Nel sito del ministero degli Esteri australiano, alla voce 'rapporti con l’Italia', si legge testualmente: «As two highly developed and complementary G20 economies with robust international engagement and enduring people-to-people ties, Australia and Italy share a warm relationship with much scope for expansion. […] Italy and Australia cooperate on security issues, such as terrorism, and help build security capacity in countries like Iraq and Afghanistan. Australia and Italy are among relatively few countries with the know-how and ambitions to collaborate in the world’s key astrophysics and space projects, such as the Square Kilometre Array (the world’s biggest radio telescope)».
Questa lusinghiera descrizione dei rapporti tra i due Paesi è scarsamente corroborata dai fatti. Ciò non vuol dire che non esistano esempi di cooperazione nei campi menzionati nella nota sopracitata, ma sono minimamente significativi se paragonati a quelli esistenti fra Australia e Germania (estesamente articolati nella “Berlin-Canberra Declaration of Intent on a Strategic Partnership” siglata nel 2012) e fra Australia e Francia (anch’essi oggetto di un esteso accordo, il “Joint Statement of Enhanced Strategic Partnership between Australia and France” stipulato nel 2017).
In base a tali accordi, l’azienda francese Naval Group si è già assicurata la commessa per la costruzione della nuova flotta di sottomarini della Marina australiana e la tedesca Luerssen è in trattative avanzate per realizzare motovedette per il pattugliamento costiero.
Per non parlare dell’ampiezza dei rapporti che legano l’Australia al Regno Unito formulati nel cosiddetto “Aukmin – Joint Action Plan” e intensificati nel luglio scorso in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
La partecipazione della Fincantieri alla suddetta gara di appalto, per quanto - come detto - altamente competitiva, partiva pertanto svantaggiata rispetto alla sua principale avversaria, la britannica Bae Systems.
Lo confermano le iniziative intraprese dalla Fincantieri per compensare lo svantaggio, come l’apertura di un ufficio di rappresentanza a Canberra, l’impegno a realizzare un centro di manutenzione per navi da crociera di cui l’Australia è sprovvista e la stipula di un accordo preventivo con i sindacati australiani di settore che gli stessi sindacati avevano definito una “pietra miliare” e tale da rivitalizzare l'industria manifatturiera del Paese, dotandolo di una “capacità sovrana” nel campo delle costruzioni navali. Nell’intesa erano stati trattati aspetti come l’uso della tecnologia, l'applicazione delle moderne pratiche di shipbuilding e l'investimento in una forza lavoro altamente qualificata, temi rispetto ai quali i firmatari si erano impegnati ad avere un “approccio cooperativo”.
Ciò nondimeno, alla fine ha prevalso l’offerta di Bae Systems che è la seconda più grande impresa di difesa del mondo e alla quale fanno capo due imprese sussidiarie: la Bae Systems Inc., che opera negli Stati Uniti, e la Bae Systems Australia. In effetti, è la Bae Systems Australia che ha ufficialmente partecipato alla gara di appalto, un aspetto, anche questo, che ha giocato a sfavore della Fincantieri.
La prospettiva che Bae Systems fosse favorita era stata indirettamente riconosciuta dal segretario generale della Difesa italiana, il generale Carlo Magrassi, che, lo scorso marzo - tre mesi prima dell’aggiudicazione della gara, durante un incontro con una delegazione di dirigenti di aziende australiane impegnate nel settore della difesa - aveva cercato di “sdrammatizzare” la contesa dichiarando che Fincantieri e Bae Systems avrebbero potuto lavorare assieme alla costruzione delle nove fregate. A conferma di ciò, il generale aveva menzionato che il governo italiano e quello britannico erano in trattative per la costruzione di un “Airbus del mare” tramite la collaborazione dei loro due colossi navalmeccanici.
«Quindi il nostro messaggio è questo... – aveva affermato il generale Magrassi –: L’Italia è più che lieta di cooperare con il Regno Unito». Invece di portare acqua al mulino della Fincantieri, tali dichiarazioni hanno avuto l’effetto opposto nonostante la Fincantieri sia subito corsa ai ripari chiarendo che non esistevano colloqui con Bae Systems e reiterando che le due compagnie erano in diretta concorrenza. Chiarimento che è stato ribadito anche da un portovoce di Bae Systems.
Che il governo britannico abbia svolto un ruolo determinante nell’esito della gara di appalto è confermato dalle dichiarazioni del primo ministro Theresa May all’indomani dell’annuncio della vittoria da parte di Bae Systems.
“La portata e la natura di questo contratto – ha detto la signora May – collocano il Regno Unito all’avanguardia della progettazione e ingegneria marittima e dimostrano l’efficacia della stretta collaborazione tra l’industria e il governo di questo Paese. Abbiamo sempre sostenuto che con l’uscita dalla Ue avremmo avuto l’opportunità di sviluppare più stretti rapporti con i nostri alleati come l’Australia. La conquista di questo contratto è un perfetto esempio di come il governo stia esattamente realizzando questo proposito”.
È realistico immaginare che se la Fincantieri avesse gareggiato ad armi pari con Bae Systems con tutta probabilità si sarebbe aggiudicata la commessa.
Le fregate di classe FREMM (Fregate europee multi-missione) della Fincantieri, infatti, anche se di recente progettazione, sono già ampiamente collaudate nel ruolo specifico di lotta antisommergibili. La Fincantieri, come grande costruttore di navi militari e commerciali, offriva le maggiori opportunità per l'industria australiana, grazie all'accesso alla sua catena globale di forniture.
Inoltre, la capacità degli hangar delle fregate di classe FREMM, che possono alloggiare due elicotteri antisommergibili Seahawk, era una delle grandi attrattive dell'offerta italiana. L'offerta della britannica BAE Systems, il Type 26 Global Combat Ship era il design più innovativo ma anche l'opzione meno provata, dato che ancora non è stata completata neanche un'unità. La sua performance è basata su proiezioni che, in quanto tali, non garantivano un’assoluta certezza. Era pertanto l'opzione più rischiosa e anche di più lunga attuazione. Si prevede, infatti, che occorrerà una decina di anni prima che l’Australia possa dotarsi delle nuove fregate, ammesso e non concesso che non subentrino problemi tecnici durante la lunga fase di costruzione.
Esistono altre considerazioni di carattere politico generale, oltre alla mancanza di una visione strategica nei rapporti con l’Australia cui consegue una scarsa produzione di accordi bilaterali e di momenti d’incontro bilaterale. I prossimi mesi saranno decisivi per capire non solo l’orientamento del governo italiano in rapporto al futuro dei trattati sul libero scambio ma anche sul futuro dell’Unione europea.
In ambito extra-Ue, infatti, l’Australia ha già un interlocutore privilegiato in Europa: il Regno Unito.
Se l’Unione europea dovesse subire un rallentamento sia nella costruzione di un’area di libero scambio con l’Australia che nel rafforzamento della propria area d’influenza nell’Asia-Pacifico, le conseguenze potrebbero essere negative anche per altri Paesi Ue.
Le difficoltà nei rapporti con la Cina, in sostanza, potrebbero rappresentare una grande opportunità di cui si avvarrebbero esclusivamente Stati Uniti e Regno Unito.