Con il passare delle ore s’è fatta sempre più concreta l’ipotesi che il weekend appena trascorso non sarebbe stato quello designato per l’annuncio della data delle prossime elezioni federali.
A quasi una settimana dalla presentazione del Budget da parte del ministro del Tesoro Josh Frydenberg e dalla contro proposta economica laburista, infatti, gli occhi erano puntati sulle scelte del primo ministro Scott Morrison dal quale, conclusi i lavori parlamentari giovedì scorso, ci si attendeva la conferma dell’election day di maggio. (Conferma che abbiamo provato a ottenere, invano, anche nel corso della nostra intervista esclusiva a Scott Morrison andata in onda in diretta sulle frequenze di Rete Italia Australia, articolo a pagina 16).
Venendo meno l’annuncio in questi ultimi giorni, a meno che Morrison non comunichi la data nella giornata di oggi, è da escludere la possibilità che si voti i primi due sabato del mese di maggio.
La data più plausibile quindi, resta quella del 18 maggio, ultimo giorno possibile, si legge sul sito ufficiale della Commissione Elettorale Australiana, per l’elezione dei posti in palio per la metà del Senato.
Prima di quella data, salvo quindi un annuncio in extremis oggi, impossibile andare alle urne: la legge elettorale australiana prevede, infatti, un minimo di trentatre giorni di campagna elettorale prima del voto e di conseguenza, tenendosi le operazioni di voto di sabato, il 18 maggio sembra essere l’unica opzione possibile.
Il ritardo nell’annuncio è stato al centro di vibranti polemiche da parte dell’opposizione che ha accusato il governo Morrison di volere temporeggiare per potere avere ancora qualche giorno per promuovere la proposta economica che viene fuori dal Budget.
Il partito laburista ha accusato infatti l’esecutivo di volere deliberatamente ritardare la data delle elezioni per continuare, a spese dei contribuenti, a fare campagna propagandistica del loro programma elettorale.
Una polemica, questa del costo delle campagne promozionali del governo, collegata a una precisa previsione normativa, ovvero, fino a quando il Governatore generale non indice ufficialmente le elezioni, il governo in carica è libero di utilizzare i fondi pubblici per attività di natura promozionale. Dal momento in cui, invece, le elezioni vengono ufficialmente indette, il governo dovrà chiedere, e ottenere, l’approvazione dell’opposizione per continuare qualsiasi campagna.
Il ministro ombra delle Infrastrutture, il laburista Anthony Albanese, ai microfoni di Sky News, ieri mattina ha definito ‘oltraggiosa’ la scelta di Morrison di non presentarsi dal Governatore generale per indire le elezioni: “Il primo ministro aveva due opzioni, recarsi dal Governatore generale oppure decidere di smetterla, immediatamente, di spendere soldi pubblici per fare campagne pubblicitarie”.
Secondo quanto riporta il sito dell’emittente pubblica ABC, i laburisti hanno individuato in 250 milioni di dollari la cifra appaltata dal governo da gennaio 2018 a oggi per operazioni promozionali.
Il governo ha replicato ai dati indicati dal partito guidato da Bill Shorten, definendoli ‘bugiardi’ e ribadendo come vi sia comunque sempre una grande discrepanza tra quanto previsto nel bando di gara e quanto poi, effettivamente, speso.
“Non intendo prendere lezioni dal partito laburista che nel 2013, contro ogni regola - ha detto il primo ministro Scott Morrison - ha speso soldi pubblici per campagne promozionali nel corso del periodo di ordinaria amministrazione [del governo Rudd, ndr.]”.
Nel corso di un’intervista concessa a Insiders, lo spazio di approfondimento politico della domenica mattina dell’ABC condotto da Barrie Cassidy, il ministro del Tesoro Josh Frydenberg è rimasto, ovviamente, sulla medesima linea del suo primo ministro ma, in qualche modo, leggendo tra le righe, non è sembrato così solido nello smentire gli attacchi laburisti. A domanda diretta sull’annuncio delle elezioni, infatti, Frydenberg ha mostrato prudenza ma non ha negato di avere intenzione di continuare a parlare ai cittadini della proposta di bilancio presentata la scorsa settimana: “Non c’è fretta. Non c’è ritardo - ha risposto il titolare del dicastero del Tesoro - Siamo molto convinti del nostro Budget e lo stiamo spiegando agli australiani. Vorrei rivolgere un messaggio a Bill Shorten: non andare a comprare le tende per arredare la tua nuova residenza alla Lodge, qualcuno potrebbe darti un colpetto sulla spalla e avvisarti che in realtà non hai perso le elezioni, ma non l’hai vinte”.
Molto evasivo, sul merito poi delle cifre spese e da spendere per ‘spiegare agli australiani’ il budget, Frydenberg ha praticamente solo confermato che il governo continuerà con la campagna pubblicitaria in ossequio a quanto previsto dalle normative e in completa trasparenza. O quasi, visto che, a domanda precisa dell’intervistatore, il ministro del Tesoro non ha voluto fare riferimento ad alcuna cifra.
Con o senza la certezza della data in cui ci si recherà ai seggi, il dato inequivocabile è che la campagna elettorale è già in corso.
Fibrillazione e tensione sono palpabili e non solo da parte dell’esecutivo dato che guardando ai sondaggi, come fa rilevare l’analista politico del ‘The Age’ David Crowe, “Scott Morrison non può vincere e Bill Shorten non può perdere”.
“Shorten ha una sola possibilità di vincere perché non riuscirebbe a mantenere la posizione alla guida del suo partito se dovesse perdere queste ‘imperdibili’ elezioni - ha scritto Crowe sulle colonne del The Age di sabato scorso - e Morrison ha solo una possibilità di essere confermato al potere dagli elettori e provare ai suoi colleghi di partito che hanno fatto la scelta giusta in quel tumultuoso cambio di leadership del mese di agosto 2018”.
Peraltro, a proposito di sondaggi, l’ultima rilevazione Ipsos commissionata dal The Age e dal Sydney Morning Herald, conferma i laburisti in testa, 53-47, sul voto di preferenza. Scott Morrison invece resta il primo ministro preferito dagli intervistati, con il 46% di preferenze contro il 35% di Bill Shorten.
Il sondaggio Newspoll, pubblicato mentre andiamo in stampa, fa registrare invece uno scatto in avanti della Coalizione che, sul voto di preferenza, recupera due punti rispetto al mese di marzo ma resta ancora dietro: 52 - 48 a favore dei Laburisti.
La partita insomma è iniziata, da tempo ormai, senza neanche che l’arbitro abbia ancora emesso il fischio d’inizio.