Di certo non se l'aspettava Malcolm Turnbull che le sue giustificazioni per lanciare la sfida a Tony Abbott, in meno di due anni avrebbero potuto diventare un motivo per mettere in discussione la sua leadership. Trenta rilevamenti Newspoll (il termometro quindicinale della politica australiana) negativi consecutivi: intollerabili, insostenibili, un chiaro segnale di un’impossibilità pratica di recupero elettorale. Il partito non poteva permettersi il lusso di continuare su quella strada. Il Paese non poteva permetterselo.
Turnbull la scorsa settimana è arrivato a quota quattordici, la stessa che è costata la leadership a Julia Gillard nel 2013, a due lunghezze dal limite di tolleranza che i liberali hanno riservato a Brendan Nelson nel 2008, a cinque dal getto della spugna, per manifesta inferiorità di consensi nei confronti di John Howard, di Simon Crean (in casa Alp) nel 2003.
Il prossimo sondaggio sarà ancora negativo per il primo ministro e per il suo governo, che sembra ormai viaggiare ad una distanza più che preoccupante dai laburisti. Negli ultimi tre mesi il distacco è rimasto paurosamente inalterato: 53 a 47 su base bipartitica, con il voto primario dei liberali sceso ad un 34 per cento senza precedenti.
Insomma se non stanno ancora suonando le campane a morto poco ci manca e alcuni commentatori, molti vicini ideologicamente ai conservatori, quelli con la C maiuscola di fede Abbott, non hanno più dubbi: le prossime elezioni sono già perse e la colpa è esclusivamente di Turnbull. Un primo ministro che, a loro dire, sta alienando gli elettori liberali doc, che non sanno più che pesci pigliare: “Manca solo - dicono - che ci ripensi anche sulla commissione reale d’inchiesta sulle banche e si arriva agli stessi programmi elettorali dei laburisti”.
Un ‘estremismo’ anche nei commenti perché, ovviamente, non è esattamente così e perché, perfino sulla questione dei sondaggi negativi e del rischio di essere arrivati ad un passo dal fatidico ‘punto di non ritorno’, ci sono pareri discordanti e precedenti che vanno presi in considerazione, dato che le esperienze del passato insegnano sempre qualcosa.
Così val la pena di ricordare che nel 2013, quando Gillard è stata costretta a ridare le chiavi della Lodge a Kevin Rudd, i sondaggi continuavano ed essere negativi, ma c’era una leggera tendenza al rialzo delle quotazioni del primo ministro. I ‘focus group’, che i partiti commissionano privatamente per analizzare gli umori popolari, avevano cominciato a dare qualche risposta positiva, qualche segnale di apprezzamento per un primo ministro in difficoltà, ma capace di far passare diversi provvedimenti legislativi nonostante la maggioranza tenuta in piedi da verdi e indipendenti. Ma il fattore Rudd, il senso di colpa nei confronti dell’ex pm ‘accoltellato’ alle spalle e la sua relativa popolarità a livello personale, avevano convinto comunque i laburisti ad agire, praticamente in dirittura di arrivo elettorale.
Ebbene sembra che stia succedendo esattamente la stessa cosa con Turnbull: sondaggi negativi, ma rilevamenti ‘interni’ meno drammatici dopo il budget per il primo ministro. Che non potrà che beneficiare dal via libera, per il rotto della cuffia, del Gonski 2.0. Un successo tattico importante, ma un successo anche pratico per un provvedimento per la scuola che i laburisti continuano a condannare, criticando la loro stessa ricetta per un sistema scolastico migliore, più equo e soprattutto finanziariamente ‘coperto’. E non traggano in inganno quei 17 miliardi (erano 22, ma il governo in extremis ha aumentato la posta di altri cinque miliardi per ottenere il definitivo sì dei dieci senatori del gruppo ‘misto’ – indipendenti e partiti minori -) che mancherebbero all’appello, perché non farebbero alcuna differenza ai fini del progetto stesso e della sua sostenibilità a lungo termine. Finirebbero, infatti, (parola di esperti) nelle casse dei governi statali in base alla compravendita di consensi che faceva parte del Gonski originale. La scuola con quei miliardi non c’entra, c’entrava solo la politica, ma questo né Shorten, né il ministro ombra per l’Istruzione Tanya Plibersek lo ammetteranno mai.
Comunque il progetto Gonski è andato in porto nell’ultimissima nottata di lavori parlamentari prima della lunga pausa invernale (cinque settimane) e sono stati approvati anche 49 dei 50 provvedimenti contenuti nel rapporto Finkel sull’energia (anche se manca il più importante, quello degli obiettivi minimi di produzione affidata alle rinnovabili), mentre per la cittadinanza il governo è stato costretto a rimandare tutto a primavera. Così com’è il giro di vite, annunciato da Peter Dutton ma che sembra porti la firma della senatrice Concetta Fierravanti-Wells, non passerà: correzioni sono inevitabili. L’assurdità di un test linguistico fuori portata per la stragrande maggioranza degli australiani non otterrà l’approvazione del Senato. Quanto mai incerto il sì, nonostante l’imprevedibilità di una frastagliata Camera di revisione, anche dell’attesa prolungata a quattro anni, dopo aver raggiunto attraverso altrettanti o più anni il visto di residenza permanente, per poter accedere alla prova per la cittadinanza.
Risalita complicata per Turnbull, ma possibile dopo una serie di provvedimenti concretizzati via negoziati e costruttivi dibattiti parlamentari. Un governo che ha cominciato ad ottenere qualche risultato e un’opposizione sempre più simile a quella di Abbott. Il ‘no’ al Gonski 2.0 ha lasciato parecchio a desiderare dato che si trattava di un’iniziativa in cui i laburisti avrebbero potuto tranquillamente ritagliarsi i meriti, insistendo su un ‘copyright’ con il quale evidenziare la loro capacità di guidare il dibattito anche dalla sponda dell’opposizione. L’aveva suggerito Anthony Albanese nell’immediato dopo-budget (parlando anche di NDIS e Medicare) e forse anche per questo sulla scala della credibilità continua ad essere qualche gradino più su del leader scelto dai colleghi parlamentari ribaltando quello che era stato il verdetto degli iscritti al partito nelle primarie laburiste del 2013. Ma questa è un’altra storia, che i sondaggi non consigliano di riaprire dato che Shorten, nonostante tutto, continua ad essere sulla buona strada per la Lodge.