La cena di ieri sera alla Lodge, che tradizionalmente si svolge all’inizio della nuova sessione parlamentare, è stata l’occasione per Malcolm Turnbull per tentare di ricompattare la sua squadra in vista di quella che si prospetta un’altra settimana calda per la spinosa questione dell’energia. Una decina di parlamentari dissidenti tra le fila della Coalizione si sono infatti riservati il diritto di votare contro il programma energetico nazionale approvato la settimana scorsa dall’ala parlamentare (articolo a pagina 13) mettendo in pericolo non solo il cosiddetto NEG, ma la stessa leadership di Turnbull che in molti vedono ormai legata a doppio filo alla questione energetica e dei cambiamenti climatici. Una questione che la commentatrice politica del Guardian Australia, Katharine Murphy, ha definito “la Brexit del partito liberale australiano”. Una condanna auto-inflitta che ‘insanguina’ il partito da ormai un decennio con una lotta intestina tra moderati e conservatori scettici. Alla domanda se Turnbull fosse la persona migliore per portare la Coalizione alle prossime elezioni, il parlamentare liberale Craig Kelly ha risposto nei giorni scorsi: “Se passiamo la giusta politica energetica, sì”. Ma quale sia la giusta politica energetica, per la Coalizione, sembra impossibile da decidere.

Sabato, il ministro degli Interni Peter Dutton, dato come primo possibile contenditore per il posto di Turnbull, si è visto costretto a intervenire per mettere a tacere le speculazioni di una possibile sfida per la leadership: “Voglio mettere in chiaro che il primo ministro ha il mio sostegno, così come sostengo le politiche del governo” ha scritto il ministro su Twitter. La batosta alle suppletive di Longman ha visto uno spostamento in direzione di Dutton, con le forze conservatrici sempre più preoccupate per il futuro politico del Queensland, lo stato dove si giocheranno le prossime elezioni. Secondo quanto riportato da The Weekend Australian, un gruppo di parlamentari di Victoria, Queensland e NSW la settimana scorsa avrebbe avvicinato il ministro degli Interni facendogli sapere che lo avrebbero supportato in caso di una sfida contro Turnbull.Quest’ultimo, parlando dalla città di Forbes in New South Wales, dove ieri ha annunciato ulteriori finanziamenti a sostegno degli allevatori colpiti dalla siccità, ha rifiutato di rilasciare commenti sulla questione della leadership, affermando di essere “concentrato sull’abbassamento dei prezzi dell’energia” e di lasciare le speculazioni ai giornalisti.

Il fine settimana ha visto il primo ministro adottare un nuovo approccio sulla politica energetica al fine di tenere a bada la ribellione interna al suo partito. Attraverso un video sui social network, ha dichiarato che il governo accetterà le raccomandazioni della Commissione a tutela della concorrenza e dei consumatori (ACCC) di imporre prezzi fissi alle compagnie elettriche, nonché sanzioni severe per quei fornitori di energia che non abbasseranno i costi per i consumatori. Sempre per abbassare i prezzi – ha continuato Turnbull – il governo favorirà gli investimenti e la concorrenza nel settore energetico sostenendo gli investimenti “su base tecnologicamente agnostica”, ovvero senza penalizzare o favorire alcun tipo particolare di energia. Il carbone e le energie rinnovabili saranno dunque messe sullo stesso piano, in modo che ci sia abbastanza offerta sul mercato da abbassare i prezzi.

Per quanto riguarda la questione delle emissioni, la più controversa del programma, Turnbull ha confermato che l’obiettivo contenuto nel NEG è di ridurre le emissioni del 26%, rispetto ai livelli del 2005, entro il 2030. Come previsto dall’accordo di Parigi siglato a fine 2015. “Come ha detto Tony Abbott nel 2015, è un obiettivo forte e responsabile, sia dal punto di vista ambientale che economico” ha detto Turnbull, lanciando una frecciata al suo predecessore che ha immediatamente ribattuto via Twitter: “Gli obiettivi sulle emissioni avevano senso tre anni fa quando tutti i Paesi erano inclusi nell’accordo di Parigi, quando non avevamo bisogno di una nuova politica [energetica] e quando non ci trovavamo di fronte alla delocalizzazione economica. Adesso non hanno senso”.

