WASHINGTON – Il patteggiamento delle polemiche sulla strage dell’11 settembre è stato revocato.

Il ministro della Difesa Usa, Lloyd Austin, ha annullato a sorpresa l’accordo con la mente degli attacchi e due dei suoi complici e si è assunto l’intera responsabilità del caso, riportando così alla ribalta l’ipotesi della pena di morte per Khalid Shaikh Mohammed, Walid bin Attach e Mustafa al-Hawsawi, tutti e tre detenuti da anni a Guantanamo.

Vista l’elevata posta in gioco, “la responsabilità di una decisione cade su di me. Con effetto immediato e nell’esercizio della mia autorità, ritiro i tre accordi firmati il 31 luglio”, ha annunciato il capo del Pentagono sollevando Susan K. Escalier, alto funzionario del dipartimento della Difesa responsabile delle commissioni militari, dalla sua supervisione del caso dei tre detenuti.

Escalier aveva firmato l’accordo in base al quale Mohammed e i suoi associati si dichiaravano colpevoli dei reati che gli sono contestati da anni, inclusa l’uccisione di 2.976 persone, in cambio dell’abolizione della pena di morte come possibile punizione.

Nel patteggiamento il cervello degli attacchi aveva accettato di rispondere a tutte le domande che i familiari delle vittime avrebbero voluto sottoporgli sulla genesi e la dinamica degli attentati, in quello che è definito un processo di “giustizia ristorativa” che avrebbe dovuto concludersi entro la fine dell’anno. I legali dei tre detenuti si sono detti scioccati e delusi dalla posizione di Austin che, secondo indiscrezioni, ha deciso in autonomia, senza il coinvolgimento della Casa Bianca.

Il capo del Pentagono era all’estero quando l’accordo è stato firmato e annunciato ed è rientrato negli Stati Uniti solo il giorno successivo. Con il patteggiamento annullato è probabile ora che il giudice militare, il colonnello Matthew N. McCall, riprenda ad ascoltare le testimonianze già questa settimana.

McCall sta lavorando per decidere su una serie di ricorsi presentati dagli avvocati difensori, inclusa la possibilità di escludere confessioni fondamentali per il governo. Da un decennio infatti ci si concentra sulla questione delle torture a cui sono stati sottoposti i terroristi - nel caso di Mohammed 183 sessioni di waterboarding - e sulla possibilità che queste avessero contaminato le prove contro di loro.