Nato a Sanremo, classe ’57, ha saputo vivere mille vite in una: Danilo Sidari, dopo quasi 25 anni all’Istituto Italiano di Cultura di Sydney, è pronto a godersi la pensione, ma chi lo conosce sa che la sua vera passione è sempre stata raccontare storie, con parole, musica e tanta ironia.
Dopo una festa d’“addio” nella sede dell’Istituto la settimana scorsa, tirando un pò le somme, racconta come tutto ha avuto inizio. Nel 1995 si trasferisce in Australia con la sua famiglia dopo l’arrivo del primo figlio, Gilberto, Così, con moglie e figlio al seguito, si imbarca per l’Australia, dove nascono altri due figli, Giancarlo nel 1997 e Gerardo nel 1999.
“I primi anni a Sydney sono stati tutt’altro che una passeggiata. Arrivi qui e ti senti come un pesce fuor d’acqua”, ricorda Danilo che, come molti connazionali, si è trovato a dover fare i conti con la distanza, la differenza culturale, una lingua completamente diversa, così come un diverso approccio ai rapporti umani. Il cambio di vita, la nuova cultura e il senso di sradicamento erano forti. Ma Danilo, invece di lasciarsi abbattere, ha trovato conforto in una vecchia passione: la scrittura. “Mi mancava casa, così ho iniziato a mettere su carta tutto ciò che sentivo”. Una delle sue prime storie ha addirittura vinto il concorso letterario “Due Giugno”, organizzato allora dal consolato italiano per la Festa della Repubblica. Da lì, è tutta un’escalation: conosce l’associazione dei liguri, si fa coinvolgere nelle attività della FILEF e lentamente si ritrova immerso nella comunità italiana di Sydney.
Professionista eclettico, arrivato in Australia, Danilo iniziato a lavorare in un laboratorio di marmi e graniti, ma ben presto si fa notare, e dopo aver vinto un concorso pubblico con 40 candidati risultando primo a giudizio unanime della commissione, inizia a lavorare all’Istituto Italiano di Cultura nel 2000. “È stata una svolta enorme per me - ammette -. Ho incontrato artisti, musicisti, registi, un mondo che prima mi era sconosciuto!”.

Tra gli eventi che ricorda con più nostalgia, c’è una conferenza su Fabrizio De André, dove venne invitato Paolo Finzi, un amico intimo del cantautore. “Ho stretto amicizie meravigliose, alcune fino alla fine dei loro giorni qui in Australia” racconta.
Danilo ha visto molti cambiamenti, nel corso degli anni all’Istituto di Cultura di Sydney: “Ormai è tutto digitale! Quando sono arrivato si usava ancora tanta carta, ora facciamo tutto online, si puo’ dire che ho assistito proprio alla digitalizzazione delle procedure qui”. Ma quello che è rimasto uguale nel tempo è la passione che Danilo, in questo quasi mezzo secolo di carriera, ha profuso in maniera instancabile in ogni progetto.

Danilo ha anche pubblicato tre libri, tutti autoprodotti. Il primo, “Schizophrenia Migrantis” (2012), racconta di chi si sente un po’ sospeso tra due mondi, esattamente come lui nei primi anni in Australia. Poi è venuto “Liguritudine” (2015), una riflessione nostalgica, ma comunque ironica, sulla sua terra d’origine, e infine “Andragathos (Nduja connection)” (2022), un romanzo che esplora la criminalità italiana organizzata in Australia. “L’ispirazione mi è venuta leggendo articoli di cronaca nera sul Sydney Morning Herald - ammette con un sorriso malizioso -. Mi sono detto: perché non scriverci un libro?”.

Come se non bastasse, Sidari è anche un uomo di musica. Nel 2007 conosce il pianista Mauro Colombis e insieme iniziano a esibirsi nei bar di Kings Cross con canzoni di Paolo Conte: “Sentivamo che c’era un gap nella musica italiana che gli australiani ascoltavano e abbiamo provato a portare quella parte di cantautorato nei locali”. E nel 2014, con l’arrivo del chitarrista Carlo Grana, nasce il gruppo Mocambo Jam. Il trio si è lanciato in concerti dedicati ai grandi cantautori italiani come De André, Lucio Battisti, Lucio Dalla, Francesco De Gregori e Franco Battiato. “Il nostro scopo era colmare quel vuoto musicale tra la prima generazione di immigrati italiani e quella più recente - spiega -. E quando vedi che c’è chi apprezza ciò che fai, capisci che hai lasciato qualcosa di bello”.
Alla fine della sua carriera lavorativa, Danilo non si sente triste, anzi. “Sono grato per tutte i rapporti umani che ho sviluppato e per il mondo che ho scoperto - riflette -. Ho dato molto all’Istituto ma l’Istituto mi ha dato tantissimo in cambio, perché mi ha permesso di conoscere persone straordinarie.”
E mentre si prepara a godersi il meritato riposo, c’è da scommettere che Danilo continuerà a scrivere, suonare e, soprattutto, raccontare storie.