Tra convergenze e fisiologiche distanze, le scelte di politica economica della Coalizione e dell’opposizione laburista sono state al centro del panorama politico degli ultimi giorni, in quella che, nonostante manchino ancora molti mesi prima del voto federale, appare sempre più un’anticipazione di campagna elettorale.
Campagna che ci sta consegnando settimane fitte di annunci sui temi più disparati, dalle infrastrutture, al lavoro, dalla formazione professionale all’istruzione fino ad arrivare, appunto, ai temi economici.
Annunci che entrambi i maggiori partiti stanno facendo in una sorta di continuo inseguimento per posizionarsi, con quanta più solidità possibile, sul fronte della conquista del consenso.
Questa volta è stato il primo ministro Scott Morrison ad aprire il fronte, con il tema delle politiche fiscali in primo piano, annunciando (articolo a pagina 14) di avere intenzione di anticipare la riforma fiscale, la cui entrata in vigore era prevista nell’anno 2025-2026, per renderla effettiva già nell’anno finanziario 2021-2022. In particolare Morrison ha dichiarato di avere pronto un disegno di legge, che andrà in Parlamento questa settimana, per anticipare l’abbassamento dell’aliquota dell’imposta dal 30% al 25% per le piccole e medie imprese, quelle, cioè, che fatturano meno di 50 milioni di dollari l’anno. Tutto questo è già previsto per legge ma accadrà in tre anni e non più, come inizialmente stabilito, in otto anni.
Com’era inevitabile l’assist lanciato dal leader liberale ha trovato un’immediata risposta da parte di Bill Shorten, che si è visto costretto a un gioco di riposizionamento repentino. L’obbiettivo è non lasciare che sia appannaggio esclusivo di Morrison e della Coalizione un tema così delicato quale quello del taglio delle tasse per quelle imprese verso le quali anche i Laburisti vogliono conquistare terreno.
E così, dopo che soltanto meno di quattro mesi fa il leader laburista si era detto contrario a questo genere di riduzione fiscale, venerdì scorso, in conferenza stampa con il suo ministro ombra del Tesoro Chris Bowen, Shorten ha annunciato di essere pronto a supportare l’iniziativa dell’esecutivo Morrison: “Il partito Laburista è sempre stato amico delle piccole imprese e vogliamo fornire una certezza costruttiva, ma, a differenza dei liberali, faremo in modo di accelerare l’attuazione del 25% dell’imposta sulle società senza tagliare i fondi per scuole e ospedali”.
Sul tema, da registrare la replica del ministro delle Finanze Mathias Cormann che, in diretta nel programma ABC della domenica mattina Insiders, nel ribadire l’apprezzamento per la convergenza dei laburisti sull’anticipazione dei tempi proposta dal suo governo, ha tuttavia rimarcato uno dei punti chiave della campagna elettorale, spesso toccato anche dal suo leader Morrison, ovvero proprio quello della ricaduta delle politiche economiche sulle tasche dei cittadini: “Secondo la stessa ammissione dei Laburisti, - ha dichiarato Cormann - il carico delle loro proposte fiscali arriverebbe a circa duecento miliardi di dollari nel prossimo decennio, il che avrebbe un effetto negativo sugli investimenti, sulla crescita, sui posti di lavoro e sull’opportunità per gli australiani di andare avanti”.
Il titolare del dicastero delle Finanze, tra l’altro, ha replicato anche alle accuse dell’ex ministro del Tesoro e vice leader liberale del governo Howard, Peter Costello, che aveva criticato fortemente l’esecutivo Morrison, reo, a suo dire, di non avere una ‘narrativa economica’ valida e di avere strutturato su un troppo lungo termine le promesse di riduzione fiscale: “Stiamo cercando - ha ribadito Cormann durante l’intervista rilasciata al conduttore di Insiders Barry Cassidy - di prendere decisioni che abbiano un effetto benefico sul medio e lungo termine. I politici sono spesso criticati per avere una visione a breve termine e concentrarsi solo sulle prossime elezioni. Stiamo cercando, invece, di prendere decisioni che mettano l’Australia su una più solida traiettoria per il futuro sia nel medio che nel lungo termine e anche nel breve termine”.
Le critiche di Costello sono in effetti giunte il giorno prima che Morrison mettesse a segno un punto importante, i cui esiti, che evidentemente il primo ministro spera siano positivi per il suo partito, forse si potranno già evidenziare sabato prossimo, quando si svolgeranno le elezioni suppletive per il seggio di Wentworth.
Una tornata ancora in bilico, con il ruolo dei candidati indipendenti che potrebbe essere cruciale per la conquista del seggio che, pur essendo di lunga storia liberale, è soprattutto un elettorato che ha nell’ex primo ministro Malcolm Turnbull una sorta di ‘local hero’, tanto da garantirgli nel 2016 il 62% di voto primario.
Pare chiaro quindi che, più che mai, l’esito delle suppletive di Wentworth resta incerto, pur con il candidato liberale, l’ex ambasciatore australiano in Israele Dave Sharma, dato per probabile favorito. Un’incertezza, secondo alcuni osservatori, che rende molto nervosi gli uomini del partito Liberale, tanto che lo stesso Morrison si sarebbe spinto ad avvisare che un’eventuale sconfitta di Wentworth porterebbe a una “inutile instabilità” per la nazione con una maggioranza parlamentare che si dovrebbe reggere su poche manciate di voti.
In caso di sconfitta a Wentworth, infatti, la coalizione non avrebbe più la maggioranza e dovrebbe continuare a governare con l’appoggio degli indipendenti Cathy McGowan e Andrew Wilkie ed eventualmente Kerryn Phelps e di Bob Katter (Katter Australia Party).
Timori di instabilità a cui Bill Shorten ha cercato di porre un freno, definendo, addirittura, le parole del primo ministro “deliberatamente maliziose”: “Domenica prossima, a prescindere da chiunque vincerà, Scott Morrison sarà ancora primo ministro. Non dico di esserne felice, ma così sarà”.
Shorten, quindi, così come il figlio di Malcolm Turnbull, Alex (articolo a pagina 14) ha invitato gli elettori di Wentworh a inviare, con il voto di sabato, un messaggio di dissenso all’attuale governo liberale.