Nonostante il successo e i numerosi traguardi raggiunti nel corso della sua vita, Giorgio Angelè conserva l’animo umile, delicato e sognatore di quel bambino che, ad appena otto anni, iniziò ad abitare lo spazio dietro al bancone del bar Santa Chiara di proprietà dello zio, servendo caffè ai clienti e – tra una pausa e l’altra – osservando il cugino dare forma a torte, pasticcini e biscotti, e così apprendere l’arte della pasticceria.
Nato a Matino, in provincia di Lecce, ma cresciuto a Roma, Giorgio Angelè è, oggi, tra i più importanti e rinomati pasticcieri d’Australia, e a lui e a pochi altri si deve il nobile merito dell’aver introdotto e diffuso la pasticceria italiana Down Under. Il suo è stato un percorso che si è sempre retto, in bilico, tra le finestre nostalgiche del suo passato che, ancora oggi, profondamente lo legano alla città di Roma; e le promesse di questa terra, solcata inizialmente per ciò che avrebbe dovuto essere una semplice avventura, e poi divenuta – non senza compiere numerosi sacrifici – la sua casa, scrigno che gelosamente custodisce “Brunetti”, il suo tesoro, il suo orgoglio, uno dei simboli per eccellenza della comunità italiana e della diaspora tricolore.
“Ho approcciato al mondo della pasticceria quand’ero ancora un bambino – ha iniziato a raccontare Giorgio Angelè, mostrandosi molto a suo agio in quella sala riservata del suo iconico locale di Carlton, con ancora addosso la sua divisa, avendo da poco concluso di impastare –. Lì al bar avevamo un laboratorio dove preparavamo tutto ciò che sarebbe stato servito a colazione, sia al nostro bar sia ai nostri due alberghi. È così che ho iniziato a innamorarmi del mondo della pasticceria”.
Il suo percorso in Australia inizia nel ’56, quando Giorgio, un po’ per gioco, decise di partecipare a un concorso per servire la squadra italiana durante i Giochi olimpici di Melbourne e, inaspettatamente, venne selezionato per costituire l’équipe di dieci cuochi e due pasticcieri che avrebbero rifocillato gli atleti tricolore.
“Ottenni un contratto di permanenza in Australia di due anni. In alternativa, avrei potuto lasciare il Paese a conclusione delle Olimpiadi”, ha spiegato, aggiungendo, poi, di essersi imbarcato nell’ottobre dello stesso anno, e così raggiungere a novembre, a bordo della Flaminia, le coste australiane. “Ricordo di essermi particolarmente commosso per l’accoglienza che ricevemmo qui. Ci accolsero come degli eroi, cosa che proprio non eravamo, ma c’era molto entusiasmo per il nostro arrivo a Melbourne”, ha raccontato.
Conclusi i Giochi olimpici, l’idea di Giorgio era quella di ritornare in Italia, nella sua bella e cara Roma, ma non prima di aver visitato Sydney, dove risiedeva un suo caro amico. A poche ore dalla partenza, però, arriva quell’invito che avrebbe cambiato tutto quanto, il cosiddetto “game changer”, che avrebbe messo in discussione tutti i suoi piani, plasmando il suo futuro nella Terra dei canguri. “Stavamo cenando a La Veneziana, ai tempi uno dei ristoranti italiani più in voga di Sydney. Mi si avvicinò questa donna, avvertendomi della richiesta di una persona che avrebbe voluto parlarmi. Un signore che aprì una pasticceria e che voleva vendere prodotti italiani, ma non riusciva a trovare un buon pasticciere. Quasi mi supplicò per convincermi a restare ancora un po’; mi disse che aveva bisogno di me o si sarebbe visto costretto a chiudere l’attività”.
Giorgio, allora, spinto dal suo animo gentile e altruista, decise di aiutarlo e di rimanere in Australia ancora per qualche mese, almeno fino a quando quell’uomo non avrebbe trovato un altro pasticciere. “E così, tre mesi diventano sei, poi nove; il tempo semplicemente fluiva via, ma poi riuscì a trovare il pasticciere che mi avrebbe sostituito”.
A un anno dall’esperienza a Sydney, Giorgio Angelè decise di far ritorno a Melbourne, dove gli venne segnalata la possibilità di acquistare una pasticceria a Kew a un buon prezzo. “Quella, però, era una piccola pasticceria australiana. Insomma, non era il mio mondo, e all’epoca a Kew non c’erano molti italiani. Venni comunque incoraggiato a fare ciò che mi riusciva meglio, la pasticceria italiana, ma era molto difficile vendere quei prodotti”.
Se c’è qualcosa che alla comunità tricolore di Melbourne non manca, però, è l’altruismo che, soprattutto in momenti di difficoltà, spinge le persone a sostenersi a vicenda. “C’erano due famiglie italiane che mi aiutavano, acquistando spesso i miei prodotti, insieme anche all’allora console generale d’Italia a Melbourne”. A volte, tuttavia, l’altruismo non basta, e per quanto fossero apprezzati, questi aiuti non erano comunque sufficienti a mandare avanti un’attività. Motivo per il quale Giorgio scelse di iniziare a dedicarsi anche alla pasticceria australiana, così da arrivare a una clientela più ampia.
