Bill Shorten ha chiuso il suo intervento-risposta al budget lanciando una sfida diretta a Malcolm Turnbull: le cinque suppletive che si terranno a giugno diventeranno un referendum sulle proposte fiscali presentate dalla Coalizione e dai laburisti. Una sfida che ha promesso di portare avanti, assieme alla sua squadra, “casa per casa, strada per strada, quartiere per quartiere”. Un referendum su due modi completamente diversi di offrire sconti fiscali agli australiani: graduali, ripartiti in tre fasi e completati nell’arco di sette anni, quelli annunciati da Scott Morrison martedì sera, con l’eventuale eliminazione di un fascia di tassazione (quella del 37 per cento); più generosi e immediati per quasi dieci milioni di cittadini quelli annunciati due giorni dopo dal leader dell’opposizione.

Tagli finanziati riducendo o abolendo alcuni vantaggi fiscali su investimenti immobiliari, sui fondi pensione e sui patrimoni fi duciari. Come sempre però, occhio ai dettagli, perché è lì che si gioca la partita.

Shorten con il suo budget d’alternativa ha messo sul tavolo un tris d’assi: sgravi fi scali quasi doppi rispetto a quelli off erti dal governo per circa dieci milioni di australiani con entrate fi no a 125 mila dollari l’anno (il massimo degli sconti, pari a 928 dollari per imponibili tra i 48 e i 90 mila dollari), aumento della spesa e un più consistente ritorno in attivo che permetterà di ridurre molto più velocemente il debito.

La Coalizione per niente turbata dal rilancio di Shorten, rimane ferma nei suoi propositi di ‘accontentare’ gradualmente tutti, puntando immediatamente su coloro che sono rimasti indietro in questi ultimi anni post-crisi fi nanziaria (redditi medio-bassi con benefi ci massimi pari a 530 dollari l’anno per circa 4,4 milioni di elettori) e solo nella terza fase di una riforma a lunga scadenza (sette anni e due o tre elezioni di mezzo) riserveranno le attenzioni al loro elettorato tradizionale con l’abolizione (nel 2024-25) dell’aliquota del 37 per cento attualmente applicata a partire dai 90mila di reddito che, nella seconda fase della stessa riforma, nel 2022-23, dovrebbe salire a quota 120 mila dollari.

Morrison ieri, in un’intervista televisiva, ha difeso il suo piano settennale rifi utando la teoria dell’ottimismo smisurato sulla tenuta dell’economia e ha accusato di ipocrisia il leader laburista che “si rifi uta di parlare di sconti fi scali sul reddito ‘lontani’ sette anni, ma si butta a capofi tto sugli sconti proposti per le grandi aziende che, se approvati, entrerebbero in vigore addirittura fra dieci anni”.

Shorten dunque vuol fare delle cinque suppletive, quattro delle quali resesi necessarie dall’ultima serie di dimissioni forzate dall’Alta corte prendendo in esame i ‘furbetti’ e le ‘vittime’ della doppia cittadinanza, un referendum sui due progetti di ridistribuzione delle entrate. La quinta suppletiva riguarda Tim Hammond che ha semplicemente scoperto che preferisce fare il padre di famiglia piuttosto che il politico, anche se con prospettive di alto livello (era considerato da molti come un possibile futuro leader del Partito laburista).

Il capo dell’opposizione comunque stavolta potrebbe aver fatto il passo un tantino più lungo della gamba con la questione del referendum: o fa il pieno e blinda davvero la sua posizione e quella del partito o rischia critiche e possibili destabilizzazioni interne che poteva facilmente evitare usando toni un po’ più moderati e maggiore prudenza. Nessun problema per i laburisti a Perth e Fremantle, tanto che ieri il Partito liberale ha annunciato che non scenderà nemmeno in campo, cosa che sicuramente non farà piacere a quei circa 40mila australiani che, nei due collegi in questione, nel 2016 hanno votato per la squadra Turnbull. Morrison ha difeso la decisione dell’esecutivo statale dichiarando che il Partito liberale funziona così, che alcune scelte tattiche (e a Perth e Fremantle si tratta semplicemente di risparmiare qualche soldo) vengono fatte a livello locale. Stessa musica per la decisione, abbastanza controversa (con tanto di minacce di dimissioni di massa al femminile all’interno del partito), di scaricare, nel collegio di Ryan (Brisbane), l’attuale ministro assistente per i Servizi per i disabili, Jane Prentice che, nella prossima tornata elettorale, sarà rimpiazzata dal Consigliere comunale Julian Simmonds.

Perth e Fremantle dunque in una botte di ferro (anche se i verdi probabilmente non sono d’accordo), ma Longman (Queensland) e Braddon (Tasmania) a forte rischio per i laburisti, mentre la sfi da di Mayo (South Australia) riguarda praticamente solo l’ex Nick Xenophon Team, ora indipendente, Rebekha Sharkie e i liberali, che partono favoriti dopo l’implosione del NXT. L’unico vero rischio per questi ultimi la candidata che ci riproverà: Georgina Downer, fi glia dell’ex ministro degli Esteri e Alto Commissario a Londra Alexander Downer e nipote di Sir Alick Downer ex ministro dell’Immigrazione. L’idea della dinastia, del seggio di proprietà della famiglia Downer a qualcuno potrebbe dare un po’ di fastidio.

Shorten comunque con il suo grido di battaglia si è assicurato che i rifl ettori delle prossime suppletive siano tutti puntati su Queensland e Tasmania. La questione del referendum potrebbe ritorcersi contro il leader laburista in caso di sconfi tta e galvanizzare le truppe di Turnbull al punto di stuzzicare la fantasia per un ricorso anticipato alle urne già entro la fi ne dell’anno per sfruttare il momento favorevole e l’inevitabile sbandamento dei laburisti, con tanto di dubbi (mai completamente scomparsi) sulla leadership di Shorten.

Nel seggio a nord di Brisbane il margine di vantaggio della deputata uscente Susan Lamb è pari allo 0,8 per cento e, al contrario del 2016, il partito di Pauline Hanson, che viaggia al 15% di popolarità, questa volta sembra deciso a dirottare le preferenze sui Liberal-nazionali.

A Braddon massima incertezza perché fare pronostici nell’Isola-Stato è sempre azzardato: non ci sono tendenze, non ci sono tradizioni, non ci sono precedenti che possano indicare cambiamenti di umore o particolari soddisfazioni con lo status quo. La laburista Justine Keay nel 2016 ha vinto con un margine del 2,2 per cento. Nelle ultime statali però nel collegio che rientra nel seggio federale in questione c’è stato uno massiccio spostamento di consensi a favore dei liberali che hanno stravinto con il 56 per cento di voti primari.

L’asta sulle tasse al centro del dibattitto elettorale quindi, in una specie di test di prova per lo scontro che conta, quello che comunque vada arriverà entro 12 mesi. Da una parte gli sconti contenuti in partenza, ma con scatti preventivati fi no a coinvolgere un po’ tutti e una specie di ‘fl at tax’ al 32,5 per cento fi no ai 200mila dollari l’anno a fi ne progetto; dall’altra sgravi del valore doppio di quelli off erti come base di partenza da Morrison per redditi tra i 50 e i 100mila dollari circa e sovrattassa del due per cento per entrate superiori ai 180 mila dollari.

Super-semplifi cata la scelta è tutta qui, ma in ballo ovviamente ci sono anche le conseguenze, le motivazioni, la copertura, gli obiettivi e i famosi dettagli.