ROMA - La tentazione delle dimissioni di massa dalla Vigilanza Rai, ormai bloccata da mesi, serpeggia sia nel centrodestra che nel centrosinistra, anche se per ragioni opposte
Dopo l’impasse sui giudici costituzionali, superata dopo mesi di stallo, tra i parlamentari ci sono ragionamenti sull’ipotesi di tentare una mossa che possa consentire almeno di smuovere la partita, rimasta di fatto paralizzata dopo il no delle opposizioni a Simona Agnes come presidente del cda di viale Mazzini e la conseguente decisione del centrodestra di disertare tutte le riunioni convocate dalla presidente, Barbara Floridia.
Molto dipenderà dal clima tra i partiti, soprattutto se si riuscirà o meno a proseguire con lo spirito che ha portato a sbloccare l’impasse sulla Consulta, grazie a contatti diretti tra i leader.
Il casus belli, comunque, è già pronto e potrebbe essere proprio l’intenzione di Floridia di chiamare in audizione l’amministratore delegato Giampaolo Rossi appellandosi all’articolo del regolamento che prevede i casi di convocazione straordinaria.
In questo senso c’è un precedente, quello della presidenza della Vigilanza di Riccardo Villari. Era il novembre del 2008, e la sua elezione – pur essendo lui un esponente del Partito Democratico – avvenne grazie ai voti della allora maggioranza, mentre da prassi questo è un ruolo la cui scelta è nelle mani dell’opposizione.
Nonostante le richieste del suo stesso partito, Villari rifiutò di dimettersi fino a quando non fu costretto, appunto, a causa dell’addio in blocco dei componenti della Commissione Vigilanza e al suo conseguente scioglimento.