C‘è un anno che segna uno spartiacque nella storia della musica da ballo: il 1974. Prima di allora, soul, funk e rhythm’n’blues regnavano nei club afroamericani e latini di New York e, perchè no, anche nei dancing italiani, allora da noi le discoteche si chiamavano così. Dopo, tutto sarebbe cambiato: un nuovo suono, più ipnotico e continuo, avrebbe invaso le piste da ballo e dato vita a una cultura che ancora oggi influenza la musica dance.
Nelle notti di Manhattan e del Bronx, ma anche di Milano e della Versilia, i DJ cominciavano a scrivere, inconsapevolmente, una pagina fondamentale della storia della musica. Con due giradischi e tanta fantasia, allungavano le sezioni ritmiche dei brani, facendo durare il groove ben oltre la durata prevista dal vinile. E così i DJ non erano semplici intrattenitori, ma veri pionieri: trasformavano il ballo in un’esperienza collettiva, quasi rituale. Era la nascita di un linguaggio nuovo. Un ritmo in 4/4, costante, pulsante, che invitava a muoversi senza tregua.
L’idea non era più solo ascoltare una canzone, ma abbandonarsi a un flusso sonoro infinito, fatto per unire e liberare. Se gli esperimenti erano già in corso, il 1974 fu l’anno in cui la disco uscì dai club underground e si affacciò al mondo. Tutti ricordano ‘Rock Your Baby’ di George McCrae, considerata da molti la prima vera hit della disco. Quel giro di basso morbido, quel beat semplice e incalzante, la voce vellutata che scivolava leggera: bastarono poche settimane perché il brano scalasse le classifiche internazionali, diventando il manifesto di un nuovo stile. Ma non fu l’unico. In quell’anno esplosero anche altre canzoni che oggi consideriamo pietre miliari.
Gli Hues Corporation con ‘Rock the Boat’ portarono il ritmo disco in radio, diventando una delle prime band ad aprire la strada al fenomeno. E quando Barry White pubblicò ‘Can’t Get Enough of Your Love, Babe’, fu il trionfo della disco-soul più elegante. E non va dimenticata Gloria Gaynor, che nel 1974 pubblicò ‘Never Can Say Goodbye’: un brano che divenne subito un inno da pista.
E proprio partendo da questo brano, Tom Moulton fu il primo a creare un medley disco su disco, mixando le prime tre tracce del lato A dell’album ‘omonimo. Su vinile, vennero fuse insieme in una sequenza fluida senza interruzioni ‘Honey Bee’, la stessa ‘Never Can Say Goodbye’ e ‘Reach Out, I’ll Be There’, dando vita a un lungo brano continuo pensato per la pista da ballo. Fu un’intuizione che avrebbe cambiato non solo la disco, ma tutta la musica dance dei decenni successivi.
La disco non fu soltanto musica. Fu un intero mondo. Il 1974 segnò anche l’esplosione di uno stile: abiti scintillanti, pantaloni a zampa, scarpe con le zeppe e, soprattutto, la mitica palla a specchi che cominciava a riflettere luci multicolori nelle sale da ballo.
Guardando indietro, è chiaro che il 1974 fu l’anno zero della dance. Il 1974 non fu semplicemente un anno: fu l’inizio di una rivoluzione culturale.
Da un lato la nascita della disco come genere musicale, dall’altro la consacrazione della pista da ballo come spazio di libertà e sperimentazione. Quel beat in 4/4, nato quasi per caso, ha attraversato i decenni e continua ancora oggi a far muovere milioni di persone in tutto il mondo.