Soltanto qualche edizione fa avevamo usato un titolo che voleva rappresentare l’avvio della fase più calda della campagna elettorale che da oggi, a dodici giorni dal voto, entra ancora più nel vivo.

“Adesso non si scherza più”, era l’apertura del nostro giornale, quasi a dire che da quel momento in poi ogni singola battuta, ogni promessa, dichiarazione d’intenti, ogni singola proposta, sarebbe stata potenzialmente decisiva per convincere gli indecisi, per consolidare il consenso dei sostenitori dell’una o dell’altra parte, per riconquistare la fiducia degli elettori e diventare il primo ministro che guiderà l’Australia verso, si spera, un futuro di solidità economica e di prospettive di crescita sempre maggiori.

Ma il nostro lavoro è stimolante proprio perché non conosce certezze di sorta, non coltiviamo nè possediamo verità assolute, noi facciamo analisi, cerchiamo di rappresentare ai nostri lettori le diverse sfumature che caratterizzano la società in cui viviamo, riportiamo in maniera indipendente e imparziale i fatti della politica, cercando nell’equilibrio, nella serietà del nostro lavoro, la nostra cifra più riconoscibile e, speriamo, più affidabile.

Certezze peraltro ne abbiamo ancora meno in fase di campagna elettorale, quando la percezione del presunto vantaggio dell’una sull’altra parte è così variabile di giorno in giorno che, per quel che ci riguarda, non saremo certo noi a dire, a distanza di due settimane, chi pensiamo possa essere il futuro primo ministro d’Australia.

Ma a proposito del nostro titolo che richiamava la necessità di iniziare a fare davvero sul serio, siamo stati contraddetti, seppur solo per un paio di innocenti battute, proprio dai due protagonisti di questa sfida elettorale: Bill Shorten, nel corso del secondo faccia a faccia con il primo ministro Scott Morrison, organizzato a Brisbane da Sky News e The Courier Mail e andato in onda in diretta su Sky News venerdì scorso, nel reagire a un momento del dibattito particolarmente caldo, in cui il primo ministro, preso dal pathos dell’argomento (il solito, scottante, tema delle tasse) gli si era avvicinato uscendo dagli spazi previsti dalla scenografia televisiva, lo ha apostrofato con un sorriso: “Sei uno ‘space invader’ [il riferimento è a un popolare videogioco della fine degli anni’70, ndr]” e si è allontanato.

Una battuta che ha alleggerito la tensione e che, in quel momento, ha dato a Shorten un vantaggio in più sul suo avversario, sicuramente dal punto di vista della simpatia e della capacità di reagire in maniera ‘leggera’ a un momento di tensione.

Ma la materia videogiochi e l’operazione ‘simpatia’ non poteva restare, evidentemente, appannaggio esclusivo del leader laburista, e infatti ieri Scott Morrison, nel corso di un incontro in Central Coast, ha replicato usando la stessa metafora nel parlare delle politiche fiscali del partito laburista paragonandole al popolare video gioco ‘Pac Man’, con il famosissimo pallino giallo nel labirinto: “Questa è la politica fiscale di Bill Shorten, l’omino giallo che insegue tutti nel labirinto. E l’unico spazio che Bill Shorten andrà a invadere - ha ribadito Morrison al pubblico presente nel suo primo incontro elettorale in Central Coast - sarà il vostro portafoglio”.

Nelle stesse ore, intanto, il partito laburista era riunito in forze a Brisbane per il lancio ufficiale della campagna elettorale. Un’immagine dell’incontro di ieri, tanto simbolica quanto sostanziale, ha colpito tutti: presenti tra il pubblico tre primi ministri laburisti che hanno fatto la storia, sia in senso positivo che negativo, del partito guidato da Shorten.

Da New York Kevin Rudd e da Adelaide Julia Gillard, riuniti fianco a fianco e, finalmente, sorridenti, quasi a voler dire che le lotte intestine che hanno caratterizzato il partito sono ormai parte di un passato da cui, evidentemente, si vuol dimostrare di avere imparato qualcosa.

La squadra è unita e compatta, sembra volere dire l’immagine dei due ex primi ministri laburisti, a cui si è affiancato, per l’evento di ieri, anche Paul Keating. Non si tratta solo di dimostrare che la saga Rudd-Gillard resta solo uno dei tanti passaggi della politica australiana da studiare sui libri di storia, ma è un modo, si spera efficare, per dire agli elettori che il partito laburista ha imparato la lezione, ha cambiato rotta e si muove compatto, senza fazioni e lotte interne.

È lo strumento, simbolicamente significativo, che consente a Shorten di poter dire senza timore di replica, che gli elettori non possono certo fidarsi di una Coalizione alle prese con problemi di leadership, dopo il caos di meno di un anno fa.

Ma è chiaro che quello a cui abbiamo assistito ieri ha una funzione più simbolica che sostanziale, il partito laburista strategicamente non può mostrare i suoi lati deboli, e quindi si viaggia tutti uniti, sorridenti e concentrati verso quell’obiettivo che si vuole credere essere a portata di mano.

Sarà importante valutare, qualunque sia l’esito del voto del 18 maggio, se il partito laburista sia davvero così compatto, se la guida di Bill Shorten in questi anni all’opposizione sia riuscita davvero a dare una linea non frazionata ai laburisti oppure se, come potrebbe essere probabile, una volta conquistata la carica di primo ministro, le diverse anime che compongono il partito, inizieranno a rivendicare, anche legittimamente, le proprie istanze.

Certo è che se, invece, Bill Shorten dovesse fallire nella corsa alla Lodge, allora sarà ancora più inevitabile la fine della tregua delle ostilità interne.

Foto simbolica quindi per gli elettori laburisti ma segnale importante anche per la Coalizione e per i liberali che hanno annunciato per domenica prossima il lancio ufficiale della campagna: a parte le doverose promesse e la quanto mai necessaria elencazione dei programmi da portare avanti in caso di rielezione, cosa potrà raccontare Scott Morrison, sempre più ‘uomo solo al comando’ nella decisiva ultima settimana di campagna elettorale, agli elettori?

Necessario, se si vuole provare a centrare l’impresa, strutturare un messaggio di solidità per riconquistare la fiducia di un elettorato liberale che ha assistito, neanche troppo tempo fa, a una lotta fratricida che ha lasciato sul campo un numero consistente di personalità di primo piano del partito e membri dell’attuale governo.

Sapremo essere compatti, dovrà dire Morrison, ma dovrebbe anche riuscire a dire agli australiani con quali compagni di viaggio intenda restare compatto.