Il centro di detenzione extraterritoriale per richiedenti asilo di Manus Island, finanziato dal governo australiano, chiuderà i battenti entro la fine dell’anno. L’ha confermato il primo ministro Malcolm Turnbull, sabato, in visita a Port Moresby. Turnbull ha ringraziato il primo ministro della Papua Nuova Guinea, Peter O’Neill, e il suo governo per la “continua cooperazione nell’importante lotta contro i trafficanti di esseri umani” e ha assicurato che Canberra continuerà a lavorare da vicino con le autorità locali per chiudere il centro di Manus Island, dichiarato incostituzionale un anno fa dalla Corte Suprema papuana e che cesserà di operare il prossimo 31 ottobre.

Nessuna risposta invece sul destino di quei richiedenti asilo che non verranno inclusi nel piano di reinsediamento negli Stati Uniti, concordato con l’ex amministrazione Obama. Il ministro dell’Immigrazione Peter Dutton ha dichiarato che i rifugiati che non saranno presi dagli Usa resteranno in Papua Nuova Guinea, mentre coloro il cui stato di rifugiato non sarà confermato verranno rispediti nei loro Paesi di origine. “Non verranno in Australia”, gli attivisti per i diritti dei rifugiati possono “lamentarsi quanto gli pare” ha tagliato corto Dutton.

Le dichiarazioni del ministro sono arrivate dopo che Malcolm Turnbull, nella conferenza stampa a Port Moresby, aveva abilmente schivato le domande sulle intenzioni del governo riguardo al ricollocamento dei richiedenti asilo a Manus Island che non verranno accettati da Washington, limitandosi a dire: “Stiamo lavorando a soluzioni durature per le persone detenute qui e a Nauru. Stiamo lavorando con Paesi terzi, in particolare con gli Stati Uniti. Affronteremo questo processo un passo alla volta”.

Il ministro dell’Immigrazione Peter Dutton ha affermato che, in base all’accordo stretto con il governo Rudd, la Papua Nuova Guinea ha il dovere di reinsediare i rifugiati che non verranno presi dagli Usa e ha ricordato come 36 persone si siano già reinsediate nella nazione nel Pacifico. Dutton ha aggiunto che altri rifugiati potranno essere mandati in Cambogia o a Nauru, dove potranno ricevere un visto della durata di 20 anni.

Nessun cambiamento quindi rispetto a quanto accaduto finora. I rifugiati rilasciati dai centri di detenzione ‘offshore’ del governo australiano sono stati ricollocati nelle stesse Papua Nuova Guinea e Nauru o in Paesi terzi come la Cambogia, con cui Canberra ha stretto un accordo da 55 milioni di dollari rivelatosi fallimentare. Dei cinque rifugiati che avevano accettato il trasferimento in Cambogia, infatti, solo uno è rimasto. Gli altri quattro, tre iraniani e uno del Myanmar, hanno preferito fare ritorno nei propri Paesi, da cui erano fuggiti temendo per la loro incolumità. Una decisione disperata che è lo specchio delle terribili condizioni di vita in cui i rifugiati si ritrovano a vivere.

La grande maggioranza di coloro a cui è stata offerta la possibilità di stabilirsi in Papua Nuova Guinea hanno espresso preoccupazione per la mancanza di opportunità lavorative in un Paese già povero e timori per la propria sicurezza.

“Non possiamo obbligare le persone” a stabilirsi in Papua Nuova Guinea, ha detto il primo ministro O’Neill, “ma se un Paese terzo è disposto ad accettare il loro ricollocamento, siamo felici di partecipare”.

Prima della sua partenza per Port Moresby, Malcolm Turnbull aveva incontrato a Sydney il primo ministro di Nauru, Baron Waqa, per discutere del destino di centinaia di rifugiati bloccati nel centro di detenzione nell’isola-stato. Nonostante le incertezze, Waqa ha insistito che la politica dell’Australia sui richiedenti asilo sta “funzionando bene”. D’altra parte, l’economia del Paese oceanico è diventata altamente dipendente dall’indotto generato dal centro di detenzione australiano aperto nel 2012, dove si trovano attualmente 258 uomini, 49 donne e 45 bambini.

“Il governo australiano ha promesso di fare in modo che non risentiremo di bruschi cambiamenti (in merito al centro di detenzione, ndr), in quanto questo ci colpirebbe certamente sul piano economico” ha detto Waqa giovedì scorso a Sky News, accennando al fatto che il centro potrebbe essere riconvertito una volta chiuso o che in futuro altri Paesi potrebbero essere interessati a mandare profughi  a Nauru per le procedure di richiesta asilo. “Il nostro modo di occuparci di richiedenti asilo e rifugiati è il migliore al mondo” ha dichiarato Waqa.