D’altronde, così come ha osservato sulle colonne del The Weekend Australian Chris Kenny, per provare a trasformare i risultati finora raggiunti in una vittoria (improbabile, secondo Kenny) a maggio, il governo Morrison dovrà alzare sensibilmente il proprio livello di energia, di unità e abilità qualcosa che, afferma Kenny, “è stato del tutto assente negli ultimi sei anni”.
Oltre a Frydenberg, ribadisce Kenny, forse solo Peter Dutton, negli ultimi tempi, pur sottoposto a un continuo fuoco di fila da parte laburista e dall’ala moderata dei liberali, è l’uomo politico che comprende la “necessità di creare il dibattito sugli argomenti chiave che rappresentano i punti di forza della Coalizione e sa che confini, sicurezza nazionale e ordine pubblico contano davvero”.
Ben vengano quindi, da entrambe le posizioni, analisi e dibattiti, che speriamo tuttavia siano meno concentrati sugli attacchi alle proposte altrui e più attenti a indicare una propria linea programmatica, soprattutto sui temi chiave quali quelli dello sviluppo economico, della programmazione energetica e delle azioni in merito ai cambiamenti climatici, dello sviluppo infrastrutturale del Paese e, soprattutto, su quali posizioni assumere rispetto alle disuguaglianze sociali sempre più forti anche in un paese tutto sommato economicamente sano come l’Australia.
E “fino a qui tutto bene”, (memorabile citazione da ‘L’Odio’, un famoso film francese del 1995 diretto da Mathieu Kassovitz). Senonché, torna puntuale come ogni mese di gennaio da qualche anno a questa parte, seppur in anticipo di qualche settimana, il dibattito sull’Australia Day.
Argomento che, giova ricordarlo, un sondaggio di un anno fa dell’Australia Institute indicava essere di scarsissimo interesse per la maggior parte degli australiani (il 56% si diceva assolutamente non preoccupato di quando si celebri l’Australia Day).
Eppure, nonostante ciò e nonostante una campagna elettorale che richiederebbe sforzi importanti anche e soprattutto da parte del primo ministro e leader liberale, Scott Morrison sembra essere particolarmente concentrato sul rispetto degli ‘standards’ del codice della cerimonia del conferimento della cittadinanza australiana. D’altronde, come non dargli ragione, per molti australiani è un problema l’assenza di regole, in particolare per il ‘dress code’ da rispettare nel giorno del conferimento della cittadinanza.
La polemica di quest’anno nasce dalle parole del ministro dell’Immigrazione David Coleman che ha anticipato un provvedimento del suo governo che, nell’apportare modifiche all’attuale ‘Australian Citizenship Ceremonies Code’, andrebbe a obbligare i consigli comunali affinché svolgano le cerimonie di conferimento della cittadinanza australiani proprio nel giorno dell’Australia Day, iniziativa resasi necessaria, secondo il governo in carica, dopo che alcuni municipi, per una forma di ossequio alle popolazioni aborigene, avevano deliberato lo spostamento delle cerimonie della cittadinanza a una data diversa rispetto al 26 gennaio.
“Al momento - ha detto Coleman - non esiste alcun obbligo per i consigli comunali di svolgere la cerimonia durante l’Australia Day e, quello che stiamo dicendo, è che vogliamo prevedere questo tipo di obbligo”.
Sulla base di queste modifiche, che dovrebbero essere introdotte già nella prima metà di quest’anno (evidentemente prima delle elezioni), per essere quindi effettive nel 2020, i comuni dovranno tenere una cerimonia il 26 gennaio e un’altra il 17 settembre.
“Se alcuni consigli comunali vogliono giocare e non vogliono organizzare queste cerimonie - ha detto Scott Morrison - verranno presi altri accordi. Non intendiamo compromettere la festa nazionale australiana”.
Il leader dell’opposizione reo, secondo Morrison, di non avere garantito un appoggio bipartisan alla sua iniziativa, ha invece accusato il governo di politicizzare l’Australia Day: “è quello che fanno i conservatori per tenersi buona la propria base elettorale”, ha affermato Bill Shorten che, tra l’altro, ha ricordato come su 537 comuni in tutta l’Australia, soltanto sette siano quelli che non svolgono cerimonie per la cittadinanza nel giorno dell’Australia Day.
La proposta del governo è stata respinta dal presidente dell’associazione delle amministrazioni locali, David O’Loughlin che, tra l’altro, ha sottolineato come non vi sia stata alcuna consultazione con i comuni e come sia “bizzarra questa forte attenzione del governo federale sul legare l’Australia Day alle cerimonie di conferimento della cittadinanza. Tra l’altro - ha aggiunto O’Loughlin - il governo non celebra il vincitore del premio Australiano dell’anno il 26 gennaio ma il giorno prima, quindi tutto questo è davvero molto curioso”.