La voce, però, inizia a diffondersi in città e i suoi prodotti iniziano presto a essere richiesti dagli italiani. “C’era un autobus che arrivava alla Belford Road, ed era pieno di italiani che venivano qui da me a prendere il caffè. Io riempivo le casse di maritozzi, bombe, cornetti e scendevo a Johnston Street per rifornire tutti i locali italiani della zona che volevano i miei prodotti – ha raccontato Angelè –. Così, pian piano, ho iniziato a portare in giro i miei dolci e a incrementare il lavoro”.
Le acque sono favorevoli, dunque, e permettono a Giorgio di acquisire un altro locale a Richmond, uno dei quartieri che ai tempi registrava una grande affluenza di italiani e pieno di aziende in cui gli italiani prestavano servizio. “Da lì ha avuto inizio una scalata incredibile. Non appena si è saputo dell’apertura di una pasticceria italiana nel quartiere, erano sempre tutti lì a ordinare, anche per occasioni come comunioni, fidanzamenti e matrimoni. C’erano persino dei servizi di catering che richiedevano i miei prodotti”.
Nonostante il successo e la sua vita a Melbourne – intanto, infatti, Giorgio ha conosciuto e sposato Gigliola, un amore che ha portato alla nascita di cinque figli – Angelè non abbandonò l’idea di tornare a Roma e, anzi, decise di provarci. L’occasione si presentò nel 1969, quando il locale di Richmond subì ingenti danni a causa di un incendio. “Era il periodo delle uova di Pasqua. Il nostro negozio era pieno di uova e di sorprese che nascondevamo al loro interno. Riuscimmo giusto ad avere il tempo di mettere in salvo alcune delle sorprese che preparammo... il resto andò tutto a fuoco”, ha raccontato. “Decidemmo di tornare a Roma; io avevo ancora una casa a Largo Preneste per cui andammo lì. I miei ragazzi frequentarono lì le scuole per due anni. Poi, però, siamo tornati qui - ha proseguito –. Conobbi un mio carissimo amico che ora non c’è più e che voleva lanciare la sua azienda di panettoni in Australia. Mi convinse. Tornammo e fondammo lo European Biscuits, ma non andò particolarmente bene. Non avevamo gli ingredienti giusti per il panettone, le farine, le temperature che erano diverse. Insomma, siamo andati avanti per due anni; poi, però, abbiamo chiuso per ragioni finanziare”.
Perdersi d’animo non è tra le caratteristiche di Giorgio e, al contrario, nel 1972 decise di riprovarci lanciando l’Ital Biscuits, oggi la più grande azienda produttrice di biscotti, panettoni e pandolci italiani in tutta l’Australia, ora gestita dal figlio Robert. “La nostra è una grande produzione di alta qualità. Ci occupiamo di prodotti stagionali, e dunque di colombe pasquali, panettoni natalizi, biscotti per diverse occasioni. Abbiamo un forno che produce settecento chilogrammi di biscotti all’ora”, ha puntualizzato Angelè.
L’iconico Brunetti, così come lo conosciamo oggi, nasce nel novembre del ’91. Un caro amico di Giorgio, Piero Brunetti, lo informò della volontà di fare ritorno a Roma e, di conseguenza, propose di vendere la sua piccola pasticceria “Brunetti” di Carlton. Giorgio vide subito del potenziale in quella piccola pasticceria e non ci pensò due volte a concludere l’affare. Oggi, Brunetti è una gemma della comunità italiana, uno dei pochi tesori rimasti nel quartiere di Carlton, il quartiere tricolore per antonomasia. “I miei figli mi hanno aiutato a sviluppare Brunetti e a portarlo a ciò che è oggi – ha spiegato Angelè –. Abbiamo sempre offerto ai nostri clienti prodotti di qualità, con materia prima importata direttamente dall’Italia. Questa è la filosofia che abbiamo sposato sin dal primo giorno: un prodotto di altissima qualità, buono, genuino. Una caratteristica molto apprezzata dai nostri clienti, che ha potuto trovare qui quei dolci tipici delle domeniche italiane”.
Questa storia, tuttavia, non sarebbe stata possibile senza la presenza dietro le quinte di lei, la donna della sua vita, Gigliola, che lo ha sempre supportato e sostenuto nelle scelte e nel lavoro, occupandosi della famiglia quando Angelè non riusciva a farlo, essendo stato sempre molto occupato nel suo lavoro. “Senza di lei, niente sarebbe stato possibile. C’è sempre stata, e puoi immaginare quanto possa essere stato difficile per lei con sei maschi in casa”.
Della sua vita, Giorgio non cambierebbe nulla: è grato a tutto ciò che gli è successo, ma quando parla di Roma, i suoi occhi continuano a riempirsi di lacrime e la sua voce non riesce a nascondere la commozione.
Nel mese di giugno, il suo percorso è stato incoronato con il conferimento della Medaglia dell’Ordine d’Australia (OAM) per il servizio reso all’industria della ristorazione e dell’ospitalità.
Oggi, a 91 anni, Giorgio Angelè continua a servire la comunità italiana e del Victoria in generale lavorando nell’iconico locale di Carlton.