Finalmente il quadro è completo: ci sono volute più di quattro settimane per arrivare al risultato finale delle elezioni che hanno ridotto all’osso il vantaggio della maggioranza e hanno ulteriormente frazionato il Senato. Adesso ci vorranno ancora tre settimane circa prima di ritornare in aula con le nuove formazioni uscite dalle urne. Tre settimane durante le quali il primo ministro Malcolm Turnbull dovrebbe cercare di fare quello che non ha fatto durante la campagna-maratona che l’ha portato sull’orlo del baratro politico. Tre settimane di tempo extra per formulare e presentare al pubblico un piano d’azione economico-finanziario che è clamorosamente mancato nella corsa elettorale, dopo essere stato indicato come la ragione principale del cambiamento ai vertici del Partito liberale di quasi un anno fa.

Dopo aver scalzato Abbott dalla Lodge per una presunta mancanza di chiarezza per ciò che riguardava direzione e programmi, Turnbull, invece di passare ai fatti dicendo a chiare lettere come e perché sarebbero cambiate le cose, si è lasciato vivere dilapidando in tempi record, perché gli australiani politicamente sono meno evanescenti di quanto potrebbe sembrare, seguito e credibilità. E’ arrivato alle elezioni con un’agenda mezza vuota che farebbe bene a rimpolpare in fretta per cercare di riprendere in mano l’iniziativa, mettendo alla prova le buone intenzioni che i laburisti hanno ripetutamente sottolineato nel corso della campagna, assicurando la disponibilità di sedersi al tavolo di gioco nell’interesse del paese.

Al momento però, quattro settimane dopo la vittoria per il rotto della cuffia, Turnbull sembra essere ancora sotto shock per il pericolo scampato e, come durante la campagna, dà l’impressione di essere più impegnato a tamponare falle e rispondere ai malumori che non si sono sopiti all’interno del suo partito, che a prendere in mano la situazione uscendo allo scoperto con qualche vera proposta. Non certo quella della convocazione annuale dei vertici bancari in seguito alla mancata, ma non certo obbligatoria, automatica riduzione dei tassi d’interesse sui mutui, a pari passo con l’abbassamento del tasso ufficiale di sconto da parte della Banca centrale. In un primo momento il ministro del Tesoro, Scott Morrison, aveva fatto giustamente osservare la libertà d’azione in merito degli istituti di credito, ma poi si è adeguato alla linea adottata dal primo ministro di una presunta responsabilità sociale delle banche che saranno chiamate regolarmente a rispondere della loro condotta davanti ad una commissione della Camera. Spiegazioni pubbliche all’insegna della trasparenza per dare l’impressione che il governo sta dalla parte dei cittadini e che le banche possono essere tenute sotto ‘controllo’ senza ricorrere alla famosa inchiesta a tutto campo sui loro affari proposta dai laburisti.

Per Turnbull un’azione-reazione come quella della Commissione reale sugli abusi nei carceri minorili del Territorio del Nord dopo le denunce giornalistiche, quasi a voler dimostrare una volontà di risintonizzarsi con i delusi che, lo scorso 2 luglio, hanno preso le distanze dalla Coalizione (ma anche dai laburisti e dai verdi) mostrando un crescente interesse per partiti che hanno la capacità di attirare attenzioni con messaggi semplici, diretti, sicuramente populisti, che trovano terreno fertile specie in certe aree, un po’ meno ‘sofisticate e agiate’, dell’elettorato australiano.

Per il primo ministro comunque l’opportunità da non perdere dei ‘tempi supplementari’ per recuperare credibilità e autorità indicando una strada da seguire. Il governo dovrebbe anche cercare di aprire la nuova stagione, se possibile, evitando i rischi del ricorso all’assemblea congiunta di Camera e Senato per ottenere il via libera del ripristino della Commissione di controllo del settore edile (ABCC) alla riapertura dei lavori parlamentari. Essendo stato il ‘motivo’ costituzionale dello scioglimento anticipato delle Camere, il disegno di legge sarà il primo sull’agenda e sarà affrontato separatamente dalle due aule, con la speranza di poter evitare la necessità di un dibattito e voto a camere riunite con i rischi di una possibile bocciatura che metterebbe a dura prova l’autorità di Turnbull e la fiducia nei confronti del nuovo governo. Meglio avviare immediatamente la trattativa con i nuovi senatori per apportare eventuali emendamenti al progetto ABCC, come richiesto da Nick Xenophon, per raggiungere un’intesa che eviti barricate ed un inizio di mandato ancora più in salita del previsto.

Subito dopo sul tavolo parlamentare arriveranno i tagli fiscali per le piccole e medie imprese con il quasi certo compromesso del rinvio, alle prossime elezioni, della seconda fase del progetto ‘crescita e lavoro’ che prevede un allargamento degli sgravi alle aziende con un giro d’affari superiore ai dieci milioni di dollari l’anno.

Turnbull dunque, nonostante la striminzita maggioranza, ha la possibilità di ripartire con il piede giusto, cercando di riaprire il dialogo con gli elettori e i colleghi delusi dalla sua performance pre-voto. Non è sicuramente andata come si augurava né per ciò che riguarda il mandato popolare, né per ciò che concerne il nuovo Senato. In questo ultimo caso, la riforma che aveva architettato e portato avanti con l’aiuto del leader dei verdi Richard Di Natale, ha avuto esattamente l’effetto contrario di quello desiderato per entrambi gli insoliti alleati: One Nation è stata la formazione che ha più beneficiato della strategia liberale. In un’elezione normale, con in palio solo metà dei posti al Senato e una soglia di accesso raddoppiata, probabilmente sarebbe arrivata a Canberra solo Pauline Hanson che ora invece guida una squadra forte di quattro rappresentati che l’hanno fatta diventare la quarta forza politica nazionale. Delusione anche per i verdi non solo per quello che è accaduto, ma per quello che accadrà alla prossima tornata elettorale quando ben sei dei nove senatori eletti un mese fa dovranno riprovarci: difficilmente riusciranno a riconfermarsi in blocco. Occhio quindi alla ‘nuova Hanson” che ha consolidato la sua presenza in Queensland, ma ha mostrato di avere delle solide basi anche nel nord del New South Wales e nel Western Australia: una realtà, a destra, che può solo crescere soprattutto ai danni della Coalizione, ma purtroppo anche del Paese.