L’altro nodo legato agli obiettivi sulle emissioni riguarda la modalità con cui verranno fissati. Inizialmente, Turnbull aveva dichiarato che sarebbero stati inseriti nel NEG attraverso una legge federale che da approvare in entrambe le camere del parlamento, rendendo i target più difficili da modificare. Cosa che scontentava tutti: sia i conservatori che questi obiettivi li vorrebbero abbassare, sia l’opposizione che li vorrebbe alzare. Quindi, venerdì, per dare il proverbiale colpo al cerchio e uno alla botte, il governo ha annunciato che i target sarebbero stati decisi tramite una regolamentazione ministeriale senza dover passare dall’Aula. Ogni volta che vengono cambiati, ha specificato però Turnbull, il Regolatore dell’Energia e l’ACCC devono informare i consumatori su cosa ciò comporti per i prezzi dell’elettricità.

La decisione è stata comunque accolta in modo critico da parte di molti, anche dei conservatori che sembravano voler proprio quello. In un’esplosiva intervista radiofonica, Tony Abbott ha espresso la propria preoccupazione che questo cambiamento permetterà a un futuro governo laburista di “aumentare [i target] a suo piacimento”. Abbott ha anche attaccato il suo successore per la ‘giravolta’ politica: “Non è modo di governare, facendo dichiarazioni assolute il martedì e tutto il contrario il venerdì”. Nel frattempo, i liberali moderati hanno iniziato ad esprimere una certa esasperazione nei confronti dei loro colleghi conservatori, affermando che nulla di ciò che Turnbull faccia possa soddisfare le loro richieste.

Da parte loro, i laburisti hanno accolto con favore le modifiche ai target, fissati attraverso regolamentazione e hanno delineato la propria politica energetica, promettendo di tagliare i prezzi dell'energia fino a $165 per le famiglie e $1.500 per le piccole imprese e di introdurre prezzi sull’energia fissi per i consumatori. Una politica molto simile a quella proposta dal governo, tanto che il ministro del Tesoro Morrison ha accusato l’opposizione di “copiare”.

Il leader dei Verdi, Richard Di Natale, ha invece criticato la decisione del governo di fissare riduzioni delle emissioni senza passare dal parlamento e ha detto di non aver fiducia nei laburisti per introdurre obiettivi più ambiziosi sul taglio alle emissioni in caso di  una loro vittoria alle prossime elezioni. “Non mi fido di Bill Shorten e ricordiamoci che se i laburisti non vincono stiamo dando gli strumenti ai negazionisti dei cambiamenti climatici all'interno della Coalizione affinché possano tagliare ulteriormente questi target già patetici e distruggere definitivamente l’accordo di Parigi sul clima”, ha detto ieri a Insiders.

Reazioni discordanti sono arrivate anche da parte dei leader di stati e territori, chiamati ad approvare il NEG, con il ministro dell’Energia del Victoria, Lily D’Ambrosio, che ha detto che il programma “cambia ogni ora” e che prenderà “attentamente” in esame “qualunque versione del NEG verrà decisa alla fine”.

Come a dar ragione a D’Ambrosio, nel video postato ieri su Facebook, Turnbull sembra fare nuovamente marcia indietro rispetto a quanto dichiarato venerdì, utilizzando il termine “legge” che farebbe pensare nuovamente alla volontà di passare attraverso l’iter parlamentare: “Introdurremo una nuova legge che assicura che prima di decidere o modificare un nuovo obiettivo sulle emissioni, il Regolatore dell’Energia deve comunicare l’impatto sui prezzi dell’energia” ha detto il primo ministro.

Turnbull dovrebbe presentare una versione finale della politica energetica in una riunione ministeriale di stasera, prima della discussione in seno alla Coalizione prevista per domani.