Sempre più complicata l’impresa che ha davanti Scott Morrison per evitare non solo la sconfitta, ma una vera e propria disfatta alle urne, in stile Victoria. Sabato scorso è stato ufficializzato quello che il primo ministro già sapeva da qualche giorno: il ministro per le Relazioni Industriali e le Pari Opportunità Kelly O’Dwyer non ripresenterà la sua candidatura alle prossime elezioni. Nessuna nuova tensione politica, nessuna polemica, anche se qualcuno cercherà sicuramente di trovare qualche angolatura di comodo nell’addio, ma due bambini in tenerissima età (e il desiderio di averne un terzo) hanno fatto decidere alla rappresentante dell’ambito seggio di Higgins (Victoria) di lasciare la politica.
L’unico ministro donna del governo si appresta dunque a uscire di scena, ma ci potrebbe essere un seguito ancora più eclatante: a breve potrebbe infatti arrivare l’annuncio del ritiro dell’ex vice leader ed ex ministro degli Esteri Julie Bishop. Un addio in questo caso ancora più pesante perché rappresenterebbe un momento-simbolo della fragilità del partito, del periodo difficilissimo che sta vivendo, del suo effettivo problema per ciò che riguarda la sua scarsa rappresentanza al femminile.
Quando, lo scorso agosto, Julie Bishop ha perso la sfida per leadership, dopo il golpe fallito di Peter Dutton, si è fatta elegantemente da parte, rifiutandosi di confermare la sua presenza a lungo termine in Parlamento. Nessun abbandono immediato però, come quello di Turnbull, per evitare ulteriori fratture interne, ma probabilmente una decisione già presa sul suo futuro, con l’impegno di assicurarsi che il suo seggio di Curtin (Perth) passi nelle mani di un’altra donna. Una strategia ben precisa, secondo alcuni colleghi, per evitare che il ministro della Funzione giudiziaria, Christian Porter, in gravi difficoltà nel collegio di Pearce, cerchi di garantirsi la sopravvivenza parlamentare offrendosi come alternativa nel seggio sicuro dell’ex vice leader del partito. Un resistere quindi fino a quando non ci saranno le giuste garanzie per la successione nel modo e nei meriti che Bishop desidera.
Richiesta più che legittima in linea con quella che ha fatto sabato O’Dwyer, che ha insistito affinché nell’ex seggio di quello che viene spesso indicato come “il miglior primo ministro che non abbiamo mai avuto”, Peter Costello, il candidato sia ancora una volta una donna. Sembra infatti essere favorita alla successione la senatrice Jane Hume che, proprio a dimostrazione delle enormi difficoltà che effettivamente incontrano le donne nel partito liberale, sembra destinata a perdere la sua posizione nel Senato nella prossima tornata elettorale. Tra le possibili contendenti, anche la pediatra Katie Allen e forse, nonostante le smentite di rito, l’ex braccio destro di Tony Abbott, ora commentatrice politica di Sky, Peta Credlin.
I liberali detengono Higgins con un margine di vantaggio del 10 per cento, ma dopo quanto visto recentemente nelle statali, l’aria che tira nei confronti del partito nel Victoria è da autentica bufera che sicuramente spazzerà via l’unica altra rappresentante femminile a livello federale nello Stato in questione, Sarah Henderson, che ha ben poche possibilità di difendere con successo il seggio marginalissimo di Corangamite.
La tentazione per i laburisti di ‘trovare’ l’angolatura preferita del problema con le donne nel partito di governo per spiegare il ‘vero’ motivo dell’addio della O’Dwyer, dovrebbe essere frenata dal fatto che la loro parlamentare Kate Ellis ha deciso di lasciare la politica alle prossime elezioni esattamente per lo stesso motivo della ‘lontanza’ dalla famiglia e il ritiro dalla scena, nonostante le eccellenti prospettive di carriera ministeriale, di Tim Hammond (WA) per poter essere vicino alla moglie e alle tre figlie, l’ultima di pochi mesi.
Kelly O’Dwyer, che rimarrà in Parlamento fino al via della campagna elettorale, lo scorso anno, nel corso del tormentone per la leadership e le susseguenti accuse lanciate da Julia Banks prima di passare sui banchi degli indipendenti, si era tirata addosso le critiche di molti colleghi per le sue considerazioni sull’immagine che il partito, a suo parere, offre al pubblico, di essere cioè “omofobo, anti-donne e negazionista per ciò che riguarda i cambiamenti climatici”.
Impressioni diffuse che Morrison non ha di certo cambiato con scelte piuttosto discutibili, come quella sulle politiche energetiche: inspiegabile infatti, tatticamente parlando, l’abbandono del piano NEG (National Energy Guarantee), frutto di più di dodici mesi di lavoro ed estenuanti trattative con l’opposizione e i senatori indipendenti e rappresentanti dei partiti minori dell’attuale ministro del Tesoro (ex Ambiente ed Energia) Josh Frydenberg.
Malcolm Turnbull, nel disperato tentativo di placare l’onda conservatrice che l’ha comunque travolto, aveva annunciato lo stop al progetto, ma Morrison aveva la possibilità di rilanciarlo, potendosi presentare alle elezioni con una strategia energetica che ha invece letteralmente regalato ai laburisti. Decisione a dir poco assurda, dato che il governo non ha più praticamente alcun piano in materia, che sicuramente rafforza l’immagine dipinta da O’Dwyer sullo scetticismo liberale sul fronte dei cambiamenti climatici. Forse l’errore più grosso commesso dal primo ministro (assieme a quello del trasferimento, che non ci sarà, della sede dell’ambasciata in Israele) nei suoi primi sei mesi di mandato. Tatticamente infelice anche il tentativo, per altro riuscito, di salvare il futuro del collega Craig Kelly, intervenendo direttamente per blindare la sua candidatura nel seggio di Hughes (NSW). Una blindatura che Morrison è stato poi costretto a garantire a tutti gli attuali parlamentari liberali, in stragrande maggioranza uomini: niente ricambi generazionali quindi, niente aperture a possibili alternative al femminile. Mossa difensiva per tenere unita la squadra e regalare al pubblico esattamente l’impressione di cui parlava la rappresentate uscente di Higgins.
‘Modernizzazione’ invece che non ti aspetti fra i nazionali che, sabato, hanno deciso di puntare su Anne Webster, nel seggio rurale di Mallee, per sostituire Andrew Broad, costretto al ritiro dalla politica in seguito allo scandalo ‘sugar baby’, delle spese a ‘luci rosse’ a carico dei contribuenti mentre era in missione a Hong Kong.
Bill Shorten può tranquillamente godersi il suo tour nel Queensland a bordo del bus elettorale: da qui a maggio, se continua così, non dovrà dire e fare molto per assicurarsi il trasloco alla Lodge.