La dolorosa sconfitta ha messo il partito laburista di fronte all’impellenza di un cambio di rotta per potersi rappresentare agli occhi degli australiani come un partito solido al suo interno e capace di offrire soluzioni politiche concrete di lungo termine e, soprattutto, meno divisive rispetto a quanto proposto nella recente campagna elettorale.
Nel suo primo discorso di fronte al caucus, il nuovo leader laburista Anthony Albanese si è assunto la sua personale fetta di responsabilità per la mancata vittoria (Albanese era il ministro ombra per le infrastrutture e i trasporti e per il turismo nell’esecutivo ombra del suo predecessore, ndr) ma ha anche chiesto a tutti i più alti esponenti del partito di assumersi la propria.
In questo modo Albanese ha segnato già la prima presa di distanza rispetto a Bill Shorten che, invece, non è sembrato mostrare alcun sostanziale segnale di assunzione di responsabilità.
Sarebbe stato ragionevole attendersi che l’esser uscito perdente da un’elezione che tutti, Coalizione compresa (fatta eccezione, evidentemente per il combattivo Scott Morrison) davano per vinta, avrebbe mostrato uno Shorten più consapevole e autocritico, invece, nel suo discorso al gruppo parlamentare laburista, l’ex leader ha imputato la sconfitta “ai colossi finanziari che, spendendo centinaia di milioni di dollari di pubblicità senza precedenti, raccontando menzogne e diffondendo la paura, si sono mobilitati contro di noi attraverso parte dei media stessi, e hanno ottenuto quello che volevano”.
Niente più che una profferta di “rimpianti perché non abbiamo vinto” rivolta agli elettori laburisti.
Un po’ poco, al netto dell’evidente e comprensibile contraccolpo emotivo personale, per un navigato, caparbio e intelligente leader politico come Shorten, in termini di analisi post elettorale.
Ma il partito targato Albanese, sembra, almeno secondo le prime uscite pubbliche di ‘Albo’ più che sulla base della formazione del suo governo ombra, volere ripartire su basi diverse, pronto a una serrata lotta in Parlamento contro la Coalizione evidentemente rinvigorita dall’inaspettata vittoria.
“Credo che una delle ragioni per cui uno su quattro non voti per nessuno dei maggiori partiti sia che le persone sono stanche della conflittualità”, ha chiarito Albanese di fronte al suo gruppo parlamentare.
“[Gli australiani] vogliono soluzioni, non polemiche. Vogliono vedere le forze sindacali e gli imprenditori lavorare insieme nell’interesse comune. Vogliono un’economia che funzioni per loro, non il contrario”.
Un chiaro segnale pro-business di un’agenda economica laburista che “supporta la crescita economica” e pone sempre il lavoro come “prima, seconda e terza priorità del nostro partito”.
Valori, quelli del mondo dei lavoratori, importanti oggi come nel 1891 quando, ha ricordato Albanese “siamo nati dal movimento sindacale”.
“Vogliamo una società inclusiva, che ricerchi e conquisti la giustizia sociale. Ma questo - ha proseguito il leader laburista - non vuole dire trascinare le persone verso il basso, ma significa cercare di avere un’agenda positiva quando si parla di inclusività”.
Toni lontani, sembra chiaro, da quella retorica della lotta al “top end of town”, di grande impatto e molto usata in campagna elettorale ma, evidentemente, poco funzionale in termini di consensi.
Vedremo se, nel dichiarato contrasto alle politiche del governo Morrison, rispetto alle quali, tra l’altro, Albanese ha anche detto che “laddove ci sarà da raggiungere un accordo, noi lo faremo”, vi sarà un nuovo corso laburista soprattutto sul fronte della politica economica.
Nuovo corso o, sarebbe meglio dire, alcuni nuovi nomi, nell’elenco del consiglio dei ministri ombra che il leader laburista ha annunciato ieri pomeriggio (articolo a pag 11): “Ho nominato un consiglio di ministri - ha dichiarato Albanese - con il talento e l’esperienza necessaria per tenere testa alle azioni del governo Morrison e sviluppare una proposta politica che riesca a garantirci l’appoggio degli australiani alle prossime elezioni federali”.
In una dinamica che sembra essere ancora contrassegnata dal potente gioco delle fazioni interne al partito si possono registrare alcuni segnali, intanto quello della parità di genere, con una composizione esattamente paritaria tra donne e uomini. Promozione importante per Kristina Keneally, ex premier del New South Wales, nominata vice leader al Senato e ministro ombra agli Interni, all’Immigrazione e alla Cittadinanza e che, come battesimo del fuoco, ha già ricevuto una bordata di critiche, con il solito tono, da Peter Dutton che l’ha accusata di non avere mai supportato le misure del governo per la protezione dei confini nazionali. “All’interno del partito laburista non c’è nessuno meno qualificato di Kristina Keneally in materia di protezione delle frontiere”, ha dichiarato in conferenza stampa il ministro Dutton.
Giunta poche ore dopo la replica di Kristina Keneally che ha detto di essere sempre stata a favore dei respingimenti, della soluzione ‘offshore’ e dei reinsediamenti regionali ma, ha precisato la vice leader laburista al Senato: “Credo che si possa garantire la sicurezza dei nostri confini ma continuare a trattare le persone con umanità”.
Altra scelta che ha l’aria di rappresentare una mossa di discontinuità con il passato, lo spostamento di Chris Bowen, uno degli artefici delle più controverse proposte fiscali del partito in campagna elettorale, dal ruolo di tesoriere ombra al ministro ombra alla Salute, rimpiazzato da Jim Chalmers che potrebbe quindi ammorbidire quelle proposte così poco foriere di consenso quali le modifiche alla superannuation, al ‘negative gearing’ e ai ‘franking credits’.
Da osservare, invece, l’effetto della scelta di tenere nel gabinetto ombra il leader sconfitto dalle urne Bill Shorten, a cui Albanese ha affidato la responsabilità del National Disability Insurance Scheme, una mossa che, senza dubbio, rappresenta una forma di rispetto per il predecessore, ma anche una scelta corretta dal punto di vista politico, considerata la grande conoscenza della materia da parte di Shorten che è stato uno dei promotori dell’NDIS.