WASHINGTON D.C. - Donald Trump aveva largamente anticipato, durante la campagna elettorale, che sarebbe stato in grado di chiudere rapidamente il conflitto triennale tra Russia e Ucraina. Una promessa che sembra più difficile del previsto, soprattutto a fronte della rigidità del Cremlino, molto più restio di Kiev a sedersi al tavolo negoziale.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, infatti, si è detto pronto a “negoziati diretti” con Vladimir Putin, sostenendo che, se “è l’unica opzione per portare la pace ai cittadini ucraini e a non perdere vite, sicuramente opteremo per questa scelta”.
Un cambiamento di direzione rispetto alla posizione che ha sostenuto in passato e che l’ha spinto, nel 2022, e vietare tramite un decreto qualsiasi negoziato con la Russia finché Putin fosse rimasto al potere.
Ma Zelensky si è spinto oltre, riprendendo quanto annunciato lo scorso anno nel cosiddetto “Piano per la vittoria”, in cui aveva previsto un ‘accordo speciale’ con i partner occidentali che permettesse “lo sfruttamento comune delle risorse strategiche” dell’Ucraina. In quell’occasione il Presidente aveva esemplificato che tra le risorse strategiche si includevano materiali fondamentali per le attività industriali, quali l’uranio, il titanio e il litio.
Delle ultime ore la notizia che l’Ucraina sarebbe pronta a ricevere “investimenti di aziende americane” per lo sfruttamento delle terre rare dal suo territorio. Le terre rare sono 17 elementi chimici - lo scandio, l’ittrio e il gruppo dei lantanoidi - utilizzati per la produzione di svariate componenti del settore tecnologico, tra cui superconduttori, magneti, catalizzatori, componenti di veicoli ibridi, laser e fibre ottiche.
Oltre un terzo delle riserve mondiali stimate si trova in Cina, ma esistono depositi consistenti anche in Russia e in Ucraina.
Affrontando la questione degli aiuti a Kiev, Donald Trump aveva affermato di voler cercare “un accordo con l’Ucraina in base al quale loro darebbero come garanzia le loro terre rare e altre cose in cambio di quello che noi diamo loro”, ponendo quindi l’ottenimento dell’estrazione degli elementi strategici come condizione per la fornitura delle armi americane.
Reagendo a caldo alle parole di Trump, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha accusato di egoismo il capo della Casa Bianca, aggiungendo che sarebbe opportuno “sfruttare queste risorse nazionali per finanziare tutto ciò che servirà dopo la guerra”. “Sarebbe molto egoista e autoreferenziale usare questi fondi solo per sostenere la difesa”, ha insistito. Si tratta di garantire che “Kiev possa finanziare la sua ricostruzione [per] un futuro solido”.
Kiev, però, forse anche a fronte dell’avanzata dell’Esercito russo nel Donbass, sembra aver già deciso di affidarsi al partner americano per lo sviluppo del settore senza discuterne in anticipo i partner europei. Zelensky ne avrebbe invece già parlato con gli Stati Uniti, confermando la volontà “che le aziende americane sviluppassero qui questo settore”.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato negativamente la scelta di Kiev, affermando che suggerirebbe l’idea “che l’Ucraina compri l’assistenza, cioè che non ci sia più assistenza gratuita, ma che sia fornita su base commerciale”. Uno sviluppo che non potrebbe che far piacere a Mosca, come ulteriore sintomo di freddezza nei rapporti fra Trump e la dirigenza di Kiev. Secondo Peskov sarebbero meglio se gli Stati Uniti non fornissero alcuna assistenza, perché in tal modo “aiuterebbero a mettere fine al conflitto”.
Viceversa, “le consegne stanno continuando - ha puntualizzato il portavoce russo - e nessuno ha annunciato uno stop alle forniture”.
Sulla questione è intervenuto anche il ministro degli Affari esteri ceco, Jan Lipavsky, mettendo in guardia contro una “capitolazione sotto copertura di diplomazia” in Ucraina. Kiev “non sta combattendo solo per la sua sovranità, ma per i principi che sostengono il mondo democratico”.
Un cessate il fuoco che congeli le conquiste territoriali o che neghi all’Ucraina il posto che le spetta nella comunità europea e transatlantica premierebbe la violenza e le menzogne del Cremlino”.
“Non è pace; è una capitolazione sotto copertura di diplomazia”, ha ammonito invitando i Paesi europei a “rifiutare ogni negoziazione che non tenga conto di questi temi”.