatto sapere che ad Aleppo hanno deciso invece di restare solo alcuni gruppi familiari italo-siriani e pochissimi religiosi italiani.

“Al momento, non ci sono pericoli per i nostri connazionali anche perché i ribelli hanno detto chiaramente che non toccheranno e non faranno operazioni ostili nei confronti dei civili, degli stranieri e anche dei cristiani”, ha dichiarato il vicepremier.

L’offensiva, cominciata solo tre giorni fa, ha investito prima le campagne a ovest di Aleppo e poi l’intera metropoli siriana, conquistata totalmente nella notte e nelle prime ore di sabato scorso. Le forze governative sono crollate in tutte le loro basi lasciando sguarniti gli aeroporti militari di Kuwairis, Abu Dhuhur, Nayrab e persino l’aeroporto internazionale di Aleppo, mai caduto nelle mani di insorti dall’inizio della guerra più di 13 anni fa.

Le forse jihadiste, guidate da Ankara, hanno proseguito verso Sud, entrando nella regione di Idlib e nell’area centrale di Hama.

E mentre da Aleppo giungevano notizie dell’uccisione di almeno 20 persone, in un raid aereo attribuito all’aviazione governativa o russa, l’offensiva jihadista ha raggiunto anche la periferia di Homs, a cento chilometri a Nord della capitale.

L’agenzia governativa di stampa Sana ha smesso di inviare notizie, così come numerosi siti media, indizi che portano a un unico scenario impensabile, ancora voce non confermata: un golpe ai danni di Bashar al Assad, secondo alcuni media da giorni fuggito in Russia, a Mosca, secondo altri rintanato in un bunker del palazzo presidenziale a Damasco.

In questo clima, è atteso nella capitale siriana il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi.