Scott Morrison era particolarmente raggiante quando, nel pieno dei festeggiamenti, si è congratulato con la neo eletta premier del New South Wales Gladys Berejiklian: “Nel giro di due mesi torneremo a celebrare un altro governo dei Liberali e dei Nazionali che verrà riconfermato”.
Com’era prevedibile, i vertici federali della Coalizione si sono affrettati a dare una connotazione più ampia alla riconferma, neanche particolarmente scontata alla vigilia, della premier nelle elezioni statali del New South Wales, una vittoria a cui va comunque riconosciuto un valore storico, trattandosi della prima donna eletta premier nel NSW e del primo governo di Coalizione che raggiunge il terzo mandato consecutivo in 50 anni.
Gladys Berejiklian era diventata premier statale e leader dei Liberali del NSW dal 23 gennaio 2017, in seguito alle dimissioni del suo predecessore Mike Baird e, dopo il voto di sabato, ha avuto la fiducia dei suoi elettori per un incarico di ulteriori quattro anni, che, sulla base di quanto risulta al momento in cui andiamo in stampa, la vedrà alla guida di un governo di maggioranza.
“Ciò che è più importante per me è che, indipendentemente da dove provenga, da dove vivi, dalle tue circostanze personali, chiunque in questo Stato ha la possibilità di primeggiare - uno Stato in cui anche una donna con un lungo cognome può diventare premier”, sono state le parole rivolte ai suoi sostenitori dalla neo eletta Berejiklian.
Ma mentre nell’entourage di Gladys Berejiklian si festeggiava, l’atmosfera all’interno della Coalizione, tra i parlamentari liberali e quelli nazionali, si faceva sempre più tesa, man mano che si faceva più chiaro il quadro di una sostanziale tenuta dei principali seggi in quota liberale e la batosta, invece, sul fronte dei Nazionali.
Le urne sembrano infatti confermare che siano stati i Liberali a garantire la vittoria alla Coalizione, a fronte invece di un crollo dei Nazionali che, ad esempio, hanno ceduto gli storici seggi di Murray e Barwon ai rappresentanti del partito Shooters, Farmers and Fishers.
A conferma di quanto sia complessa l’analisi dell’elettorato australiano, quanto siano rilevanti le differenze non solo tra diversi Stati ma anche tra le diverse aree dei singoli Stati, si consideri che dal voto di sabato è emerso che più della metà del New South Wales, geograficamente parlando, è ora rappresentata da parlamentari dello Shooters, Fishers and Farmers.
Ed è sulla mera indicazione territoriale di queste scelte degli elettori, piuttosto che su quella ideologica, che si è concentrata l’analisi del leader dei Nazionali del New South Wales, John Barilaro, il quale probabilmente non si sbaglia di molto nell’individuare l’incapacità con l’incapacità di leggere le necessità locali delle aree regionali da parte dei candidati Nazionali. Tuttavia una lettura di questo tipo potrebbe non essere sufficiente, riducendo a una semplice differenza territoriale l’analisi della crescita, anche in questa elezione, di partiti minori e di indipendenti.
Un dato non sorprendente ma con cui fare i conti anche fra due mesi quando i cittadini australiani saranno chiamati a decidere le sorti del governo federale, soprattutto per quel che riguarda la tenuta della Coalizione, che già non parte favorita nella competizione elettorale di maggio e che, se non riuscirà a compattare le fila tra i Liberali e i Nazionali, potrebbe subire una sconfitta decisamente più ampia delle attese.
Ma nell’elenco di chi vince e chi perde in queste elezioni statali non si può non dare un posto, tra i perdenti, al candidato laburista Michael Daley, buttato nell’agone politico dal suo partito a pochi mesi dal voto e che, complice anche una campagna elettorale non brillante, non è riuscito nell’impresa di spodestare la Coalizione dal governo del New South Wales.
Il leader federale dei laburisti Bill Shorten, in maniera speculare e opposta rispetto alle parole del primo ministro Scott Morrison, si è affrettato invece a frenare ogni eventuale connessione tra la sconfitta statale e la campagna elettorale federale ma ha ammesso, invece, che la crescita del consenso verso i piccoli partiti e i candidati indipendenti sia qualcosa su cui riflettere.
“Penso sarebbe giusto dire che non ci siano implicazioni a livello federale, ma [i risultati] di un’elezione rappresentano sempre una lezione da cui imparare qualcosa”, ha affermato Bill Shorten ieri mattina davanti ai cronisti durante la presentazione di un progetto di infrastrutture per lo stato del Victoria.
“La sfida o la lezione che io traggo da ciò che è accaduto - ha continuato Shorten - è che si deve continuare a proporre una visione di lungo periodo della nostra idea di nazione, non è abbastanza continuare a dichiararsi altro rispetto ai nostri concorrenti, dobbiamo offrire un piano”.
Analizzando alcuni aspetti del voto di sabato, Bill Shorten ha ammesso come Michael Daley abbia pagato a caro prezzo i commenti sull’immigrazione asiatica e la debole performance nel decisivo dibattito televisivo elettorale che lo ha messo a confronto con Gladys Berejiklian.
Daley, leader dell’opposizione da appena diciannove settimane, sembrava avere iniziato bene la campagna elettorale, ma l’esito del voto lo mette di fronte a un’inevitabile sfida per la tenuta della leadership del partito.
Fonti interne ai laburisti hanno rivelato alla ABC che il ministro ombra per le risorse idriche Chris Minns potrebbe contendere la posizione di leader dell’opposizione a Daley, così come potrebbe essere in corsa anche la ministro ombra dei trasporti Jodi McKay.