ROMA - Il confronto sulle pensioni avviato a dicembre scorso dal premier Mario Draghi, si sta già inceppando per la prevedibile distanza tra le richieste dei sindacati e la volontà del governo, all’interno del quale, però, si stanno delineando diverse visioni in merito alla riforma della previdenza sociale.
La scorsa settimana, infatti, il governo ha deciso di prendere tempo, rimandando a data da destinarsi l’incontro che si sarebbe dovuto tenere lunedì e ora i sindacati temono che i tempi si possano allungare in modo indefinito. A fermare le trattative è soprattutto il nodo sulla nuova età di uscita dal lavoro, per la quale i sindacati vorrebbero la cancellazione delle disposizioni inserite nella riforma Fornero e propongono una alternativa che prevede due forme di pensionamento: a 62 anni di età o in qualsiasi momento con 41 anni di contributi.
Una proposta che viene ritenuta inaccettabile dal ministero del Tesoro, secondo il quale la Fornero non si tocca e che è disponibile a fare concessioni sull’età pensionabile, ma solo a patto di un ricalcolo contributivo dell’asse-gno. Chi vorrà lasciare il lavoro prima, dice il MIT, dovrà quindi rinunciare alla quota retributiva e prendere meno soldi.
I sindacati, invece, che hanno dalla loro il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, chiedono di mantenere un trattamento più favorevole per i lavoratori con contributi pagati prima del 1996 e allo stesso tempo spingono per ottenere la pensione di garanzia per i più giovani e le donne, puntando ad un sistema previdenziale complementare. Dopo tre incontri tecnici è risultato evidente la distanza tra le parti e ora il rinvio della scorsa settimana non fa ben sperare.