Tra le meraviglie storiche e paesaggistiche della Calabria, esistono anche voci e melodie che raccontano l’anima popolare della sua terra. E sono proprio queste vibrazioni profonde, i suoni mediterranei intrisi di passione e memoria, a costituire il cuore pulsante della serata organizzata, lo scorso 30 aprile, dall’Australian Calabrese Cultural Association (ACCA) presso lo University Cafe, nel cuore di Carlton.
Un evento intimo e coinvolgente, dedicato interamente alla ricchezza culturale della Calabria, reso indimenticabile dall’esibizione di Fulvio Cama e dei suoi compagni di viaggio, Gino Mattiani e Mimmo Soldano, nel tour Medi-Oceania.
“Si chiama così – ha esordito Cama –, perché è una contaminazione tra Mediterraneo e Oceania: le tradizioni dei miei antenati si riflettono sorprendentemente in quelle degli aborigeni australiani. L’amore per la terra, il rispetto per gli antenati, il senso di appartenenza: valori comuni che uniscono più di quanto si creda”.
La serata si è sviluppata come un vero e proprio viaggio storico-musicale, dalle pendici dell’Aspromonte fino ai confini della Calabria, attraversando idealmente anche la Sicilia e l’intero Sud Italia. Protagonisti di questo racconto sono i cuntastorie, figure centrali nella tradizione orale calabrese: narratori senza musica, affabulatori e giullari, custodi di una memoria che resiste al tempo. Con loro in mente, Cama ha aperto il concerto con Calabrisella mia, un’iconica serenata scritta da un siciliano innamorato di una donna calabrese.
L’artista ha guidato poi il pubblico in un’affascinante esplorazione degli strumenti tradizionali del Sud Italia, rivelando segreti e radici antichissime. Tra questi, la lira calabrese, madre di tutti gli strumenti ad arco, nata da un unico pezzo di legno scavato all’interno e corde di budello. “È grazie a questo strumento che, nell’VIII secolo, i monaci bizantini portarono in Calabria l’archetto, dando vita a una nuova forma musicale”.
“Il mio è un percorso Sui generis – ha raccontato Cama –. Ho iniziato con la musica classica; poi ho sentito il richiamo della terra, delle radici. Tornare alla semplicità è necessario in un’epoca in cui si corre, spesso, senza meta. Bisogna guardare a ciò che ci unisce, non a ciò che ci divide”.
Uno dei suoi strumenti preferiti è la zumbettana, tubo ricavato dai polloni d’ulivo, che emette un suono continuo simile al didgeridoo australiano. “Strumenti in comune, culture lontane, ma in fondo collegate da una spiritualità simile”, ha aggiunto il musicista. Ne ha dimostrato le affinità anche con lo scacciapensieri o ‘marranzano’, strumento a bocca che si suona attraverso la respirazione circolare.
Il musicista, originario di Reggio Calabria, ha evidenziato anche il legame profondo tra Calabria e Sicilia: “Lo Stretto non divide, ma unisce. Cultura, lingua, musica. È tutto condiviso”.
Con passione ed entusiasmo, Cama ha riflettuto sull’importanza della memoria culturale: “Il popolo italiano è il più bello del mondo. Ho sempre sognato l’Australia, una terra lontana, ma affine. Gli aborigeni, come noi, sono sognatori. Il culto della madre terra, la difesa della propria identità: anche noi, pur invasi da greci, romani, bizantini, normanni e tanti altri, abbiamo saputo resistere. Nessuno ha cancellato la nostra cultura: è tutto merito della nostra testardaggine”.
Tra gli strumenti presentati, uno in particolare ha accompagnato un momento di grande suggestione: un brano dedicato a un’ospite greca presente in sala. Cama ha così introdotto un piccolo strumento, semplice, antichissimo: un guscio con parti di metallo usato per intonare un canto che attraversa i millenni. “Con questo strumento – ha raccontato – eseguo uno dei canti più antichi della civiltà greca, l’Epitaffio di Sicilo, risalente al II o III secolo a.C.”.
Il musicista ne ha quindi spiegato l’origine: “Sicilo era un greco e incise il testo e le note di un canto direttamente sulla pietra della sua tomba, lasciando così non solo parole, ma anche musica per l’eternità. È uno dei primissimi spartiti musicali conosciuti al mondo. Il messaggio che ci ha lasciato è breve ma potentissimo: ‘Finché vivi, splendi. La vita è breve, e il tempo chiede il suo tributo’”.
Cama ha sottolineato la straordinarietà di questo gesto, che unisce parola e suono, vita e memoria. “Pensateci: quest’uomo non si è limitato a scrivere un epitaffio; ha inciso le note musicali di un canto funebre. E, oggi, a distanza di più di duemila anni, noi possiamo ancora ascoltarlo. È qualcosa di incredibile”.
E con delicatezza, attraverso lo strumento antico e il respiro sapiente, Cama ha dato vita a quelle note perdute nel tempo. Il pubblico ha ascoltato in silenzio. Quelle parole scolpite nella pietra hanno vibrato nell’aria, rendendo tangibile la connessione tra passato e presente, tra civiltà antiche e l’umanità contemporanea.
La serata si è chiusa con il brano Amuri Amuri, in memoria del cantautore Otello Profazio, e con una composizione originale di Cama, Stretto-tango, un tango ispirato allo stretto di Messina, simbolo di unione tra le due sponde. Particolarmente apprezzato il duetto con Elvira Andreoli, che ha aggiunto un tocco teatrale e poetico all’esibizione.
Durante i saluti finali, sono stati ringraziati Pina Cataldi, direttrice artistica, e Raffaele Cotroneo, uno degli organizzatori, insieme a tanti altri sostenitori della serata.
Tra gli ospiti, Loretta Falvo, originaria di Schio (provincia di Vicenza), ha espresso il suo entusiasmo per l’evento: “Ho sposato un uomo calabrese, Antonio Falvo. Amo la musica, la compagnia. Sono stata in Calabria due volte, ma vorrei scoprirla di più. Questa serata è stata un’esperienza bellissima”.
Pat (Pasquale) Rocca, presidente dell’ACCA, originario di Nicastro (provincia di Catanzaro), ha spiegato l’impegno richiesto dietro all’evento: “Ci sono volute circa sei settimane di preparativi. Avevamo conosciuto Fulvio durante le nostre conferenze in Italia nel 2023. Quando abbiamo saputo che era tornato a Melbourne, lo abbiamo voluto con noi. Per molti, questa musica rappresenta l’infanzia, i ricordi delle mamme che ascoltavano la radio o cantavano. Sono memorie che non si cancellano; anzi, ci riconnettono alle nostre radici, anche per chi è nato qui, Down Under”.
Dal 2017, l’ACCA si impegna a promuovere e difendere la cultura calabrese all’estero, combattendo stereotipi e pregiudizi. “Da sei anni organizziamo il riconoscimento ‘Calabrese of the Year’, per dare visibilità alle eccellenze della nostra comunità. Quest’anno, nel 2025, sarà premiata una figura molto nota nel mondo dello sport, residente a Melbourne. Lo annunceremo il 24 ottobre. A settembre, invece, saremo in Calabria per una nuova conferenza”.
Con grande soddisfazione dei partecipanti, si è conlusa una serata che ha unito Mediterraneo e Oceania. Un fiume di musica e memoria che continua a raccontare, da un continente all’altro, la bellezza tenace della cultura calabrese.